SINDROME DI STOCCOLMA - DA CAMUS ALLE BORDATE CONTRO IL NAZIONALISMO DI VARGAS LLOSA: I DISCORSI DEI VINCITORI DEL NOBEL TRA COMIZIETTI PRE-POLITICI E DIVAGAZIONI EXTRALETTERARIE - DARIO FO RACCONTA QUELLO CHE GLI È CAPITO IL GIORNO DELLA PROCLAMAZIONE…

Fabio Gambaro per “la Repubblica

 

Mercoledì 10 dicembre Patrick Modiano, il nuovo premio Nobel per la

patrick modianopatrick modiano

letteratura, sarà a Stoccolma per pronunciare il suo discorso di ringraziamento davanti ai membri dell’Accademia svedese. Naturalmente non sappiamo di cosa parlerà, se si limiterà a semplici considerazioni letterarie o se invece spingerà il suo discorso sul terreno della politica e del sociale.

 

Sappiamo però che prima di lui molti laureati del prestigioso premio hanno sfruttato la ribalta del Nobel per denunciare soprusi e ingiustizie, manifestare solidarietà a questo o a quel popolo, e più in generale per esprimere le loro preoccupazioni di fronte alle derive del mondo contemporaneo.

 

Quanto importanti e frequenti siano state tali preoccupazioni extraletterarie, lo conferma la lettura delle quasi mille pagine di Tous les discours de réception des Prix Nobel de Littérature ( Flammarion). Il volume a cura di Eglal Errera raccoglie per la prima volta la quasi totalità dei discorsi che i centodieci scrittori premi Nobel hanno fatto dal 1901, anno della creazione del premio, fino a mercoledì prossimo escluso.

 

Naturalmente tra le tante allocuzioni non mancano quelle esclusivamente dedicate alla letteratura, come fece Montale, nel 1975, o Claude Simon, nel 1985, il quale rispose alle critiche fatte «senza capo né coda» alle sue opere per poi parlare dei destini del romanzo nel XX secolo. E se Doris Lessing, nel 2007, deplora il declino della letteratura occidentale, molti laureati ne approfittano per ringraziare chi li ha avviati alla scrittura e ricordare gli autori del passato a cui devono di più.

dario fodario fo

 

Elias Canetti, nel 1981, ricorda ad esempio l’importanza che hanno avuto per lui Kraus, Kafka, Musil e Broch, ma anche il ruolo che hanno svolto nella sua vita tre città, Vienna, Londra e Zurigo. Diversi scrittori, poi, raccontano quello che è capitato loro il giorno della proclamazione del Nobel, ad esempio Dario Fo, nel 1997, che peraltro è proprio uno dei tanti premi Nobel che, con i loro discorsi militanti, hanno dimostrato di non vivere rinchiusi in una torre d’avorio.

 

Così Czeslaw Milosz, nel 1980, denuncia l’annessione da parte dell’Unione Sovietica di Estonia, Lettonia e Lituania, i tre paesi baltici che persero la loro indipendenza alla fine della Seconda guerra mondiale. Séamus Heaney, nel 1995, ricorda vent’anni di drammatiche violenze nell’Irlanda del Nord, mentre Wole Soyinka, nel 1986, invita a combattere il razzismo e l’apartheid in Sudafrica, un paese definito un «campo medievale di terrori biblici e di sospetti primitivi». Senza dimenticare Herta Müller, premio Nobel nel 2009, che nel suo discorso di ringraziamento racconta le vessazioni e le umiliazioni subite in Romania quando si rifiutava di collaborare con il partito unico al potere.

 

VARGAS LLOSA E PATRICIA VARGAS LLOSA E PATRICIA

Un tema su cui insistono molto gli scrittori premiati è naturalmente quella della censura e della minacce che pesano sulla vita degli autori. Così Gao Xingjian, nel 2000, ricorda «le spedizioni punitive condotte contro la cultura tradizionale cinese» ai tempi della rivoluzione culturale, mentre Nadine Gordimer, nel 1991, rende omaggio ai molti scrittori, «da Thomas Mann a Chinua Achebe», che hanno dovuto affrontare il trauma dell’esilio.

 

E se alcuni affrontano il tema della politica molto apertamente, come Harold Pinter, premio Nobel nel 2005, che intitola il suo discorso “Arte, verità e politica”, altri invece preferiscono disseminare le loro critiche al potere all’interno di discorsi molto più letterari.

 

Tutti però, di fronte ai mali e alle ingiustizie del mondo, sembrano conservare un’indistruttibile fiducia nel potere della letteratura. Come ad esempio lo scrittore yiddish Isaac Bashevis Singer, che nel 1978 dichiara: «Non provo alcuna vergogna a riconoscere di essere tra coloro che amano immaginare che la letteratura abbia il potere di aprire nuovi orizzonti e nuove prospettive filosofiche, religiose, estetiche e perfino sociali».

albert camusalbert camus

 

ALBERT CAMUS (1957)

“Ogni generazione si crede destinata a rifare il mondo. La mia sa che non lo rifarà. Il suo compito però è forse ancora più grande. Deve impedire che il mondo vada in pezzi. Erede di una storia corrotta dove si mischiano rivoluzioni fallite, tecniche folli, divinità morte e ideologie estenuate, dove mediocri poteri possono distruggere tutto ma sono incapaci di convincere, dove l’intelligenza si è abbassata fino a diventare serva dell’odio e dell’oppressione, questa generazione ha dovuto restaurare — in sé e attorno a sé, e partendo dalla sola negazione — un po’ di ciò che fa la dignità del vivere e del morire. Davanti a un mondo minacciato di disintegrarsi, dove i grandi inquisitori rischiano di imporre per sempre il regno dei morti, essa è impegnata in una corsa folle contro il tempo per restaurare una pace tra le nazioni che non sia quella della servitù”.

 

ALEKSANDR SOLGENITSIN (1970)

elias canettielias canetti

“Un quarto di secolo fa nacque l’Organizzazione delle Nazioni Unite, su cui l’umanità fondò molte speranze. Purtroppo, in un mondo immorale, anche questa organizzazione non poteva che essere immorale. Non è l’Organizzazione delle Nazioni Unite, ma l’Organizzazione dei governi uniti, dove quelli che sono stati liberamente eletti e quelli che si sono imposti con la violenza o hanno conquistato il potere con le armi sono messi sullo stesso piano.

 

Per calcolo, l’Onu privilegia la maggioranza. Si dà molto da fare per la libertà di certi popoli, disinteressandosi però di quella di altri. [...] L’Onu ha evitato di rendere obbligatorio il miglior testo votato in venticinque anni — vale a dire la Dichiarazione dei diritti dell’uomo — evitando di farne una condizione necessaria per diventare membri dell’Organizzazione. Così facendo, ha abbandonato la povera gente in balia di governi che non aveva scelto”.

 

GABRIEL GARCÍA MÁRQUEZ (1982)

“Abbiamo conosciuto cinque guerre, diciassette colpi di stato e visto l’apparizione di un dittatore luciferino che, in nome di Dio, ha avviato il primo etnocidio dell’America Latina contemporanea. Nello stesso periodo, venti milioni di bambini sudamericani sono morti prima di avere celebrato il loro secondo compleanno. Quasi centoventimila persone sono scomparse a causa della repressione: è come se avessimo perso traccia di tutti gli abitanti di Uppsala.

nadine 
Gordimer 
nadine Gordimer

 

Numerose donne arrestate quando erano incinte sono state costrette a partorire nelle prigioni argentine senza che si sappia dove siano finiti i loro figli, adottati clandestinamente o rinchiusi dai militari negli orfanatrofi. Per aver voluto mettere un termine a tutto ciò, quasi duecentomila donne e uomini sono morti in tutto il continente, più di centomila in tre piccoli paesi ostinati dell’America centrale: il Nicaragua, El Salvador e il Guatemala”.

 

NADINE GORDIMER (1991)

“Ovunque nei regimi repressivi — nel blocco Sovietico, in America Latina, in Africa, in Cina — la maggior parte degli scrittori imprigionati lo è per via della loro attività di cittadini che lottano contro l’oppressione. Altri invece sono stati condannati per aver servito la società scrivendo meglio che potevano, giacché l’avventura estetica diventa sovversiva quando l’artista, spinto dalla sua integrità a ribellarsi contro la realtà che lo circonda, si mette a esplorare segreti vergognosi. I temi e personaggi dello scrittore sono infatti inevitabilmente dettati dalle oppressioni e dalle distorsioni della società in cui vive, esattamente come la vita del marinaio è determinata dal potere del mare”.

LOCCHIO NERO DI GARCIA MARQUEZ LOCCHIO NERO DI GARCIA MARQUEZ

 

GÜNTER GRASS (1999)

“Vengo dal paese degli autodafé. Sappiamo che oggi il desiderio di distruggere i libri odiati è ancora presente nello spirito dei tempi, e talvolta può persino trovare una dimensione telegenica — vale a dire degli spettatori. Ma ciò che è più grave è la diffusione dappertutto delle persecuzioni nei confronti degli scrittori, persecuzioni che possono giungere perfino alla condanna a morte. E cosa ancora più grave: tutti sembrano essersi abituati a questo incessante terrore.

 

Certo, in questa parte del mondo che si vanta di essere libera, si lanciano grida d’indignazione quando, in Nigeria, nel 1995, lo scrittore Ken Saro-Wiwa, che ha denunciato i disastri ecologici nel suo paese, è stato condannato a morte e giustiziato insieme ai suoi compagni di lotta. Ma si passa subito ad altro, dato che queste considerazioni rischiano di danneggiare gli affari della Shell, gigante del petrolio e potenza planetaria”.

solgenitsinsolgenitsin

 

HAROLD PINTER (2005)

“I sandinisti non erano perfetti. Avevano la loro parte di arroganza e diverse contraddizioni. Ma erano intelligenti, razionali e civilizzati. Volevano una società stabile, degna e pluralista. Hanno realizzato la gratuità della scuola e dei servizi sanitari. La mortalità infantile è diminuita di un terzo. La poliomielite è stata debellata. Ma per gli Usa questi successi erano solo sovversione marxista-leninista. Agli occhi degli americani, il Nicaragua era un esempio pericoloso. Alla fine sono riusciti a far cadere il governo sandinista. Hanno impiegato diversi anni e hanno dovuto dar prova di notevole tenacia, ma un’accanita persecuzione economica e trentamila morti hanno finito per aver ragione del coraggio dei nicaraguensi”.

Gunter GrassGunter Grass

 

JEAN-MARIE GUSTAVE LE CLÉZIO (2008)

“Oggi, all’indomani della decolonizzazione per gli uomini e le donne del nostro tempo la letteratura è uno dei mezzi per esprimere la loro identità, per rivendicare il diritto alla parola e il diritto di essere ascoltati nella loro diversità. Senza le loro voci, senza i loro appelli, noi vivremmo in un mondo silenzioso”.

 

MARIO VARGAS LLOSA (2010)

Harold PinterHarold Pinter

“Detesto ogni forma di nazionalismo, d’ideologia — o meglio di religione — provinciale, a base di idee piccole ed esclusive, che riduce l’orizzonte intellettuale e dissimula in sé pregiudizi etnici e razziali, trasformando in valore supremo, in privilegio morale e ontologico, la circostanza fortuita del luogo di nascita. Insieme alla religione, il nazionalismo è stato la causa dei peggiori massacri della Storia, come quelli delle due guerre mondiali e come l’attuale carneficina in Medio Oriente. Nulla ha contribuito di più alla balcanizzazione dell’America Latina, insanguinata da battaglie e contenziosi insensati, e spinta a sprecare risorse astronomiche in armi invece di costruire scuole, biblioteche e ospedali”.