BOBBY SOLO CELEBRATION: "CON LITTLE TONY ERAVAMO GLI ELVIS ITALIANI. UNA RIVALITÀ PERFETTA. COME COPPI E BARTALI - I 70 ANNI? NON ME NE IMPORTA NULLA" - IL ROCK? SERVE LA PRESSIONE ALTA, IO HO 120 DI MASSIMA"

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Luigi Bolognini per “la Repubblica”

 

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«HA presente Jiddu Krishnamurti? ».

Scusi, ma su due piedi no.

«Invece dovrebbe conoscerlo. Era un filosofo indiano che unì ayurveda e cultura europea. Disse che rimpiangendo il passato e temendo il futuro nuociamo alla sola cosa concreta e vera, il presente. Quindi non mi importa nulla di compiere 70 anni».

 

Però Bobby Solo li compie davvero 70 anni, mercoledì 18, malgrado un’aria da ragazzone che l’accompagna da quando di botto diventò uno dei cantanti più popolari degli anni Sessanta. Nel 1964 portò Una lacrima sul viso a Sanremo, dove l’anno dopo trionfò con Se piangi se ridi ( rivinse nel 1969 con Zingara assieme a Iva Zanicchi), poi ingaggiò con Little Tony un accanito derby a chi era l’Elvis Presley italiano. Entrambi mescolavano un mix di rock e melodia e sfoderavano un ciuffo che Bobby conserva ancora, benché ingrigito.

 

Uno si aspetta di parlare con lei di questo, mica di Krishnamurti.

«Era solo per spiegarle come sono arrivato al traguardo e perché ho rifiutato di fare un “best of”. Invece sta uscendo un disco tutto nuovo, Meravigliosa vita. Ci sono solo 4 classici, Una lacrima sul viso , Se piangi se ridi , Non c’è più niente da fare e Gelosia, per di più con riarrangiamenti blues, alla B.B. King. Il resto è di 9 inediti: 3 di Mogol sono fantastici. Il singolo Meravigliosa vita non mi vergogno a dire che ho pianto mentre l’incidevo, tant’è bello ».

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Ancora lacrime...

«Che storia, Una lacrima sul viso. Prima di allora avevo fatto solo due concerti in licei a Milano. Ma avevo scritto questa canzone, che non potei neanche firmare perché ero minorenne, e non le dico il macello legale per riavere i diritti e la firma, ci riuscii solo nel 1991 grazie a Red Ronnie. Ma ai soldi non ho mai badato. Pensi che allora la Ricordi mi propose il 2% dei guadagni e a me pareva troppo, dissi che bastava l’1. Il boss Vincenzo Micocci ribatté che sarebbe stata corruzione di minore e lasciò il 2».

 

A proposito di Micocci, fu lui che ribattezzò Roberto Satti Bobby Solo?

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«Papà Bruno era un austero ufficiale aeronautico. Minacciò fuoco e fiamme se io avessi usato il suo cognome per fare rock. Micocci disse a una segretaria: “Ok, chiamiamolo all’inglese, Bobby. Solo Bobby”. Lei capì male ed ecco Bobby Solo».

 

A quel Sanremo però non vinse.

«Colpa di Little Tony. La sera prima mi portò al night. Si figuri: 19 anni, le prime entraîneuse della mia vita. Sudai moltissimo. Il resto lo fece il terrore di trovarmi alle prove accanto a idoli come Paul Anka e Frankie Avalon. Raucedine. Dovetti cantare in playback e fui squalificato».

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Bello scherzo il suo amico Little. O nemico? Chiariamo la questione.

«Una rivalità perfetta per il Paese di Coppi e Bartali e Guelfi e Ghibellini. Noi eravamo entrambi gli Elvis italiani, ma lui aveva più canzoni di successo, faceva le mosse molto meglio e stava sul palco divinamente. Siamo stati complici e amici, altro che nemici. E se cantavamo assieme a prendere i soldi mandava me, senza regole e sfrontato. Quanto mi manca».

 

Poi le mancò anche il successo.

«Dopo Zingara e Domenica d’agosto gli anni Settanta furono una tragedia. Persi tutto, campai anche di aiuti degli amici. Ma non ho mai pensato al suicidio: ho vissuto ogni giorno imparando qualcosa, finché scrissi Gelosia che mi rilanciò. Poi scoppiò il revival degli anni Sessanta».

 

Ma il revival non è una gabbia?

«Certo. Mi inchioda a un cliché romantico, ma se non faccio Una lacrima sul viso il pubblico si infuria. Nei concerti cerco di sorprendere sfoderando un’anima sempre più blues. Anche perché per il rock serve la pressione alta, io ho 120 di massima».

 

Bobby Solo ricorda l amico Tony Bobby Solo ricorda l amico Tony

Si è mai chiesto cosa avrebbe fatto nascendo oltreoceano?

«La risposta me l’ha data Claudio Villa: «A Robe’, si nascevi in America diventavi quarcuno”. Mai capito se intendeva che non ero nessuno o che sarei davvero potuto essere un gigante. Ma non ho rimpianti. Ho una vita fantastica e continuo a guardare avanti anche se compio 70 anni, come deve fare chi ha un figlio di 2».

 

Il piccolo Ryan l’ha rivitalizzata?

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«Mia moglie Tracy mi disse che non aveva più il ciclo. Pensammo alla menopausa, ma per scaramanzia comprai un test di gravidanza. Era incinta. Ridiventare papà dopo quattro figli e otto nipoti la considero una seconda chance: quando nacque Alain avevo 23 anni, non ero preparato, fui un padre immaturo. Ora con Ryan ho l’ossessione del nonno e la tenerezza del babbo. Lui ama suonare le chitarre giocattolo e fa la mossa alla Elvis come il papà. Sa che obiettivo ho? Campare così tanto da portarlo in tour tra i miei musicisti».

Bobby Solo e Mara Venier Bobby Solo e Mara Venier Bobby Solo Bobby Solo