fofi morte

LA BELLEZZA CHE È NELLA MORTE - GOFFREDO FOFI: “DOVE SONO FINITI I CALVINO E LE MORANTE E GLI SCIASCIA E I PASOLINI E I FELLINI E I MONICELLI? UNO DEI 'MIEI' MORTI PIÙ CARI, ALDO CAPITINI, HA PARLATO DI COMPRESENZA DEI MORTI E DEI VIVENTI. SÌ, I MORTI SONO PRESENTI, SONO TRA NOI, E DOVREMMO TENERNE BEN CONTO NOI VIVI, ANGOSCIATI DAL DOVER MUOVERCI DENTRO UN PRESENTE PREOCCUPANTE E AVVILENTE COME È QUELLO DEI NOSTRI ANNI E DEL NOSTRO PAESE - TUTTO STA NEL CREDERE IN UN ALDILÀ IN CUI LA SORTE DEI GIUSTI POSSA ESSERE DIVERSA DA QUELLA DEI MALVAGI’’

Goffredo Fofi per “Avvenire”

 

goffredo fofi

Un giovane poeta poi diventato regista scrisse un tempo una poesia che cominciava cosi: «I morti crescono / di numero e d 'età». È ahinoi vero, e chi ne ha più coscienza è chi è vicino a passare anche lui nel numero dei morti e, per il fatto di aver molto vissuto, ha conosciuto più persone e le ha viste scomparire, abbandonarci. 

 

Per mia immensa fortuna ho conosciuto tanti grandi intellettuali italiani dal dopoguerra in avanti, e ne sento grande la mancanza nell 'Italia di oggi, di fronte alla mediocrità e al conformismo che caratterizzano l 'enorme maggioranza (una massa) degli intellettuali italiani di oggi, con ben rare eccezioni. 

federico fellini pier paolo pasolini le notti di cabiria

 

Dove sono finiti i Calvino e i Silone e i Bobbio e i Calamandrei e i Fortini e i Pratolini e gli Zanzotto e i Sereni e le Morante e le Ortese e gli Sciascia e i Pasolini e i Maccacaro e i Basso e i Pertini e i Volponi e i Lombardo-Radice e le Gobetti e le Zoebeli e i Fellini e i Monicelli e le Zucconi e le Cherchi e Dolci e i don Zeno e i padre Davide e i padre Camillo e i Dossetti e i Carretto eccetera, eccetera, eccetera... che ho avuto modo di sfiorare o con i quali ho potuto dialogare e discutere, ai quali ho avuto modo di voler bene sia pure in modi a volte conflittuali come e giusto che sia, tra generazioni? 

James Joyce Gente di Dublino

 

E dove sono finiti i contadini e gli operai e gli studenti e gli insegnanti, gli uomini e le donne e i bambini che ho amato non meno dei personaggi di qualche fama? Uno dei 'miei ' morti più cari, Aldo Capitini, ha parlato di compresenza dei morti e dei viventi , un saggio e un titolo rallegranti (e ristampato dalle Edizioni del Ponte a cura di Lanfranco Binni, con la prefazione di Giancarlo Gaeta). 

 

Sì, i morti sono presenti, sono tra noi, e dovremmo tenerne ben conto noi vivi, angosciati dal dover muoverci dentro un presente preoccupante e avvilente come è quello dei nostri anni e del nostro Paese. Pensando ai nuovi nati e ai nuovi arrivati. 

 

JAMES JOYCE

In un salone del libro di Torino, mi venne chiesto qualche anno addietro di leggere un romanzo (per brani, nel tempo di un'ora) che era stato molto importante per la mia formazione, per la mia storia di lettore. Scelsi infine di parlare di un lungo racconto di James Joyce che chiude Gente di Dublino (1907). 

 

Ha per titolo I morti (The Dead), e qualche lettore ricorderà il capolavoro, il suo ultimo film, che ne trasse il regista di origine irlandese John Huston. Secondo Romano Bilenchi, tra i maggiori scrittori italiani di appena ieri, I morti di Joyce è il più bel racconto scritto nel Novecento. 

 

GOFFREDO FOFI

Sono stato in dubbio fino all'ultimo se leggere al posto di quello uno o due racconti di Tolstoj che riflettono sullo stesso mistero, La morte di Ivan Il'ic e il meno noto Tre morti. Scelsi I morti di Joyce e vorrei che tutti lo leggessero o rileggessero perché la parte finale del racconto, di straordinaria serenità e bellezza, canta il destino comune, canta la neve che scende su campagne e città dell'Irlanda e scende sui vivi e scende sui morti, nella piena coscienza che i vivi li raggiungeranno. 

 

I morti non muoiono, sono qui tra noi anche se tendiamo a dimenticarli per la paura di doverli presto raggiungere. La mia nonna materna andava per lavori in campagne lontane e tornava spesso nella notte dopo lunghe fatiche pagate in natura, e quando le chiesi se non avesse paura, mi disse tranquillamente che no, perché lei parlava con i morti, perché nella notte l'accompagnavano i morti. 

 

Al di la

Fu Menandro a scrivere che «muore giovane colui che gli dei amano », e fu Leopardi a ripetere che «muore giovane colui che al cielo è caro ». 

 

Tutto sta nel credere nell'esistenza degli dei o di un Dio unico e onnipossente; tutto sta nel credere in un aldilà in cui la sorte dei giusti possa essere diversa da quella dei malvagi.

 

dio 5

E tuttavia, anche per un non credente, può essere di consolazione pensare che gli dei (o Dio) vogliano accanto a se quei giovani che essi hanno amato, dei quali hanno apprezzato il valore la generosità la bellezza, quei giovani che hanno avuto ai loro occhi qualità o meriti speciali; e dei quali noi, i terrestri, i vicini, gli amici e diciamo pure i compagni, abbiamo goduto la vicinanza e la confidenza, la comunione delle idee nonché degli affetti.