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Marco Giusti per Dagospia
“L'amore ci sarà. Hai due possibilità. Se scegli quella giusta male non va”. E’ quello che dice l’enorme santona di Maria Luisa Santella (ve la ricordate?) a Giovanna Mezzogiorno che non sa più che vita sta vivendo tra misteri del passato e misteri del presente in una Napoli meravigliosa e sensuale tutta capovolta al femminile.
Perché la grande chiave per capire questo film, Napoli velata di Ferzan Ozpetek, più complesso di quello che appare, più mélo rosselliniano che puro giallo o ghost story, ci dice il regista è proprio nella femminilità di tutti i protagonisti. A parte il morto, ovviamente, Alessandro Borghi, che scatena l’amore e forse la follia di Giovanna Mezzogiorno che, da dottoressa, vive da sempre circondata da morti e da vivi come fossero la stessa cosa.
Ma questa passione e il corpo nudo di Borghi esibiti in una grande scena di sesso iniziale con la Mezzogiorno, seguiti dalla sua misteriosa scomparsa, mentre lei lo aspetta nella sala segreta del Museo Archeologico di Napoli, e poi dal ritrovamento del suo corpo morto e sfigurato proprio mentre lei gli fa l’autopsia e finisce col riconoscerlo, scateneranno altri misteri e altre follie. Perché lei è rimasta sconvolta dal corpo del suo amante occasionale e torna a rivederlo e a ripensarlo continuamente.
Alle prese con una Napoli bellissima e eterna fotografata da Gian Filippo Corticelli e musicata da Pasquale Catalano, Ozpetek e i suoi sceneggiatori Gianni Romoli e Velia Santella, ripercorrono luoghi e situazioni da Viaggio in Italia di Roberto Rossellini (sempre lì si torna…) giocando su strade, palazzi, vicoli, rivelando la sensualità di una scala o quelle delle sculture romane.
Anche se nella seconda parte del film qualcosa si perde o non ci viene perfettamente raccontato, tutta la parte iniziale che ci trascina nel labirinto delle passioni e dei desideri della protagonista all’interno di una Napoli popolata di femmine, mentre la virilità maschile funziona da detonatore della passione è molto affascinante e pone il film tra i migliori e più riusciti di Ozpetek.
Perché qui non ha bisogno di ricorrere alla commedia, alla costruzione della storia. Mette insieme delle emozioni e dei desideri in maniera molto libera, facendo della protagonista, Giovanna Mezzogiorno, una specie di eroina che, come noi, cerca di capire quale sia la realtà non riuscendo però a uscire dai propri sentimenti.
Un po’ come Ingrid Bergman in Viaggio in Italia, che rimane sconvolta dalla sensualità e dal mistero di un corpo maschile ormai scomparso. E la luce, le strade di Napoli, le grandi sculture, non sono scenografia, ma esplosioni della sua passione e della sua sessualità tutta al femminile.
Film tutto giocato sugli occhi di Giovanna Mezzogiorno e su quelli di Alessandro Borghi oltre che, ovviamente, sui loro corpi, si permette anche di costruire dei loro doppi nel passato e nel presente in una sorta di moltiplicazione di William Wilson di Poe o, se volete, di Operazione paura di Mario Bava, o di gettare delle trame narrative che poi non vengono, volutamente, sfruttate fino in fondo.
Grande cast femminile secondario, con Luisa Ranieri, Anna Bonaiuto, Lina Sastri e Isabella Ferrari forti e ambigue, ma anche con apparizioni di miti napoletani come Angela Pagano e Maria Luisa Santella, per non parlare di un favoloso Peppe Barra che ruotano attorno a Giovanna Mezzogiorno e al suo amore Alessandro Borghi, perfetti. In sala dal 28 dicembre. Finalmente un buon film italiano natalizio.
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