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Tommaso Pellizzari per Corriere.it
Per il calcio italiano, quella sul Messico nell'esordio di Confederations Cup al Maracanã non è stata la vittoria più importante. Ben più significativa è stata l'accoglienza che il pubblico ha riservato agli azzurri, in particolare a due di loro: Andrea Pirlo e Mario Balotelli. Tra i 78.838 spettatori presenti sugli spalti di uno degli stadi più famosi (e dopo il restauro anche belli) del mondo, la maggioranza era composta da brasiliani. Tifosi cioè neutrali, di quelli che vanno allo stadio per pura passione. E speranza di vedere qualcosa di bello.
IL PENNELLO DI PIRLO
Come le punizioni di Andrea Pirlo, invocato da un intero stadio ogni volta che veniva fischiato un fallo in favore dell'Italia al limite dell'area messicana. Vedere (e sentire) una cosa del genere a migliaia di chilometri di distanza dal Paese di Pirlo rende l'idea di che cosa possa essere il calcio in generale. Ma soprattutto di che cosa sia - nonostante tutto - il calcio italiano. Il fascino che, a tutte le latitudini, sia ancora in grado di esercitare.
L'OVAZIONE PER MARIO
Lo stesso fascino che sulle folle del Maracanã ha esercitato Mario Balotelli. L'ovazione che il pubblico di un Paese dall'altra parte del mondo gli ha tributato alla sua uscita, a pochi minuti dal termine della gara, è qualcosa che non capita tutti i giorni. E che rende innanzitutto l'idea di che cosa sia già diventato Balotelli per il calcio di tutto il mondo. Per sua (e nostra) fortuna, il pubblico neutrale, competente e appassionato del Maracanã è stato altrettanto severo nel fischiare sonoramente Mario ogni volta che si lasciava andare alle sue abituali scene di nervosismo. Come quando ha scagliato lontano, per protesta contro l'arbitro, una scarpa persa in un contrasto.
NIENTE BIMBI VIZIATI
Una lezione importante: se giochi a calcio come sai fare, sarai il nostro idolo. Se fai il bambino viziato, non avremo pietà . Una bella lezione, per il calcio italiano. E simbolicamente perfetta, nello scegliere come eroi della serata un «vecchio» della spedizione azzurra e il più predestinato dei suoi giovani, proprio mentre, a 10.299 km di distanza, la nazionale Under 21 piena di talenti e con un bravissimo allenatore giovane, sta per giocarsi il titolo europeo contro la Spagna (martedì 18 giugno, a Tel Aviv). Un po' d'azzurro, insomma, in un Paese che da troppi anni vede solo grigio nel proprio futuro.
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