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DAGOREPORT - DA IERI SERA, CON LA VITTORIA IN GERMANIA DELL’ANTI-TRUMPIANO MERZ E IL CONTENIMENTO…
Natalia Aspesi per “la Repubblica”
Pare ingiusto e irrispettoso ricordare di una persona che muore in miseria, dopo anni di volontaria solitudine e forse non volontario oblio, il tempo di un fulgore che forse lei non aveva percepito e vissuto, ma che negli anni ‘70/’80 le veniva imposto dal cinema italiano e dalla inamovibile idea che bastava un paio di giarrettiere perché il maschio ululasse. Certo Laura Antonelli non solo era molto bella, ma aveva un’aria assolutamente innocente.
NEI film uomini bavosi e adolescenti maliziosi le chiedevano di salire sulla scala della biblioteca per poter intravedere le sue natiche rosee e l’ombra scura del suo inguine. Era l’antica immagine della fanciulla casta e inoffensiva che per questo ispirava la massima sporcaccionaggine: la vergine dalle mutande antiche e irreprensibili, dalla carnagione di perla e dalle curve appena accennate, che rappresentava la massima, sottomessa, carnalità senza esigenze:
non preponderante e minacciosa come quella di Anita Ekberg o intimidente come quella di Florinda Bolkan, ma quella casalinga, profumata di detersivo e minestrone, della compiacente domestica di Malizia di Samperi: ruolo che era stato un grandioso successo tanto da stravolgere le severe giurie dei David di Donatello e dei Nastri d’Argento che la premiarono ammirati e alluppati.
Certo un film con Laura Antonelli era un riposante rifugio virile in quegli anni’70, quando nelle strade e a casa le donne gridavano, terrorizzavano, disprezzavano i maschi e sotto i gonnelloni zingareschi certo non portavano la biancheria di pizzo, per non parlare dei reggiseni che sull’Antonelli erano fonte di cattivi pensieri, mentre le mogli e le figlie li gettavano nella spazzatura, anche quelli numero 6, con conseguenti disastri di immagine.
In alcuni film ( Sessomatto di Dino Risi), i critici neanche la nominavano, in altri ( Mio Dio, come sono caduta in basso di Luigi Comencini), un critico attento come Morandini la definiva “ottima”. E Visconti la volle nel 1976 per il suo ultimo film, L’innocente da D’Annunzio.
Ma il cinema e l’amore si sa, possono essere crudeli, soprattutto se il successo non ha scalfito la fragilità e l’inquietudine. È interessante vedere la sequenza di fotografie dal ’71, quando girando il film Gli sposi dell’anno secondo incontra Jean Paul Belmondo che diventa il suo compagno sino al 1980 e viene giudicata in gran forma. Prime foto di felicità per tutti e due avvinghiati, poi sempre meno sorridenti, meno vicini sino alle immagini in cui ognuno guarda dalla parte opposta.
Jean Paul Belmondo, 82 anni oggi dice “era una compagna adorabile” ma allora, ricorda qualcuno, lei era sempre piena di lividi. Il cinema italiano assetato di giovinezza e adolescenza, a poco a poco pare non avere più bisogno di lei, del suo erotismo bonaccione ormai superato.
Il nudo sostituì le giarrettiere, il sesso le occhiate lubriche, le attrici erano meno brave ma intercambiabili. Oggi, dicono gli esperti, il massimo del desiderio maschile è rappresentato dai transessuali che sanno essere molto più femminili della più femminile delle donne, come la bellissima americana Caitlyn, una nuova Rita Hayword, che era il campione olimpionico Bruce Jenner. Gli ultimi film dell’Antonelli sono brutti e non ebbero successo: un disastro il suo ultimo, Malizia 2000 di Samperi.
È il 1991, lei ha 50 anni e si muove nel vuoto. Un intervento plastico la rovina, la cocaina che l’aiutava ad affrontare le giornate la fa finire in galera. Quando torna a casa, sceglie di scomparire, qualche scemo la fotografa per umiliarla nel suo solitario lasciarsi andare. 24 anni sono tanti, dai 50 ai 74 anni, vissuti oscuramente e per questo umanamente importanti, da non dimenticare.
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