luciano canfora

“IO PUTINIANO? COSE FUORI DAL MONDO. LE LISTE DI PROSCRIZIONE? DEPLOREVOLI. L'INFORMAZIONE E’ IMBARAZZANTE" – IL PROF. LUCIANO CANFORA TEORICO DEL “NE’ CON LA RUSSIA, NE’ CON LA NATO”: “CONSIDERO L'ESPERIENZA DELLA RUSSIA POST-SOVIETICA COME MOLTO NEGATIVA. MA QUESTO NON VUOL DIRE NON RICONOSCERE I TORTI DELLA POLITICA NATO. MAI VISTO MEDIA COSÌ MONOCORDI SUL CONFLITTO. SE SIAMO A QUESTO PUNTO DI SOVRAECCITAZIONE CIÒ MI ALLARMA MOLTO. C'È FORSE NELL'ARIA L'IDEA CHE…"

Giulia Cazzaniga per “La Verità”

 

LUCIANO CANFORA

Lo storico che - così ha scritto un quotidiano nazionale in prima pagina - «giustifica chi uccide i bambini», che «ha dimenticato che il vero dittatore è Putin» - a dirlo un ex politico - e che, come si è letto su altri giornali, «dice grosse bugie sull'Ucraina» e ha «mal digerito il crollo del comunismo sovietico» ci sorprende al telefono con la merce rara della gentilezza.

 

«Mi chiami domani, però, che oggi ho un convegno sul teatro greco». Luciano Canfora è professore emerito dell'Università di Bari, è un filologo esperto di greci e latini - «l'umanità non ha fatto niente altro che guerre, e la storia della pace non è ancora stata scritta» - e se lo definisci un intellettuale ti ridimensionerà: «Beh, è una parola nobilitante, io sono semplicemente uno studioso».

 

Riassumo in breve il suo pensiero, mi corregga se ho capito male: lei dice che questa è una guerra tra Russia e Nato, e che quella dei buoni e dei cattivi è solo una favola.

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«Sì, così ho detto. Basta guardare le evoluzioni della carta geografica dagli anni Novanta a oggi. Il segretario di Stato americano James Baker nel 1990 garantì a Gorbaciov che se l'Urss avesse accettato lo smantellamento dell'Est Europa, la Nato non sarebbe avanzata di un centimetro».

 

Non andò esattamente così.

«Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Romania e Bulgaria continuo? Uno dopo l'altro sono entrati tutti nella Nato».

 

Un'alleanza nata nel 1949.

LUCIANO CANFORA - LA METAMORFOSI

«Che si propose come alleanza difensiva, anche se poi nell'ultimo quarto di secolo ha fatto guerre in Jugoslavia, Iraq, Afghanistan seppure non sempre coralmente. Difficile definirli conflitti difensivi.

 

La storia macina, tutto cambia e tutto trasforma, e questo lo sappiamo, ma come ha detto Paolo Inzerilli, generale italiano ormai in pensione, è difficile immaginare che una potenza, per quanto ammaccata, come la Russia, possa accettare missili Nato a 180 chilometri da Mosca e a un tiro di schioppo da Pietroburgo».

 

Zelensky ha detto però che l'Ucraina non entrerà nella Nato.

«Ho apprezzato, sì. Il personaggio potrebbe pure essere quel che è: un amico che legge i giornali inglesi mi ha mandato un articolo del Guardian del 3 ottobre che documenta la sua pratica diciamo un po' disinvolta sul piano dei rapporti d'affari in Occidente.

 

Ma non è una novità che i politici possano essere disinibiti quando si tratta di soldi. Ho gioito quando ho letto le sue ammissioni sull'impossibilità di entrare nell'alleanza: sembrava irriducibile, così invece ha agevolato il tentativo di sbloccare la situazione».

 

Che è oggi oltre ogni livello di allarme.

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«Tutto è accaduto sotto i nostri occhi, lentamente, fino al punto di rottura. È un finimondo, ma non è che non avessimo avuto segnali premonitori. E il mio dire che è un conflitto Nato-Russia non è tanto peregrino, ma condiviso da molti. Ad esempio stimo molto Lucio Caracciolo, tra i commentatori di geopolitica».

 

Il direttore di Limes.

«Esatto. E le sue dichiarazioni in tv, come sempre misurate e con il suo stile, non si discostano molto dalle mie. Non ho detto nulla di stravagante. Altrimenti è come se oggi ritenessimo ancora che la prima guerra mondiale è scoppiata a causa della Serbia e dell'Austria».

 

Così era scritto sul sussidiario delle elementari.

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«Va bene, sì, ma dietro c'erano altri fattori: la crescita della potenza navale e industriale della Germania e l'insofferenza crescente dell'Inghilterra per questo: temeva di essere superata sul piano degli armamenti, e nel dominio del mondo coloniale. I nodi, a un certo punto, nella storia, vengono al pettine».

 

Bene, però ci sentiamo moralmente obbligati a chiederle: lei è putiniano?

«(Ride sonoramente, ndr) Ma sono cose fuori dal mondo. Davvero, mi sembra che ci sia un arretramento culturale, oggi. Si semplifica, invece che cercare di capire».

 

Il suo nome compare in molte delle liste stilate dai giornali di coloro che non sono contro, o non sono abbastanza contro.

«È deplorevole falsare il pensiero altrui. Deplorevole. Fare i cataloghi dei buoni e dei malvagi e la ricerca di un nemico interno è imbarazzante.

CANFORA DA SALOTTO - IL BUONGIORNO DI MATTIA FELTRI SULLA STAMPA - 16 MARZO 2022

 

Non so se posso ricordare - ma c'è chi lo considererà provocatorio - che durante la guerra guerreggiata, l'Italia conobbe l'ossessivo ammonimento nei luoghi pubblici: "Taci, il nemico ti ascolta". Il concetto di nemico interno è persecutorio, spropositato, immetodico».

 

Tutto ha inizio con una sua intervista al Corriere del Mezzogiorno, e a sue dichiarazioni su profughi e passanti, giusto?

«Nella quale ho fatto due osservazioni semplici. Primo: a pochissimi giorni dall'inizio del conflitto mi sembrava che la cifra dei profughi che leggevo fosse enorme. Poi ho espresso un altro concetto, indipendente, che riguardava l'aspetto dell'informazione.

 

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Che oggi è capillare, frantumata in tanti racconti di storie dalla guerra. E lì ho parlato di "passanti" intervistati da nostri giornalisti a Kiev, e quindi non profughi».

 

Perché però ha citato la donna che ha perso il suo bambino come un episodio?

«Io non ho parlato di Irina e del suo bambino, è accaduto dopo. Mi chiedo perché non si racconti per bene a che punto siano le trattative, o quali armi si stiano adoperando, o fin dove esattamente si sia spinta l'invasione. Per carità, non ho mai diretto un giornale, li leggo e basta: sbaglio forse ad aspirare a notizie complete?».

 

Perché pensa se la siano presa tutti con lei?

LUCIANO CANFORA

«È solo una tempesta in un bicchier d'acqua, che documenta una superficialità. Se non per un motivo serio, che non riguarda la mia persona, però, anche perché i giornali non durano che 24 ore e dopotutto gli attacchi mi lasciano indifferente».

 

E cioè?

«Se siamo a questo punto di sovraeccitazione ciò mi allarma molto. C'è forse nell'aria l'idea che il conflitto si allargherà e che bisogna serrare le file?».

 

Lo teme? È preoccupato?

«Lo è anche un moderato come Antonio Tajani, che in tv ha detto che stabilire una no fly zone potrebbe significare la terza guerra mondiale. Che nessuno, almeno tra le persone dabbene, vuole».

 

Forse l'informazione è drogata da due anni di pandemia, e da un racconto solo in bianco e nero?

zelensky putin

«Io sono convinto che la scienza non possa essere mai messa in discussione. E non mi permetto di giudicare scelte che volevano evitare un disastro sanitario. Osservo solo che da quando c'è la guerra la materia sanitaria sembra quasi scomparsa.

 

Ognuno, poi, ricaverà le sue deduzioni. Certo non ho mai visto media così monocordi sul conflitto. Nemmeno nel 1956, un anno durissimo. Ma forse ero troppo giovane all'epoca e oggi, anziano, sono più tenero sul passato che sul presente».

 

In Russia all'informazione va certo peggio, no?

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«(Ride ancora, ndr) Senza dubbio, non c'è tolleranza. Per tutta la mia vita - e lo farò per il tempo che mi verrà ancora concesso - sono stato schierato con la sinistra. Putin non ha niente a che fare con la sinistra. Dire che sono schierato con la Russia putiniana è sbagliato.

 

Mi tocca davvero ricordare che considero l'esperienza della Russia post-sovietica come molto negativa? Non ne apprezzo nulla. Ma questo non vuol dire non riconoscere i torti e i rischi della politica Nato. In ogni caso non è la prima volta che si fanno questi errori di interpretazione, quando c'è in corso una guerra».

 

Ad esempio?

LUCIANO CANFORA

«Quando nel 1915 l'Italia entrò in guerra a causa di una forzatura della corona - il Parlamento era contrario - Benedetto Croce fu indicato come filo-tedesco solo perché si opponeva alla guerra. Il filologo Girolamo Vitelli, solo per aver studiato in Germania, fu tacciato di essere addirittura una spia tedesca, perché non si sbracciava per l'intervento».

 

Lei scenderebbe in piazza per la pace?

«Sì. Per quanto possa sembrare ingenuo farlo mentre una guerra dilaga, è un dovere etico affermare l'esigenza della pace».

 

La sinistra si è messa l'elmetto. Avrebbe votato per inviare armi in Ucraina?

«Direi proprio di no. Ma temo che la grande informazione non abbia dato abbastanza peso a chi non ha dato il proprio voto. E comunque, non sono mai stato parlamentare in vita mia, quindi in fin dei conti questa osservazione può apparire generica».

 

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La vulgata di questi giorni maledice anche i cosiddetti «né-né», né con la Russia, né con l'Ucraina. Si riconosce tra questi?

«Chiedo a mia volta: qual è lo stato intermedio tra la pace e la guerra?».

 

Cosa dovrebbe fare secondo lei l'Unione europea?

«Impossibile soddisfare questa domanda in poche battute, ci provo consigliando la lettura degli scritti recenti di Sergio Romano. E Romano non è certo un fazioso anti-occidentale. L'Europa non può oggi rimanere ingabbiata in una struttura legata a doppio filo con gli Usa. Tutti noi speriamo che l'Unione possa essere davvero un soggetto collettivo autonomo, che cammina sulle proprie gambe, ma quella della Nato è nei fatti una limitazione, rende la Ue un gigante minorato, con le braccia legate.

 

LUCIANO CANFORA

Se è vero che l'allarme sull'imminenza dell'attacco russo era quasi quotidiano, che cosa si è fatto? Si sono sprecati i giorni? Era necessario un forte intervento autonomo, chiarificatore. Ricordo un tentativo rimasto incompiuto, quando Luigi Di Maio tornò da Mosca e disse: ho accertato la volontà di pace del governo russo».

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