ASPETTANDO CHE L’ISIS ARRIVI A ROMA CI SI PUÒ PREPARARE CON “VITE E DETTI DI MAOMETTO”, UN PROGETTO EDITORIALE CHE VUOLE RACCONTARE LA VITA DEL PROFETA - E SI SCOPRE CHE “UFFA” E’ UNA PAROLA ARABA E VIENE CONSIDERATA MOLTO NEGATIVA

Pietrangelo Buttafuoco per “la Repubblica

 

Tra i Novantanove nomi di Dio, tra gli appellativi che definiscono Allah, non c’è quello di “padre”. Ma è Muhammad, il Profeta dell’Islam, a far da papà ai musulmani, ai quali insegna tutto, anche come fare pipì. «Davvero», chiede un miscredente, «il Vostro Profeta vi ha ammaestrato con cura su come fare i bisognini?».

I DETTI DI MAOMETTOI DETTI DI MAOMETTO

 

La risposta, come riporta Ignaz Goldziehr in Études sur la tradition islamique (Parigi, 1952), è di Muhammad: «Io sono per voi ciò che il padre è per i figli. Devo istruirvi su tutto». Ci si pulisce dalle impurità con la mano sinistra, mentre la destra è benedizione; figurarsi dunque se Maometto, con il suo esempio (tutte notizie raccolte dal racconto della sua vita e dai “detti” a lui riconducibili), non abbia dato precise indicazioni: salutare per primi, guardare sempre negli occhi, combattere con valore, mercanteggiare con abilità, scherzare volentieri, praticare l'arte dell’umorismo.

 

Una vecchietta si avvicina a Muhammad e gli chiede se mai troverà posto in Paradiso: «No», risponde il Profeta con tono aspro, «nel Cielo di Allah non entrano le vecchie». La donna resta raggelata dalla risposta, ma Muhammad sorride, le porge una rosa e sussurra: «Quando sarai in Paradiso, tornerai a essere la fanciulla bella e sana che fosti».

Ama i profumi, le preghiere e le donne, Muhammad. Ed è il Profeta più radicalmente umano, è l’esempio per chi «spera in Dio e nell’ultimo giorno».

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Da qui deriva la necessità per ogni musulmano di conoscere la sua vita, di adattarsi ai suoi gesti, alla sua stessa postura e di raccoglierne, tra gli aneddoti, le sentenze. Vite e Detti di Maometto (Meridiani Mondadori, progetto editoriale di Alberto Ventura, con saggi di Michael Lecker e Rainer Brunner), si rivolge al lettore in una veste che non implica una conoscenza specialistica o, tanto meno, si rivela essere un dossier a uso delle polizie internazionali.

 

Uffa è parola araba. Uff, infatti, è la prima parola negativa nella lingua araba, e non si dice mai ai propri genitori e neppure al prossimo, fosse pure un nemico. Ogni gesto del Profeta, per il credente, è un fatto prodigo di insegnamenti: Anas bin Malik vide Muhammad bendarsi le ginocchia affinché la moglie Safiyya, poggiandovi sopra i piedi, avesse un comodo rialzo per cavalcare il cammello.

 

Non esiste creatura nel cosmo che non abbia una scintilla della Misericordia. E, infatti, si sarà ricompensati per come ognuno tratterà gli animali. Muhammad racconta di un uomo assetato che, giunto a un pozzo, scorge un cane sfinito dall’arsura ma impossibilitato ad attingere acqua. Mosso a pietà, raccoglie dell’acqua con la scarpa e disseta il cane, commuovendo Allah che lo solleva da tutti i suoi precedenti peccati.

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L’insieme dei Detti e delle Vite, oltre al contesto fideistico dei musulmani, è qualcosa di simile a ciò che il corpus dei frammenti presocratici — il primo deposito della sapienza greca — rappresenta nella storia della cultura universale.

 

Resta tra i capisaldi dell’Occidente, pur raccogliendo le fonti direttamente nell’albeggiare dell’Islam, il capitolo che Thomas Carlyle dedicò a Maometto tra gli Eroi ma nell’essere memoria, scrittura e dunque canone, le Vite e i Detti ( gli hadith) — in quanto fonti di una religione spezzettata tra i rivoli delle diverse interpretazioni — fuori dall’ottica «storicistica» diventano «sunna» e incontrano la dimensione quotidiana. Questa doppia radice di biografia del Profeta e di “parlato”, riferito da testimoni e certificato da sapienti, diventa materia viva nel credente.

 

Ancora oggi, gli hadith e i fatti di Muhammad sono appresi più per racconto che per studio.

L’insieme degli hadith e l’unicità della vita di Muhammad non sono dottrina, sono esperienza. «Se giunge l’Ora» — ovvero la fine del mondo — «e qualcuno ha in mano un seme con l’intenzione di piantarlo, lo faccia ».

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È ancora Muhammad a parlare e il canone è prassi, riguarda ogni momento della giornata — perfino il suggerimento di non eccedere con l’acqua durante i pasti — senza mai irrigidirsi nella sterilità delle norme. Ed è tema “santo” il conformarsi a ciò che fu detto e a ciò che fu fatto, tanto da diventare guida lì dove il Corano — voce e parola di Dio — diventa per il credente un irriducibile e ”sacro” patto a due.

 

Muhammad è il migliore tra i discendenti di Adamo, ed è, nella catena della Rivelazione, colui che ha posto il Sigillo della religione universale. A differenza di Gesù, che per i musulmani è “Spirito di Allah”, Muhammad non è morto sulla Croce e tornerà da guerriero alla fine dei tempi.

 

Fa l’amore, seduce, è un combattente e dunque uccide — è un capo politico, è il fondatore di una comunità che dilaga oltre al suo tempo storico per arrivare ai giorni nostri — e la sua tomba è visibile perché i suoi giorni sulla terra si sono conclu- si in attesa del Dì del Giudizio. Alla sua morte, nel 632, Abu Bakr, il primo califfo dell’Islam, così parla alla comunità dei credenti: «Chi adorava Muhammad, ebbene sappia che Muhammad è morto e solo Dio non muore».

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Prima di Dante Alighieri, che quel viaggio lo fece in virtù di poesia, è Muhammad a fare esperienza del viaggio che lo porta nell’aldilà, dove può vedere gli inferi e poi nell’ascensione, incontrare la luce di Dio. Accanto ai precetti, queste sono le prove “della profezia di Muhammad”. «Quando camminava», scrive Michael Lecker nell’introduzione al Meridiano — «sembrava che stesse scendendo per un pendio».

 

Muhammad è come un padre che sa trovare una risposta a ogni perché. Genitore di un’umanità redenta dall’ignoranza, il Profeta offre le chiavi della lealtà e della pietà, come quando, entrando nella Kaaba, il tempio eretto da Abrano, oggi meta del pellegrinaggio santo, spazzandone via gli idoli, dice: «Nessun altro terrà queste chiavi eccetto voi, famiglia».

 

Spetta il Paradiso a chi educa una o più figlie, e questa sentenza del Profeta suona sovversiva ai suoi contemporanei arabi usi a seppellire vive le neonate. At-Tirmiti narra di un uomo che per tre volte chiede a Muhammad: «Chi merita di essere trattato meglio?». La risposta del Profeta è sempre: «Tua madre». Quando infine l’uomo ripete per la quarta volta la domanda, ecco la risposta: «Tuo padre».

 

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Pater, dunque. Nell’accezione di una regalità soccorrevole al punto di cedere alla tenerezza: «Un padre che non sa baciare il proprio figlio», dice Muhammad in un hadith , «non conosce misericordia nel proprio cuore». E il padre, riferisce l’ hadith, arriva quarto dopo che per tre volte il seme dell’amore piantato nel cuore degli uomini è ribadito essere quello della madre, la donna ai cui piedi — e sono innumerevoli sono le iscrizioni e le calligrafie che lo attestano — «è sempre Paradiso».