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Maurizio Crosetti per "la Repubblica"
Quando Alessandro Del Piero si è alzato dalla panchina al minuto numero 91 di Napoli-Juventus, più di un tifoso bianconero è rimasto un po´ così. Perché, al netto di una memorabile prova di squadra e di un´eccellente, solidissima gestione dell´allenatore Conte, non è vero che i giocatori sono tutti uguali. Se c´è da perdere qualche secondo di tempo, nell´attesa che il medesimo scada, forse questo compito non può essere chiesto a chiunque nello stesso modo.
Tra le riserve a disposizione, in quel momento c´erano Krasic, Giaccherini e appunto Del Piero. Senza offesa per gli altri due, è stato un po´ malinconico vedere il capitano, alla sua presenza numero 700, una cifra colossale, utilizzato come l´ultimo dei ragazzini, nella veste non di fuoriclasse ma di pausa del cronometro. Non sarebbe stato più rispettoso, e forse produttivo, mandarlo in campo a un quarto d´ora dalla fine, perlomeno? E non per elemosina: non stiamo mica parlando di un ex. Oppure, meglio nulla, come sabato sera contro la Lazio.
Nella sua lunga, ineguagliabile carriera, Del Piero ha dovuto anche masticare amaro: Capello, con le sostituzioni in serie, l´aveva umiliato ma lui niente, sempre zitto e pronto. Ora, però, 143 minuti di campionato in 11 partite sono una cifra quasi inaccettabile: che poi Del Piero l´accetti dimostra, ancora una volta, che la vera classe non si esprime solo in area di rigore, ma nella vita.
Perché un capitano pensa prima di tutto alla sua squadra, e la Juve sta funzionando a meraviglia, vietato disturbare. Disponibilità totale. Però, non tutto quadra. Non quadrano le parole improvvide di Andrea Agnelli, sull´ultima famosa annata di Del Piero alla Juventus. Guarda caso, dopo quell´esternazione, il capitano è stato usato dall´allenatore come se servisse sempre meno, quasi niente. E questo non si fa. Una vita in bianconero, più tre minuti, meritano maggiore rispetto.
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