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Marco Giusti per Dagospia
giancarlo scarchilli Pier Paolo Pasolini. Una visione nuova
L’idea di questo “Pier Paolo Pasolini: Una visione nuova”, nuovo documentario su Pasolini ideato e diretto da Giancarlo Scarchilli, già assistente e sceneggiatore di Sergio Citti, quindi uomo che ha vissuto dal di dentro anche il cinema di Citti e Pasolini degli anni ’70, è vederlo come un grande innovatore, perché già col suo primo film, “Accattone”, totalmente si rinnovò il cinema italiano e mondiale, come furono innovazioni i suoi articoli per il Corriere della Sera, che rovesciarono del tutto il punto di vista di molti sulla realtà del tempo.
Pier Paolo Pasolini. Una visione nuova
Innovazioni che cambiarono la vita di tanti giovani che ne seguirono non tanto il modello cinematografico, non era facile rifare Pasolini senza possedere quel tipo di profondo bagaglio culturale, ma l’apertura mentale e il punto di vista. E’ vero, come dice nel documentario Caterina D’Amico, per anni direttrice del Centro Sperimentale di Cinematografia, che tanti ragazzi di fronte ai capolavori italiani del passato si mostrano indifferenti o si addormentano proprio, tanto del nostro cinema è invecchiato o non ci interessa più, ma “Accattone” è ancora oggi uno shock per il giovane spettatore.
Perché è ancora “moderno”, immediato, ti apre la mente già solo con Bach, il bianco e nero di Tonino Delli Colli e il volto sotto il sole di Franco Citti. E’ un viaggio nella realtà, nella pietà dello sguardo di Pasolini per quella realtà, nella costruzione artistico-poetica che ti prende immediatamente alla gola. Non c’entra solo Pasolini, in realtà. E’ anche l’Italia del tempo. Un’Italia che ha prodotto “La dolce vita” di Fellini, alla quale Pasolini e lo stesso Citti hanno collaborato con storie, ambientazioni, Pasolini fece tutto il casting minore non lo scordiamo…
Pier Paolo Pasolini. Una visione nuova
E produrrà il cinema di Sergio Leone, che da “Il buono il brutto il cattivo” è fotografato da Tonino Delli Colli e, ovviamente musicato da Ennio Morricone, che lavorerà anche e tanto con Pasolini. Ma quel che ci trova perfettamente d’accordo con Scarchilli è la forza ancora intatta di “Accattone” di stordirci, di aprirci gli occhi già con poche inquadrature. Possibile che Fellini, che doveva essere il primo produttore, non se ne sia accorto?
Forse nella prima settimana di riprese con Fellini produttore, la Fede-riz, non aveva ancora dietro né l’occhio di Delli Colli né quello del produttore “intelligente” Alfredo Bini… Forse si fece condizionare, come ricordava il caro Moraldo Rossi, dalla terribile battuta del suo organizzatore, Clemente Fracassi, “Federico, che ci mettiamo a fare? La Froci’s Corporation?”, al punto di rompere, vigliaccamente da cattolico di provincia, con lo sceneggiatore e collaboratore che più stimava. Oggi però la forza innovativa di “Accattone” è così lampante da illuminarci subito.
Pier Paolo Pasolini. Una visione nuova
Ma Scarchilli riporta Pasolini a una visione e a un mondo totalmente italiani, grazie soprattutto a belle interviste a David Grieco, che ricorda il primo incontro con Citti che gli aggiusta una ruota della macchina mentre andava a insegnare, a Blasco Giurato, che ne sapeva davvero tante di storie del cinema italiano, e a lui, qui anche direttore della fotografia, il film è giustamente dedicato. Spuntano vecchi amici e collaboratori storici che non ci sono più, come Vincenzo Cerami, che fu suo allievo a scuola e assistente, lo stesso Sergio Citti, suo fratello Franco.
giancarlo scarchilli Pier Paolo Pasolini. Una visione nuova
Cosa sarebbe stato il cinema di Pasolini senza Sergio e “Accattone” senza Franco? E senza Nino Baragli, celebre montatore. Devo dire che questo riassunto dei grandi collaboratori del cinema di Pasolini, da Morricone a Delli Colli, da Baragli a Bertolucci, da Danilo Donati a Dante Ferretti, è una parte commovente che avrei voluto veder ancor più sviluppata.
Pier Paolo Pasolini. Una visione nuova
Perché il cinema di Pasolini, per quanto innovativo già alla prima visione, non sarebbe stato possibile in un momento diverso della storia italiana e della nostra creatività cinematografica. E ora, dopo il documentario su Pasolini, mi piacerebbe vederne uno di Scarchilli o di David Grieco sul loro maestro Sergio Citti. Perché se ci manca, oggi, un artista come Pasolini, ci mancano anche tutti quei piccoli maestri che lo hanno seguito e aiutato. In sala.
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