
DAGOREPORT - DIRE CHE SERGIO MATTARELLA SIA IRRITATO, È UN EUFEMISMO. E QUESTA VOLTA NON È…
Valerio Cappelli per “Il Corriere della Sera”
Ultim’ora dal fronte dell’Opera di Roma: il teatro non chiude. «Penso proprio che andrà così», dice il neo assessore alla Cultura del Comune Giovanna Marinelli dopo l’ennesimo incontro con i sindacati. La Cgil si sfila dalla protesta e firma l’accordo con il vertice del teatro (che non fa nessuna concessione), unendosi a Cisl e Uil, le sigle già favorevoli che rappresentano quasi il 70% dei lavoratori. Il referendum indetto tra giovedì e venerdì sancirà la validità dell’accordo.
Cancellata dunque dall’ordine del giorno del cda in programma stamani la liquidazione coatta del teatro, si discute invece del bilancio preconsuntivo 2013, che chiude con un deficit di 12 milioni e 900 mila euro (mentre il debito accumulato è di 33 milioni). L’unico sindacato che rimane sulle barricate, arroccato sui privilegi del passato, è la Fials, che però ha tra i suoi iscritti una buona fetta dell’orchestra, prime parti incluse. Ma tutte le altre componenti di questa drammatica crisi dicono che non hanno la possibilità di scioperare stasera per la quarta recita di La Bohème . Mancherebbero, tra l’altro, le 48 ore di annuncio previste dagli accordi interni del teatro.
teatro dell opera di roma protesta al nabucco del 2011
La Cgil ha cambiato strategia dopo che si è trovata isolata, senza alcuna sponda politica (né dal partito di riferimento, il Pd, tantomeno dal ministero, dal Comune e dalla Regione). E poi non è riuscita a indire (con gli autonomi della Fials) il referendum abrogativo contro il piano di risanamento del teatro, che era stato siglato insieme con Cisl e Uil e che apre le porte al rifinanziamento dello Stato, indispensabile per non chiudere il teatro. Infine in un momento in cui a tutti i settori dello Stato viene chiesto di tirare la cinghia, l’indifendibilità degli orchestrali, con il caso clamoroso svelato dal Corriere del primo violino che negli ultimi sei mesi ha lavorato appena 62 giorni.
L’accordo prevede la necessità di definire entro il 30 settembre la pianta organica (non si scappa dalle 461 unità, non è possibile ripristinare le 631 del passato senza indebitarsi di nuovo); il Comune riconosce l’alto valore dell’Opera e si impegna a «creare le condizioni affinché il futuro sia adeguato a questo ruolo». Il piano di risanamento prescrive: aumento della produttività e della biglietteria, riduzione di costi per dieci milioni (tutti obiettivi che si stanno già perseguendo), aumento delle risorse (tutte da trovare) dei privati.
Nel budget dell’Opera (56 milioni) vanno conteggiati: 16 milioni e 500 mila dal Comune (caso unico, Napoli dà 1 milione al San Carlo); 21 milioni dal Fus dello Stato, il 10 per cento viene dalla legge speciale del 2000 per Milano e Roma, ma Palermo prende 15 milioni, Firenze 14, Napoli 12, Genova 10, Bari 7. Infine i 2 milioni 550 mila dalla Regione Lazio. A essere stati calpestati, in questa vicenda, sono i diritti dei cittadini-spettatori, veri «sostenitori» e proprietari dell’Opera di Roma.
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