DAGOREPORT - LA MAGGIORANZA VIAGGIA COSÌ “COMPATTA” (MELONI DIXIT) CHE È FINITA SU UN BINARIO…
Marco Giusti per Dagospia
Cannes terzo giorno. Beh. Finalmente un grande film in concorso dopo due delusioni. Leto/l’estate, super omaggio alla scena punk rock sovietica dei primi anni ’80 ai tempi di Breznev, scritto e diretto da Kirill Serebrennikov, rimasto a Mosca perché agli arresti domiciliari, che firma questo geniale, esplosivo, ritratto di una generazione tutto in bianco e nero con una serie di video musicali semianimati e parzialmente ricolorati, qualcosa che rimarrà e che può puntare ai premi maggiori qui a Cannes, dimostrando inoltre quanto il cinema sovietico sia avanzato rispetto a gran parte del mondo.
leto a cannes ma senza il regista
Siamo a Leningrado, tra i ragazzi che sentono di nascosto Lou Reed, Blondie, David Bowie, T Rex, Marc Bolan e cercano di costruire la loro stessa musica partendo da queste ispirazioni, come tutti i giovani del tempo. Solo che siamo in Russia. Ispirato alla vita di due veri artisti del tempo, inoltre morti giovanissimi nei primi anni ’90, e tratto dal romanzo scritto da Natasha, la donna di uno dei due, qui chiamato Mike, è una sorta di opera rock messa in scena con ricchezza di mezzi e attori strepitosi, tutti giovani e giovanissimi, dal Victor Tosi di Teo Yoo al Mike di Roman Bilyk alla Natasha di Irina Starshenbaum.
I momenti musical vengono fuori secondo un copione da opera rock di qualcosa che avrebbe dovuto essere così, ma così non è stato. Perché, appunto, siamo a Leningrado, e non in Inghilterra o in Scozia o in America. Così uno scontro con la polizia in treno solo nel sogno-video è qualcosa di trasgressivo, ma non nella realtà. O un grande momento musical in autobus non è andato proprio così, ma sarebbe bello se lo fosse stato. Sebrennikov riempie il suo schermo di qualsiasi cosa possa portare musica alle immagini, colori, disegni, linee.
Il suo è un film di grande maturità, ma anche molto sperimentale e molto libero. Quello che viene fuori è anche il ritratto di una Russia e di una generazione che avrebbero potuto essere molto diverse da come sono state in fondo solo trent’anni fa. Mike e Natasha si amano, ma fra di loro entra Victor, e tutti amano Victor. E Natasha lo dice a Mike, che si comporta in maniera civile e moderna. Siamo rock, siamo punk, no? Ma poi non è che ci stia così bene. E le cose si complicano.
Ma la cosa importante è incidere, sostiene Mike, perché nella Russia, tra guerre (l’Afghanistan) e qualsiasi altro problema, è bene che finché si può si faccia testimonianza di quel che si compone. E intanto le canzoni nascono spontaneamente legandosi alla vita di tutti i giorni, all’amicizia e a quello che arriva in Russia dall’Occidente. “Berlin” di Lou Reed e quante altre… Sarebbe bene che questo film arrivasse anche da noi.
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