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Marco Giusti per Dagospia
Cannes. Ottavo giorno. Il problema morale, come da noi, esiste anche in Romania. E, come da noi, esiste il problema della fuga dal proprio paese, se hai la possibilita' di studiare all'estero. Christian Mungiu, con questo attesissimo "Bacalaureat", tra i favoriti da subito del concorso, mette in scena i due problemi contestualizzandoli in una Romania depressa e corrotta, siamo in un paesino della Transilvania, e puntando il dito su un medico cinquantenne fondamentalmente onesto ("si fa quello che si puo") che passa una serie di crisi in famiglia.
Anche perche' questo dottor Romeo Aldea, interpretato da Adrian Titieni, ha una moglie depressa, Lia Bugnar, un'amante, Malina Manovici, che vuole di piu', una vecchia mamma malata e una figlia, Eliza, Maria Dragus, che deve passare un esame per poter andare a studiare in Inghilterra. Solo che qualcuno non vuole bene a Romeo, gli sfondano la finestra di casa con un sasso, e soprattutto cercano di violentare sua figlia Eliza, lussandole una mano. Con la mano ingessata, Eliza avra' dei problemi col suo esame. E Romeo entra in un giro di amici che possono aiutarlo a gonfiare un po' i voti. Amici che da lui vorranno altre cose.
E qui nasce il problema morale, che si fonda presto con tutto il resto, con il vivere in un paese corrotto dal quale non quale puoi scappare solo non facendoti troppe domande. La trama che Mungiu ha messo in piedi per il suo protagonista e la sua famiglia, che si tinge sia di commedia di costume che di giallo, e' ben strutturata e il film funziona perfettamente nel dipanare tutti i fili della ragnatela di rapporti e situazioni aperte.
Pero' il film, perfetto per carita', ci sembra un po' meno interessante delle sue opere precedenti, "4 mesi, 3 settimane e 2 giorni" o "I racconti dell'eta' dell'oro", che avevano anche il vantaggio di una cinematografia nuova e in grande sviluppo. Qua i personaggi di Mungiu, che potrebbero benissimo essere italiani, sono come tutti un po' spenti, appannati, come se da tempo avessero capito che non c'e' tanto futuro da nessuna parte. Forse neanche nella fuga.
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