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Marco Giusti per Dagospia
"Miracolo a Le Havre" di Aki Kaurismaki. In sala dal 25 novembre.
Una buona notizia. Fra soliti idioti, vampiri innamorati, pinguini canterini e una marea di commedie italiane del tutto inutili, si segnala l'arrivo di "Le Havre", distribuito in Italia col titolo più zavattiniano di "Miracolo a Le Havre", piccolo capolavoro di perfezione e minimalismo stilistico politico del finlandese Aki Kaurismaki. Già presentato con successo in una Cannes troppo ricca di temi forti (la fine e la creazione del mondo, la decadenza della classe borghese del '900) e nel pieno dello scandalo Strauss-Kahn, "Le Havre" è quello che ci vuole alla vecchia Europa per non soffocare nel pessimismo e nel disastro economico e sociale ai quali ci hanno condotto i vari Sarkozy-Merkel-Berlusconi.
Marcel Marx (attenti al nome!), interpretato da un eccezionale vecchio attore francese, André Wilms, è uno scrittore che vive nelle vicinanze del porto di Le Havre assieme alla moglie malata Arletty, cioè Kati Outlinen, la musa degli ultimi film di Kaurismaki. Campa facendo il lustrascarpe e passa il suo tempo dividendosi fra il baretto frequentato dai vecchi amici di sempre e le visite al porto. Proprio al porto, incontra e porta a casa un ragazzino africano, Idrissa, che ha viaggiato chiuso in un container come tanti extracomunitari in fuga dal proprio paese.
"E' Londra", gli chiede. "No, Londra è dall'altra parte", gli risponde Marcel. Tutto il film seguirà , con toni tra Renoir e De Sica, i tentativi di Marcel per spedire il ragazzino a Londra, in una Francia, e in un'Europa, che da tempo hanno perso i valori della solidarietà . La solidarietà Marcel la troverà tra i suoi vecchi e scombinati amici, il nano rocker Little Bob, perfino il poliziotto interpretato da Jean-Pierre Darrousin.
Viene fuori il ritratto di un'Europa di sans papier più viva e fraterna di quello che potremmo pensare leggendo i giornali, dove i valori della vita vengono ristabiliti dalla pratica quotidiana più che dal potere economico. Secondo film francese di Kaurismaki, non è peròsolo un viaggio politico nell'Europa della crisi e dei potenti non illuminati, ai quali si contrappone appunto l'ottimismo dei disperati, è anche un viaggio in un cinema che non esiste più, dal Neorealismo ai personaggi di Renoir, dalla Nouvelle Vague di Truffaut (cammeo di Jean-Pierre Leaud) al piccolo cinema comico di Pierre Etaix, che fa una buffa apparizione come dottore della malata Arletty. Il miracolo è che esiste ancora un cinema così.
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