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Leonetta Bentivoglio per La Repubblica
Per Marina Cicogna l'amore è uno stato di libertà profonda e consapevole, estraneo a intimidazioni sancite da caselle di genere sessuale. Dice che tale libertà significa "semplicemente" immettersi nel flusso del vivere e nel piacere del condividere, senza ragionarci sopra né rivendicare identità trasgressive: «Ho sempre vissuto così come mi sentivo, senza pormi né farmi porre problemi. Non amo i ghetti, ma neppure gli esibizionismi. Ciascuno, nel privato, deve compiere le proprie scelte con discrezione ed eleganza. Ho passato più di vent'anni con Florinda Bolkan ed eravamo invitate ovunque, da casa Agnelli alla reggia d'Inghilterra».
Chissà se la "contessa del cinema", dominatrice del jet set nei favolosi Sixties (ai quali ha dedicato qualche anno fa un'intensa mostra fotografica, il cui catalogo è un libro intitolato
Scritti e scatti), si rende conto che non per tutti valgono gli stessi privilegi: la sua determinazione aristocratica le ha regalato un piglio che riflette l'implicita certezza di poter entrare da sovrana in ogni ambiente.
Marina è la nipote di Giuseppe Volpi di Misurata, inventore nel 1932 della Mostra del Cinema di Venezia e amico di tre generazioni di grandi produttori americani, ed è la figlia di Cesare Cicogna, che produsse Ladri di biciclette e portò in Italia film come La vita è meravigliosa di Frank Capra. Ha lavorato tanto e con successo come produttrice cinematografica. Figurano nel suo curriculum film quali Metti una sera a cena, Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, C'era una volta il West e Teorema, ed è stata l'importatrice di capolavori come Bella di giorno e L'uomo del banco dei pegni.
Oggi è una donna bella e a proprio agio nei suoi settanta e passa. L'età non ha aggredito il suo fisico scattante, allenato dal tennis e dallo sci: «La felicità è sciare all'alba su una pista appena battuta». Il viso reca i segni giusti. Non ha sorrisi, ma sembra più riflessiva che arrabbiata. Esprime un fascino massimamente chic, senza essere supponente. à gentile ma vagamente sospettosa.
Per un'intervista sull'amore serve una piccola cautela. Riguardo all'educazione familiare, racconta che subì una disciplina feroce: «A casa mia si viveva tra gli agi, però gli obiettivi imposti erano assoluti. Bisognava prendere tutti dieci a scuola, il che mi riusciva bene. Andavo al liceo Parini di Milano, ed ero ordinatissima e rigorosa. Mai stata una ribelle».
Non era una passionale?
«In amore, certo, lo sono sempre stata. Ma non mi piace perdere il controllo delle situazioni. Per questo detesto prendere l'aereo. Credo di poter contare su un minimo di cervello grazie al fatto che mia madre ha voluto sempre mandarmi in ottime scuole pubbliche, e anche grazie a una buona genetica: ho avuto una bisnonna ebrea polacca. Questo mi ha reso un po' più intelligente di quel che sarebbe potuto capitare a una ragazza nata in una rarefatta e nobile famiglia milanese ».
I suoi genitori le insegnarono qualcosa sull'amore?
«Niente. Ma c'erano regole da seguire. Esempio: mio fratello Bino stava con una donna che aspettava un figlio da lui, e mio padre pretese che la sposasse in chiesa. Poi, però, non si fece vedere al matrimonio. Tipico di certa aristocrazia lombarda: vigono norme come l'andare a messa di domenica, ma poi, nella sostanza...».
Sua mamma non volle un marito per lei?
«Le piacevano gli uomini colti, solo quelli. La ricchezza non era un dato rilevante. Da ragazzina ebbi una storia con Uberto Visconti, figlio del duca Marcello, e secondo mia madre non era abbastanza intellettuale per me. Lei amava l'arte e la lettura, e io l'adoravo. Ma fino a un certo punto. Poi accadde qualcosa».
Quando?
«Alla morte di mio fratello Bino: nel '74 si suicidò in Brasile per affari di famiglia andati male. M'infuriai per come lo avevano trattato i miei. Bino, nella disgrazia, non era stato sostenuto dalla famiglia, e per me fu un grande choc».
Come reagirono i suoi genitori quando scoprirono le scelte che lei ha fatto nella sua vita privata?
«Chiariamo una cosa. Io non ho mai definito una persona omosessuale o no. Ci sono donne che sembrano uomini fin dalla nascita, e maschi con tratti femminili accentuati. Ma se non nasci con certe stigmate, l'amore dipende dagli incontri. Tanto è vero che ho avuto anche amori con uomini stupendi».
Chi per esempio?
«Alain Delon. Quando seppi che si era separato da Romy Schneider decisi di conquistarlo. Ho avuto anche una storiella buffa con Warren Beatty».
Quanto reggono le sue relazioni con i maschi?
«Mai più di un anno».
E con le donne?
«Tanto di più. Ora, da venticinque anni, vivo con Benedetta tra Modena e Roma. Benedetta è diventata mia figlia, l'ho adottata per garantire il suo futuro. La conobbi quando il mio legame con Florinda stava finendo».
Come andò con la Bolkan? Per noi spettatori fu un magnifico e inedito romanzo. Tra Roma, Hollywood e il Brasile, il grande cinema scorreva intrecciato alla passione che univa due ragazze libere e bellissime. E lei, Marina, diventò un simbolo.
«Forse ho infranto un tabù: quello dell'amore fra donne vissuto alla luce del sole. Ma senza dare scandalo né lanciarmi in confessioni inutili. All'inizio eravamo entrambe molto giovani e ognuna aveva le sue storie. Poi, via via, Florinda diventò la mia famiglia. Dopo tanti anni fu lei ad andarsene, io non l'avrei mai fatto. Certe persone, col tempo, si trasformano nel tuo riferimento affettivo, come lo è adesso per me Benedetta».
Perché Florinda si allontanò?
«Lei è inesplicabile, indisciplinabile e selvaggia come lo sono spesso i brasiliani. Intorno ai cinquant'anni, come succede spesso alle attrici, divenne sempre più problematica. Soffriva d'insicurezze e pativa il mio sostegno. Quando sto con qualcuno tendo a farmene carico. Voglio sentirmi indispensabile».
La coppia è necessaria?
«Certo. Non riesco a immaginare un'esistenza in solitudine. Ci vuole una persona fissa a cui voler bene. Inoltre cambiare partner, dopo una certa età , è faticoso e anche noioso. Di solito le unioni, se reggono nel tempo, diventano felici in vecchiaia. Ho visto vari casi così. Gianni Agnelli e Marella alla fine si adoravano. Come Paola di Liegi e il re del Belgio. Si litiga, ci si tradisce, ma poi la tenerezza, l'abitudine e le esperienze condivise prendono il sopravvento. I sentimenti si costruiscono».
Crede nella fedeltà ?
«Non è facile, soprattutto da giovani. Mi è capitato di avere delle corna e di sopportarle. Florinda scappò un attimo con Ryan O' Neal. Ma che importa il tradimento fisico, se quella è davvero la tua persona? ».
Quanto conta la bellezza nell'amore?
«Molto, secondo me».
Auspica il matrimonio tra omosessuali?
«No, è un controsenso: ci si sposa per creare una famiglia. Però, a chi ha vissuto per una vita accanto a te, spettano gli stessi diritti che ha un parente, e se non succede è molto ingiusto».
Il matrimonio tra eterosessuali la convince di più?
«Oggi non molto, confesso. Andiamo verso un mondo in cui il relazionarsi uomo-donna diventa sempre più difficile. Agli uomini piace stare con gli uomini e alle donne con le donne. All'interno dei due gruppi c'è più comunicazione e compatibilità . Le donne sono cambiate in fretta e non hanno più voglia di piegarsi al maschio. E gli uomini le temono e non le capiscono».
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