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Marco Giusti per Dagospia
ELLE FANNING E TIMOTHEE CHALAMET CHE INTERPRETA BOB DYLAN - A COMPLETE UNKNOWN
Quando sento cantare I miei eroi, o li vedo rappresentati al cinema, che siano Woody Guthrie, Pete Seeger, il giovane Bob Dylan dei primi anni ’60, ma anche Dave Van Ronk, mi emoziono sempre.
Al di là di come sono i film, ahimé. E degli errori e delle semplificazioni che un regista o uno sceneggiatore debba fare per chiudere dentro due ore tutta una vita o quasi.
E quindi, visto che mi emoziono al punto da trattenere le lacrime perfino sui titoli di testa quando sento “So Long, It’s Been Good To Know You” di Woody Guthrie, non sono forse il miglior critico di questo biopic, “A Complete Unknown" diretto da James Mangold, già regista del biopic strepitoso su Johnny Cash, che lo ha scritto assieme a Jay Cocks, già critico, poi sceneggiatore dei progetti più complessi di Martin Scorsese (“L’età dell’innocenza”, “Silence”, Gangs”), ma fortemente voluto e controllato dallo stesso Bob Dylan, anche produttore esecutivo del film.
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E’ evidente che “A Complete Unknown” non ha l’eleganza, l’intelligenza, la complessità di due progetti fondamentali sullo stesso tema, “I’m Not There" di Todd Haynes, che scompone il personaggio Dylan in tante parti con tanti attori diversi, e “Inside Llewyn Davis” dei Coen, che, pur parlando di un cantautore folk alla Dave Van Ronk, gira attorno a Dylan, per dimostrarne la sua grandezza proprio nel periodo del suo esordio al Gaslight e al Folk City. E che differenza poteva esserci tra l'artista di talento e lo studioso.
timothee chalamet a complete unknown
No. E’ un biopic tradizionale, con una New York e un mondo musicale benissimo ricostruiti, con degli interpreti favolosi, a cominciare dal Dylan di Timothée Chalamet, dal Pete Seeger di Edward Norton, alla Joan Baez di Monica Barbaro, alla Suzie Rotolo di Elle Fanning al Woody di Scott McNairy, al Johnny Cash pippatissimo di Boyd Holbrook, e tutti in grado di cantare benissimo. Cosa che ne fa un oggetto prezioso, come fu la colonna sonora di “Inside Llewyn Davis”.
Semplifica molto, è vero. Taglia o presenta di sfuggita personaggi fondamentali, a cominciare da quello di Dave Van Ronk, che fece ascoltare tutti i suoi dischi al giovane Dylan, o Alan Lomax, ridotto un po’ a macchietta, elimina del tutto quelli, importanti, di Richard Farina e di Mimi Farina, la sorella di Joan Baez.
BOB DYLAN AL Newport Folk Festival CON LA CHITARRA ELETTRICA
La morte in moto di Richard Farina, al tempo miglior amico di Dylan, anticipa di pochissimo il terribile e analogo incidente di Dylan in moto, come se tra droghe e eccessi, i due cercassero una morte clamorosa che fermasse la loro corsa verso il vuoto e il loro furor di vivere alla James Dean.
E, comunque, il film si ferma proprio un attimo prima della corsa in moto che spedirà Dylan quasi all’altro mondo.
Per tutto il film, essendo un fan di quella musica e di quel periodo, avendo conosciuto sia Dave Van Ronk che Alan Lomax, capivo che Jay Cocks e James Mangold avevano forse in testa qualcosa di diverso e per questo riempiono il film di accenni e indicazioni a cose non dette o poco dette (ci sono anche Sonny Terry e BRownie McGhee!), perché la sostanza del biopic va da un’altra parte.
BOB DYLAN AL Newport Folk Festival CON LA CHITARRA ELETTRICA
Credo che Dylan stesso volesse raccontare questa parte della sua vita, l’unica davvero eroica, come un santino ufficiale dove lui, toccato solo visivamente dall’eccesso di droghe (vedete mai l’eroina? vedete la cocaina, acidi e Lsd? solo qualche spinello).
Rimane l’oggetto misterioso, il completo sconosciuto che tutti sappiamo, che si polverizza umanamente col successo esplosivo del tempo, ma viene benedetto in egual misura dalle figure paterne di Woody Guthrie in ospedale, malato di Huntington Disease, e di Pete Seeger, che si erge qui con una statura morale che raramente Hollywood ha voluto riconoscergli, e dalle figure femminili che più ha amato e che più lo hanno amato, Suze Rotolo, qui ribattezzata Sylvie, che lo costruisce culturalmente e politicamente, e Joan Baez, che lo lancia nel mondo dello spettacolo e della controcultura americana.
Oltre alla paternità dei maestri, oltre all’amore delle ragazze, il film si gioca tutto sulla grande storia che ci tormenta da quando eravamo sui banchi di scuola. Il suo “going electric”, che era poi il primo titolo del film quando era in lavorazione. Cioè il tradimento/non tradimento che Dylan fa della cultura folk e della musica folk a Newport quando si presenta con il suo gruppo elettrico e suona “Maggie’s Farm”.
Storia che abbiamo sentito e riletto mille volte e che qui prende forse fin troppo tempo. Ma è quello che tutti i fan di Dylan e di Pete Seeger vogliono sentire.
Qui, più che un tradimento, ci sembra che si metta in scena il tentativo di liberarsi della scena folk che lo aveva costruito come super-eroe della sua generazione. Hai vinto, gli dice Joan Baez, che non uscirà mai dal mondo del folk e dai limiti che aveva rispetto al rock.
Ma la figura di Pete Seeger e la benedizione di Woody, e qui non sappiamo davvero la verità rispetto a quel che accadde a Newport perché troppe sono le versioni, ci indicano quel che in fondo è la principale tesi del film.
Bob Dylan non era solo un musicista folk, non era Dave Van Ronk, non era un bluesman, era una rockstar e doveva aprirsi musicalmente “going electric”.
Era necessario per sopravvivere. In fondo lo sapeva anche Pete Seeger, che negli anni ha sempre detto che per lui andava bene la svolta di Bob. Aveva da dire solo sul volume degli strumenti elettrici.
E’ col tradimento che Dylan trova se stesso? Onestamente è oltre mezzo secolo, complice anche il suo geniale personaggio di “Pat Garrett e Billy The Kid” di Sam Peckinpah, chiamato solo Alias, che lo stesso Dylan gioca sui suoi tradimenti per salvarsi dal successo e dalle etichette e dalle responsabilità.
TIMOTHEE CHALAMET INTERPRETA BOB DYLAN - A COMPLETE UNKNOWN
Ci sembrano più interessanti i tentativi che il film e quindi lo stesso Dylan fanno per ricostruirsi una verginità grazie alle figure paterne di Pete e Woody. Specialmente oggi, con il ritorno del puzzone Trump. Una società che ha combattuto la segregazione, che ha digerito gli omicidi di Kennedy, Malcolm X, Martin Luther King, saprà anche come disfarsi di Musk e Trump, che dite?
Ma credo che Dylan, a 83 anni, senza volerci dire molto su droghe, eccessi, casini dovuti al successo e al processo creativo da artista, voglia ritornare lì con Woody e Pete e costruirsi quella figurina magari falsa ma immortale che noi stessi vorremmo.
TIMOTHEE CHALAMET INTERPRETA BOB DYLAN - A COMPLETE UNKNOWN
E forse avremmo voluto vedere nel film anche il viaggio che fece tra Perugia e Roma alla ricerca di Suzie Rotolo che lo portò a cantare al Folkstudio di Harold Bradley.
Ma tutte le canzoni che sentiamo, e sono davvero tantissime, sono ancora bellissime e il lavoro che fanno tutti gli attori e i musicisti è impressionante. Detto questo Dago ha ragione a dirmi che è un film che non racconta tutto, che se l’accomoda parecchio. Io me lo sono bevuto fino alla fine…
TIMOTHEE CHALAMET INTERPRETA BOB DYLAN - A COMPLETE UNKNOWN
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