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Francesco Alberti per il “Corriere della Sera”
I presepi. Gli alberi di Natale. L’allegria delle luci sotto i portici. Secondo tradizione. Poi, ecco: il simbolo della P2. Sì, proprio quella: meglio conosciuta come Propaganda due, manovrata dall’aretino Licio Gelli, bollata come «organizzazione eversiva» dalla commissione parlamentare d’inchiesta presieduta negli Anni 80 da Tina Anselmi e quindi sciolta nel 1982 con apposita legge.
Da almeno 10 giorni il simbolo di questa loggia massonica deviata, la cui scoperta ebbe l’effetto di un ciclone sull’allora Prima Repubblica, campeggia a Bologna su ponte Matteotti, a due passi dal centro e dalla stazione: tre grandi luminarie che rappresentano il triangolo, l’occhio e il circolo dei raggi, collocate in maniera da richiamare l’iconografia massonica della famigerata loggia. Per molti cittadini, equivale a un quiz: che c’azzecca con il Natale? Per una parte della politica, si tratta invece di arte densa di significato. Per un’altra, un’inutile provocazione.
Mancava l’opinione autorevole della Curia. Ieri è arrivata. Ed è una solenne bocciatura: «È come se si celebrasse la Resistenza con un’esibizione di svastiche» scrive Bologna Sette, supplemento domenicale del quotidiano dei vescovi, Avvenire, in un articolo intitolato «Quelle oscure luminarie».
Evviva la creatività, ci mancherebbe. Il problema è che Bologna è la città della strage alla Stazione (2 agosto 1980: 85 morti, 200 feriti, mai scoperti i mandanti) per la quale Licio Gelli ha rimediato, assieme all’ex agente Sismi, Pietro Musumeci, una condanna definitiva per calunnia per aver tentato di depistare le indagini. Tema scivoloso, quindi. Che non ha impedito al Comune guidato dal sindaco Merola di patrocinare l’installazione dell’opera ideata da Luca Vitone all’interno del progetto «Bologna si accende».
E in effetti Bologna si è accesa. Anche troppo. Se per l’assessore alla Cultura, Alberto Ronchi, «l’obiettivo è aprire una riflessione sulla memoria e comunque non spetta a un’amministrazione discutere il messaggio di un artista», per molti si tratta invece di iniziativa a dir poco ermetica, se non fuorviante. La Curia, nel suo articolo, ci va pesante: «È apologia o condanna? Deriva cervellotica o cinismo ben camuffato?».
Comunque sia, conclude, «uno spettacolo ambiguo e inquietante». Dubbi anche da Paolo Bolognesi, deputato pd e presidente dell’Associazione delle vittime: «Quando mi esposero il progetto condivisi l’intento — dice a ilfattoquotidiano.it —, ma feci presente che l’assenza di spiegazioni avrebbe potuto generare equivoci». Cosa puntualmente verificatasi su Facebook dove, al grido «Via la P2 dal cielo di Bologna», si parla di «schiaffo alla memoria».
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