carlo cracco

CRACCOLOGY - “IL MASCHIO IN CUCINA È PIÙ SCEMO, GLI PIACE FARE IL FENOMENO, BUTTARLA IN COMPETIZIONE, LA DONNA È PIÙ PRECISA E METODICO - ALDO GRASSO DICE CHE IN TV C’È TROPPA CUCINA? È UN PROBLEMA SUO, CHE SPEGNESSE LA TV - IL GAMBERO ROSSO? UNA VOLTA ERA INNOVATIVO, ORA NON PIÙ”

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Alessandra Menzani per “Libero Quotidiano”

CRACCOCRACCO

 

Non è cattivo, non è neppure antipatico. È che Carlo Cracco risponde a monosillabi. «Sì, sono un po' chiuso, è il mio difetto», spiega. È anche vero che abbiamo intercettato il divo della cucina italiana nei giorni di Natale, in cui tutti hanno un gran da fare, figuriamoci uno che passa dalla cucina stellata del suo ristorante a quella televisiva di Masterchef, in onda su Sky Uno con la quinta stagione, ai due bambini piccoli, Pietro e Cesare, avuti dalla seconda moglie Rosa, e alle figlie, Sveva e Irene, nate dal primo matrimonio.

 

Ma il George Clooney dei soffritto, poco alla volta, si scioglie come una fetta di salame mantovano, il suo cibo preferito. Cinquant'anni, vicentino, figlio di un ferroviere che arrotondava con tre impieghi, lavora da quando ha 16 anni: inizia con la gavetta nel ristorante di Gualtiero Marchesi, poi va in Francia, dove vive per tre anni, ottiene due stelle Michelin all'Enoteca Pinchiorri a Firenze, torna con Marchesi, ottiene una terza stella al ristorante Le Clivie di Piobesi d'Alba, lancia a Milano il "Cracco Peck", che oggi si chiama solo "Cracco".

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Diventato una popstar da quando Sky gli ha affidato il ruolo di giudice insieme a Joe Bastianich, Bruno Barbieri e, da quest' anno, Antonino Cannavacciuolo, non è sempre stato un sex symbol. Da giovane voleva iscriversi al seminario, ma non aveva i soldi. «Ero tontolone, sfigato», diceva di se stesso. Nelle foto di dieci anni fa, in effetti, non era molto attraente. Ma grazie alla sua seconda moglie, una pierre romagnola parecchio sveglia, è cambiato tutto.

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Sua moglie dice che prima di conoscerla lei non era così bello.

«Mi facevo la barba tutti i giorni, ero perfettamente rasato. Otto anni fa, in montagna, mi disse di provare a farla crescere. A lei piaceva di più e anche a me».

 

Quindi l'ha trasformata in un sex symbol.

«Questa è una cosa che vedono gli altri, noi no. La gente immagina, idealizza. Sono opinioni che rispetto, ma non era nei nostri obbiettivi».

 

Cosa cucina durante la feste?

«Non cucino. Andiamo a Dubai. Come tutti ormai sanno, MasterChef è registrato».

 

Già. Senta, lo scorso anno Striscia la notizia ha rivelato il nome del vincitore prima della finale e ha svelato che Stefano Callegaro è un cuoco professionista, cosa vietata. Quei servizio hanno danneggiato il programma?

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«Danneggiato? Ma se abbiamo fatto il record. Non direi. Se Stefano Callegaro è un cuoco professionista è un problema suo o al massimo della produzione. Se qualcuno non è stato corretto pagherà. Per quello che mi riguarda, come giudice, ha vinto il migliore, cioè lui».

 

Com'è questa edizione?

«È arrivato Antonino Cannavacciuolo, una presenza "di peso". Ci sono tanti giovani, persone diciamo più predisposte, il livello è alto, c'è un bel clima».

 

Lei si è addolcito?

«Non serve, sono già dolce. Mi piace vedere, aiutare, trasmettere qualcosa, dare una opportunità».

 

È mai andato a cena a casa di qualche ex concorrente?

«Sono andato da Federico Ferrero, vincitore della terza edizione, eccezionale».

 

E i suoi amici la invitano a cena? O hanno paura delle sue reazioni?

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«Ma no. Certo, se inviti a cena uno chef, un po' di remore le hai. L' importante è che uno non vada nel panico e si inventi cose strane. Meglio qualcosa di semplice e buono, due spaghetti al pomodoro, una carne alla griglia fatta con amore e passione. A me basta mangiare bene».

 

Immagino.

«Per i piatti elaborati meglio andare al ristorante».

 

Cosa le dà fastidio a tavola? «Quando sento dire cose banali tipo: "Mi dia una grappa morbida". La grappa è sempre morbida. Oppure: "Ma la carne è tenera?"».

E cosa le fa piacere?

«Il massimo è quando il cliente dice: "Faccia lei". Ti dà carta bianca, fiducia. In questi casi sono solo io che posso sbagliare, non ho scuse, non si può dire che il cliente ha scelto male. E poi quando ti dicono "Questo sapore non lo avevo mai sentito", o "mai mangiato un broccolo così", fai vedere un cibo con occhi diversi, è gratificante».

 

CARLO CRACCO E LO SPOT DELLE PATATINE CARLO CRACCO E LO SPOT DELLE PATATINE

Ha mai avuto l'ansia per l'arrivo degli ispettori (rigorosamente in incognito) della Guida Michelin?

«Nel nostro lavoro è normale l' ansia, o la delusione per i risultati disattesi. La Guida Michelin è la più importante, esiste dal 1900, rappresenta tutto il mondo. Sì, una volta mi ero accorto che erano arrivati al ristorante, ma devi essere presente, avere la mente lucida, lavorare bene, ma come se ci fosse in sala la normale clientela. Non cambiare».

 

Perché tra i cuochi ci sono più uomini stellati di donne stellate?

«Non lo so. Potrei dire che in Italia siamo avanti, perché ci sono tante chef stellate. E che non è detto che se non hai stelle non sei brava. Oppure rispondere che il maschio è più scemo, gli piace fare il fenomeno, buttarla in competizione, la donna è più precisa e metodica. Il discorso è più complesso: ci sono più pittori uomini, più artisti uomini, in generale. Tra le mie preferite c'è Cristina Bowerman».

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E sua moglie? Da quando state insieme ha iniziato a cucinare o siamo sempre a livello zero, come dice scherzando Rosa?

«Sempre zero. Non serve, ognuno fa la cosa che gli riesce meglio, l' importante è trovarsi. Rosa è decisa, ti fa correre, è la donna ideale».

 

È vero che ai suoi bambini, quando avevano sei mesi, dava da mangiare il piccione e il salame?

«E che problema c'è? È una cosa buona. Faccio assaggiare anche lo zenzero, la curcuma, il melograno, piccoli assaggi, mica quintalate. Certo, a volte fanno certe facce. Ma bisogna educare ad essere curiosi. In casa nostra è tradizione svezzare tutti al sesto mese con la carne di piccione. È carne rossa ma magra, la migliore per i bambini. La cosa più importante, in cucina, è annusare».

 

CARLO CRACCO CARLO CRACCO

Ci dica un suo pregio e un suo difetto.

«Sono umile. Come difetto, spesso e volentieri tendo più a isolarmi che ad aprirmi».

 

E un difetto come chef.

«Tantissimi, ma non voglio prestare il fianco alla concorrenza. Pretendo sempre tanto, troppo, dalle persone che lavorano con me. A volte bisognerebbe rallentare, ma non lo capisco. Quando lavori ad alti livelli emerge la parte granitica del tuo carattere, però un po' sono migliorato».

 

Massì. Pensavo peggio, prima dell'intervista.

«Ha visto?».

 

Perché la cucina è tanto importante per gli italiani?

«Perché è come il calcio: tutti diventano allenatori. E poi la cucina è una forma di amore: è fare qualcosa per gli altri».

 

La tv cos’è per lei?

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«Un hobby. Mi piace e mi diverte, ma non la farò per sempre. Smetterò quando non mi divertirà più».

 

Cosa guarda?

«Ne guardo poca, ma un po' di tutto. Mi piacciono i film, Sky Arte è molto bella. Gambero Rosso? Una volta era innovativo, ora non più. Dei programmi culinari guardo soprattutto quelli stranieri».

 

Secondo Aldo Grasso, critico tv del Corriere, in tv c' è troppa cucina.

«Che spegnesse la tv allora, è un problema suo».

 

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