“CHIARA, TI RICORDI QUANDO HAI AMMESSO A FEDEZ CHE TI SEI SCOPATA ACHILLE LAURO?” - IL “PUPARO” DEL…
1. LA LETTERA DI GIAMPIERO MUGHINI AD ALDO CAZZULLO: "DEL TUO LIBRO NON CAMBIEREI UNA VIRGOLA, MA VA RACCONTATA LA STORIA DI CHI COMBATTÉ PER SALÒ"
2. LA RISPOSTA DI CAZZULLO: "OGNI GENERAZIONE HA LA SUA GUERRA. QUELLA DI OGGI DEVE CONOSCERE LE STORIE DI COETANEI CHE POCHI ANNI FA DAVANO LA VITA PER L'ITALIA"
Lettera di Aldo Cazzullo a Dagospia
Caro Dago,
aldo cazzullo possa il mio sangue servire
ti chiedo ospitalità per rispondere a Giampiero Mughini, perché una lettera così intensa non può restare senza risposta. Non ho problemi, caro Giampiero, a riconoscere che la guerra di liberazione – termine cui sono affezionato – sia stata anche una guerra civile. L’ha riconosciuto Claudio Pavone, che quella guerra combatté, dalla parte giusta; non vedo perché non dovremmo farlo noi oggi.
C’erano italiani contro italiani. Un’intera generazione pagò il prezzo della dittatura e della guerra. E sarebbe ingeneroso gettare il marchio dell’infamia su tutti coloro che fecero la scelta sbagliata. E’ giusto ricordare che a Salò andarono in moltissimi. E non erano tutti criminali sadici come quelli che torturarono per una settimana Anna Maria Enriques Agnoletti, che forniva documenti falsi agli ebrei e ad altri perseguitati (purtroppo erano torturatori italiani, e non nazi).
Sono d’accordo con te quando scrivi che della guerra di liberazione, o guerra civile che dir si voglia, è stato fatto un uso improprio, in particolare negli Anni Settanta. Se ancora oggi la Resistenza è considerata una cosa solo “di sinistra”, è anche per il mito della “Resistenza tradita”, e per l’uso strumentale e inaccettabile che ne fecero estremisti rossi: pensa al racconto di Alberto Franceschini, che si fa dare le prime rivoltelle delle Br da vecchi partigiani dell’Appennino reggiano.
Per troppo tempo si è parlato troppo poco della Resistenza cattolica e monarchica, delle suore e dei carabinieri, dei sacerdoti e dei militari: in particolare degli oltre 600 mila soldati che preferirono restare nei lager nazisti a patire fame e stenti, piuttosto che andare a Salò a combattere altri italiani. Giovanni Guareschi era uno di loro. Ma ormai si parla poco anche dei comunisti eroici, come Dante Di Nanni, che giustamente ricordi: operaio pugliese emigrato a Torino, che tiene in scacco un reparto di fascisti e nazisti e quando ha esaurito le munizioni saluta con il pugno chiuso e grida “Viva l’Italia”, prima di gettarsi nel vuoto.
Oggi la vera avversaria della Resistenza non è tanto la nostalgia fascista, che pure ha i suoi epigoni (basta leggere le scritte sui muri della capitale); non è neppure la storia delle vendette seguite al 25 aprile, che ci sono state, e vanno raccontate anche quelle. La vera avversaria è l’indifferenza. L’altro giorno parlavo di “Possa il mio sangue servire” davanti a 300 studenti dei licei di Cuneo, città medaglia d’oro della Resistenza: ragazzi beneducati, attenti, commossi; a nominare le Fosse Ardeatine, però, vedevo volti interrogativi. Ho chiesto che alzasse la mano chi sapeva cosa fosse accaduto alle Ardeatine. Non se n’è alzata nessuna.
Per questo dissento da te, quando scrivi che nulla di quel tempo remotissimo può essere giocato nel presente. Non è solo questione di memoria da salvare. E’ che ogni generazione ha la sua guerra da combattere. I nostri nonni vinsero la Grande Guerra, lo spaventoso massacro in cui venivano gettati cent’anni fa, in questi stessi giorni. I nostri padri vinsero la guerra di liberazione.
Oggi a noi e ai nostri giovani tocca la guerra contro la crisi, la rassegnazione, il degrado morale del nostro Paese (se vuoi, anche contro l’incertezza dell’Occidente nell’aspro confronto con l’Islam). E’ una guerra ancora tutta da vincere. Dobbiamo essere severi con il presente; ma anche trasmettere ai ragazzi le storie dei loro coetanei di poche generazioni fa, per cui l’Italia era una cosa seria, che valeva la vita. Neppure a te, Giampiero, è consentito abbandonarti alla sfiducia.
Sono certo che nella tua cantina custodisci ancora molte cose da dire, di cui abbiamo necessità, a maggior ragione quando sono critiche. Un caro saluto a te, ai lettori e a Dago, cui faccio i complimenti e gli auguri per i suoi primi quindici anni.
Aldo Cazzullo
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