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F.C per “la Stampa”
Il direttore della Mostra Alberto Barbera ha il sorriso di chi ha fatto una gran fatica per assicurarsi un ottimo bottino e adesso non attende altro che di goderne i frutti. L'unico fastidio del momento è un forte raffreddore. Per il resto, dopo aver snocciolato un cartellone che vanta più autori, più divi e più scommesse artistiche dello storico concorrente (il Festival di Cannes) Barbera è pronto a difendere ognuna delle sue scelte.
Netflix sbarcherà al Lido con sei titoli. Una bella rivincita, dopo l' esclusione dal Festival di Cannes. Perchè il suo parere è tanto diverso da quello del direttore Thierry Fremaux?
«Non si può prescindere da questa nuova realtà produttiva, non si può ignorare che tanti film siano realizzati con questa piattaforma. Se gli autori, a iniziare da Scorsese, hanno deciso di fare i loro film così, accettando le regole del gioco,non sta certo a noi giudicare se sia giusto o meno».
La ragione del divieto è nella volontà di difendere il modello della fruizione in sala.
Lei che cosa ne pensa?
«Bisogna fare di tutto perché il cinema in sala resista e sopravviva, ed è sicuramente necessario pensare a programmi di sostegno internazionale. La legislazione francese in materia prevede che i film delle piattaforme arrivino in sala molto più tardi rispetto a quello che è possibile da noi, c'è una maggiore tendenza a proteggere il cinema in sala. E comunque vorrei ricordare che alcuni dei titoli di Netflix in programma alla Mostra avranno un' uscita nei cinema, anche se limitata. Viviamo un momento di transizione, impossibile affrontarla con regole uguali per tutti».
In gara quest' anno ci sono cinque film Usa. Il presidente di giuria è Guillermo Del Toro che ha vinto l' Oscar con il film che ha aperto la passata edizione. Cosa è cambiato tra il cinema Usa e la Mostra?
«I rapporti sono molto migliorati, i produttori americani hanno capito che la Mostra è un'occasione significativa per prodotti che aspirano alle nomination e agli Oscar. C'è un confronto aperto e costruttivo, Venezia ha recuperato il ruolo che aveva in passato».
L'Italia partecipa alla gara con tre titoli. Che idea si è fatto sullo stato di salute del nostro cinema?
«C'è una fase di grande fermento, molto propositiva, ricca di esordi significativi e caratterizzata dalla voglia di battere strade diverse e insolite. Direi che, in generale, si avverte un desiderio di riscatto».
Nei pronostici delle ultime settimane circolava con insistenza il nome di Edoardo De Angelis e del suo nuovo film «Il vizio della speranza». Che, alla fine, invece di essere alla Mostra, sarà in cartellone alla Festa di Roma diretta da Antonio Monda. Come è andata?
«Abbiamo visto il film, ne abbiamo parlato, pensiamo che quello di De Angelis sia un talento grande e originale, che però non ha ancora trovato una forma compiuta. Il film ha qualche problema. Se l'avessimo preso, non l' avremmo messo in competizione».
L'apertura è affidata a «First Man» di Damien Chazelle. Perché vi è piaciuto ?
«È uno dei titoli più attesi della stagione, un film rigoroso, inaspettato. Chi pensa di provare sensazioni facili guardandolo, rimarrà spiazzato. C'è una scelta di regia molto precisa, quasi un partito preso della messa in scena, e le emozioni non sono mai di primo, ma sempre di secondo grado».
C'è un marcato ritorno al cinema di genere , western in testa. Secondo lei perché?
«Forse gli autori hanno capito che per arrivare al pubblico bisogna passare attraverso codici condivisi».
A Cannes quest'anno i selfie erano vietati.
«A me i divieti non piacciono. Chi si vuol fare selfie sul tappeto rosso, se li farà».
a star is born lady gaga e bradley cooper
FIRST MAN DI DAMIEN CHAZELLEfirst man damien chazelle claire foyfirst man damien chazellefirst man damien chazelle ryan gosling
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