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ARMATORI CORAGGIOSI – THEODORE KYRIAKOU, IL RICCONE GRECO CHE VUOLE COMPRARE “REPUBBLICA”, FORSE NON SA COSA LO ASPETTA: UNA REDAZIONE SOVIET TURBO-SINDACALIZZATA E CHE HA GIÀ FATTO CACCIARE UN DIRETTORE (MAURIZIO MOLINARI). L’ARMATORE HA UN PROFILO CHE RISCHIA DI FAR VENIRE L’ITTERIZIA AL CDR DI LARGO FOCHETTI: AMICO DEL PREMIER GRECO, IL CONSERVATORE MITSOTAKIS, FA AFFARI CON BIN SALMAN E TIENE SUL COMODINO UNA FOTO DI DONALD TRUMP. UN OSSO MOLTO DURO, CHE PIACE MOLTO A JOHN ELKANN, CHE CERCA UNA FIGURA DAL RESPIRO INTERNAZIONALE…
ROBOT GIORNALISTA - IMMAGINE CREATA DALL INTELLIGENZA ARTIFICIALE DI MIDJOURNEY
Estratto dell’articolo di Stefano Cingolani per “Il Foglio”
Perché un armatore vuol possedere una stazione radiofonica e un quotidiano? Che se ne fa un costruttore edile di una tv?
Un fondo di investimenti cosa c’entra con la stampa? E la moda? Perché mai un vecchio informatico si butta nel cinema?
Non è forse morta la radio, uccisa dalla televisione, la quale è stata surclassata dai personal computer, fagocitati a loro volta dai telefonini, mentre i social hanno divorato l’intero mondo dei media e internet quello del cinema?
Quanto ai libri, tutti li scrivono, nessuno li legge. I giornali sono carta che non si vende nemmeno con l’ecommerce. Non è così?
E’ quello che ci è stato sempre detto e in apparenza è avvenuto davvero […]. E’ successo e succederà ancora, sarà sempre più l’intelligenza artificiale a cannibalizzare tutto il resto. Eppure…
Già, eppure. Come mai c’è in giro tutto questo agitarsi con gran dispendio di miliardi e di energie per appropriarsi di tutto ciò che secondo gli ultimi persuasori occulti vale quanto stracci usati?
gianluigi aponte con i figli diego e alexia
Dall’Italia alla Germania, dalla Francia all’America, nessuno sfugge a questa febbre che sembrava scomparsa come il vaiolo.
[…] Nel calderone italiano c’è di tutto: crisi dei giornali locali, industriali e stampa, politica e tv.
Ma forse la novità maggiore viene dal mare, sì perché per la prima volta nel campo dei media sono entrati degli armatori.
Il primo e più importante è Gianluigi Aponte che nel luglio dello scorso anno ha acquistato Il Secolo XIX storico quotidiano genovese fondato nel 1886 e acquistato nel 1897 da Ferdinando Maria Perrone, proprietario dell’Ansaldo.
Ora fa capo alla Blue Media controllata dalla holding svizzera Multi investment della famiglia Aponte, presieduta da Diego, il figlio del comandante Gianluigi, che con la sua Msc è numero uno al mondo nei trasporti marittimi di merci.
JOHN ELKANN - CARLO DE BENEDETTI
Genova è uno snodo decisivo con il suo porto in via di ampliamento e con le opere viarie che dovrebbero collegare più velocemente via treno o via auto la città al nord Italia e al resto d’Europa. In questo senso si gioca una sfida strategica di portata internazionale.
Possedere Il Secolo XIX ha un senso anche economico per gli Aponte. Ma che senso ha La Repubblica per l’armatore greco Kyriakou? A questo punto dobbiamo fare una pausa e tornare indietro.
La partita più lunga e anche più ricca di ricadute politiche si gioca oggi in Italia sulle spoglie del gruppo Gedi, passato nel 2019 da Carlo De Benedetti a John Elkann.
Sembrava una mossa strategica per l’erede Agnelli che è anche il maggior azionista singolo dell’Economist, ma l’idea di un polo internazionale dei media è presto tramontata.
Colpa della crisi editoriale acuta in Italia forse più altrove, colpa dei debiti, colpa dell’eccessiva politicizzazione, colpa della vittoria della destra?
Sulle colpe si potrebbe scrivere un romanzo, fatto sta che il gruppo è diventato uno spezzatino, prima i giornali locali, poi l’Espresso (passato da Danilo Iervolino a Donato Ammaturo che tratta prodotti petroliferi con la sua Lukoil), Il Secolo XIX e adesso La Stampa, la Repubblica, le radio (Capital, Deejay e m2o).
I quotidiani del nord est sono stati comprati da una cordata di imprenditori del Triveneto guidata da Enrico Marchi che con la Banca Finint e la Save (aeroporti di Venezia, Verona, Treviso, Brescia) è diventato senza dubbio l’uomo d’affari di riferimento in quell’area dopo la ritirata dei Marzotto e il trinceramento dei Benetton.
La stessa coalizione confindustriale s’è fatta avanti anche per La Stampa, segno di un’ambizione che esce dallo spazio nordorientale occupato finora. E’ tutto aperto, probabilmente si capirà meglio di qui a fine anno.
La Repubblica invece rischia di fare la fine della bella tanto ambita da restare a bocca asciutta? Da mesi (Il Foglio lo ha scritto già a luglio) il pretendente più quotato va cercato sul mar Egeo: è Theodore Kyriakou erede della famiglia di armatori tra le più potenti della Grecia.
Il nonno Xenophon, nato in Epiro, era ufficiale della marina che combatté contro italiani e tedeschi, allo scoppio della guerra civile si schierò con le formazioni filo-comuniste che vennero sconfitte nel 1949.
Senofonte e la sua famiglia si rifugiarono in Polonia (il paese della moglie) poi in Brasile. Qui il primogenito Minos cominciò a commerciare in pietre preziose quando aveva solo 17 anni e fece fortuna. Poi si spostò negli Usa per lavorare per il compatriota Giorgio Laimos, armatore e uomo d’affari poliedrico.
Minos studia alla Columbia University, ma anche in Francia e in Svizzera, impara oltre all’inglese anche italiano, spagnolo, polacco e russo. Non si occupa di giornali, ma controlla la carta.
In patria diventa potente e influente tanto da presiedere il comitato per le olimpiadi di Atene nel 2004. Le sue petroliere partono da Singapore per portare il greggio in tutto il mondo.
Stroncato da un attacco cardiaco nel 2017, lascia tutto ai suoi figli: Xenophon, Theodore e Athina nata da un precedente matrimonio. Mentre il primogenito si occupa delle navi il fratello si dedica ai media. Con le società K Group e Antenna Group costruisce uno dei maggiori conglomerati editoriali della Grecia, presente a Cipro, in Romania, Moldavia, Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca (nonché Australia e Stati Uniti).
La sfera d’influenza si concentra sull’Europa centro-orientale, ma vuole allargarla all’Occidente europeo e agli Stati Uniti dove non fa mancare la propria presenza in vari consigli di amministrazione (l’Atlantic Council e la Georgetown University ad esempio).
I suoi interessi s’allargano al Golfo Persico: è suo partner in affari il principe saudita, Mohammed bin Salman Al Saud che, tre anni fa, ha investito 225 milioni euro per comprare il 30 per cento di Antenna Group. Theodore, che si dice tenga sul comodino una foto di Donald Trump, non poteva mancare alla cena di gala offerta dall’emiro del Qatar Tamim bin Hamad Al Thani per il presidente americano. Un osso duro, insomma, ma sembra che piaccia a Elkann alla ricerca di una figura dal respiro internazionale.
SCALFARI REPUBBLICA NUMERO ZERO
Giochi di potenti? Le roi s’amuse, il re si diverte, come nell’angosciante dramma di Victor Hugo dal quale Giuseppe Verdi ha tratto il Rigoletto? C’è dell’altro, c’è la transizione dei social media che dopo aver provocato sfracelli cominciano a declinare a favore dell’intelligenza artificiale un’innovazione ancor più distruttiva che non si alimenta con chiacchiericcio adolescenziale, ma con dati consistenti, per lo più accertati.
Dati estratti dalla realtà, a sua volta raccontata in presa diretta e rappresentata dai vecchi mezzi d’informazione che stanno trovando una nuova giovinezza. L’IA riapre le porte al giornalismo e ai giornali siano essi di carta o digitali, all’informazione via radio, schermi televisivi, smartphone. Gli strumenti possono variare, la sostanza, l’informazione solida e certificata, resta anzi si moltiplica.
Oggi la domanda chiave è where is the beef?, dove sta la ciccia. Ecco perché possedere una testata o un canale tv diventa di nuovo attraente e importante nel gioco degli scambi economici e politici. Nulla si crea e nulla si distrugge in natura, ma spesso anche nella storia.
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