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LA BERLINO DEI GIUSTI - AMORE, IDENTITÀ, MEMORIA SONO AL CENTRO DEL RACCONTO DI MEDICIN-FICTION MESSO IN SCENA DA PIERO MESSINA NEL SUO SECONDO FILM, “ANOTHER END” - AMBIENTATO IN UNA MEGALOPOLI NON MEGLIO IDENTIFICATA, RECITATO DA UN TRIO DI ATTORI FAVOLOSI DOVE BRILLA PARTICOLARMENTE LA PRESENZA DI RENATE REINSVE, È UN BUON FILM DA FESTIVAL CON QUALCHE AMBIZIONE E QUALCHE ECCESSO DI RICERCA VISIVA DI TROPPO...
Marco Giusti per Dagospia
Amore, identità, memoria sono al centro del racconto di medicin-fiction, genere davvero particolare, messo in scena da Piero Messina nel suo secondo film, “Another End”, presentato oggi in concorso a Berlino, scritto assieme a Giacomo Bendotti e Valentina Gaddi, arrivato con ben sette anni di distanza rispetto alla sua opera prima, “L’attesa”, costruito su temi pirandelliani in fondo non dissimili da quelli che ritroviamo qui.
In mezzo ai due film Messina ha diretto episodi sparsi di “Suburra” e “L’Ora – L’inchiostro di Palermo”. Ma non perde, oltre alla tematica pirandelliana, né l’ambizione né la costruzione visiva tra videoclip e videoarte, che già avevamo notato nella sua opera prima. Come nel vecchio e magnifico “Je t’aime, je t’aime” di Alain Resnais, tratto da un racconto di medicin-fiction di Jacques Sternberg, o come nel più recente “Swan Song”, la medicina può aiutare un personaggio, in questo caso il Sal di Gael Garcia Bernal, a rivivere il suo amore perduto. Solo che, una volta, aperto il vaso di Pandora della memoria e dell’amore, non è facile richiuderlo e dire addio per sempre alla persona amata.
Così Sal, grazie al progetto medico della sorella Ebe, Bérénice Bejo, alla guida di una struttura ospedaliera in grado di trasferire la memoria dei morti nei vivi, chiamati “i sospesi”, non solo “vede” la memoria della amata moglie Zoe, morta in un incidente stradale, e la materializza in un’altra ragazza, la favolosa Renate Reinsve che abbiamo già visto in “La persona peggiore del mondo”, ma decide di andare oltre l’offerta della scienza, l’ordine da Orfeo alla ricerca della sua Euridice "Take this time to spend it well with her."
E quindi sconfina nel tempo che gli era stato dato alla ricerca della nuova Zoe in quella che pensa sia la vita reale entrando in un labirinto di identità più complesso del previsto. Dove non è chiara l’identità di nessuno. Ambientato in una megalopoli non meglio identificata, recitato sia in spagnolo che in inglese da un trio di attori favolosi dove brilla particolarmente la presenza di Renate Reinsve, è un buon film da festival con qualche ambizione e qualche eccesso di ricerca visiva di troppo, quando il “Je t’aime, je t’aime” di Resnais operava proprio in senso inverso, togliendo artisticità all’operazione già molto ardita narrativamente. Ma gli sguardi dei bravissimi protagonisti ci rassicurano quel che basta della bontà dell’operazione e ci possono far credere quasi qualsiasi cosa. In sala in Italia dal 21 marzo.
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