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Marco Giusti per Dagospia
Fermi tutti. Ma proprio nella più raffinata delle ultime commedie inglesi dovevamo trovare un omaggio a "Il mondo" di Jimmy Fontana? E' vero che Bill Nighy, guardando la foto di Jimmy Fontana, lo definisce "un italiano che sembra avere un gatto morto in testa", ma è anche vero che nella scena clou del film, cioè il matrimonio dei due protagonisti, quel che sentiamo è proprio "Il mondo". Anche solo per questo andrebbe subito visto questo delizioso Questione di tempo (About Time) scritto e diretto dal sofisticato Richard Curtis, celebre sceneggiatore di Quattro matrimoni e un funerale e Notting Hill, nonché regista dei curiosi Love Actually e I Love Radio Rock.
Il problema di Curtis è che è veramente uno sceneggiatore troppo bravo e casca nella trappola di quelli che si credono troppo bravi, cioè i viaggi nel tempo. Con la doppia trovata che li adatta a una delicata storia d'amore, tra il giovane Domhnall Gleeson, figlio del grosso Brendan Gleeson nella realtà e di Bill Nighy nella finzione, e l'americana Rachel McAdams, e detta per questi viaggi delle regole diverse dal solito. Così, proprio allo scoccare del ventunesimo anno d'età di Tim, cioè Gleeson, il padre, Bill Nighy, nella sua bella casa in Cornovaglia, spiega al figliolo il segreto dei maschi di famiglia. Possono viaggiare nel tempo.
Solo loro. E non ovunque e dove vogliono, ma solo nel loro passato, come se potessero andare a rewind nel film della loro vita e cambiare o rivivere gli eventi che l'hanno modificata. Per spostarsi nel tempo basterà trovare una stanza buiao un armadio, chiudere gli occhi e serrare le mani. Via! Logico che il giovane Tim se ne serva, all'inizio, per modificare il suo comportamento nell'abbordaggio delle belle ragazze, la bonissima Charlotte, Margot Robbie, amica della sorellina Kit Cat, Lydya Wilson, che passa le vacanze estive a casa loro e poi la deliziosa Mary, Rachel McAdams, che incontrerà quando si trasferirà per lavoro a Londra.
E' la parte più fresca e divertente del film, e anche quella più adatta al registro di Curtis. Perché è pura commedia, giocata sul fatto che Tim può sì tornare indietro nella sua storia e ricalibrare il suo comportamento alla luce del fatto che conosce il comportamento delle ragazze, ma alla fine fa sempre qualche pasticcio e si trova in situazione che non pensava, che noi viviamo con la sua stessa esperienza. Non solo è difficile giocare con questi elementi, ma è ancor più difficili renderli commedia senza appesantire il racconto. Curtis trova inoltre nei suoi due protagonisti due attori spontanei e eleganti di grande talento.
Il racconto si intorcina quando si va avanti nella storia della coppia Tim e Mary, cioè quando si sposano, decidono di avere un figlio e Tim deve affrontare il problema della sorella Kit Kat, depressa per un amore impossibile che non solo le sta rovinando la vita. Per cambiare gli eventi positivamente, Tim correrà il rischio di modificare la sua stessa vita, annullando così quello che di buono ha vissuto. Come si impasticcia il protagonista ci impasticciamo anche noi nel viaggio nel tempo e non sempre Curtis sa come uscirne senza ferite.
Così, nella terza parte del film, il regista fa la saggia scelta di limitare i viaggi nel tempo a quelli che mettono in luce, soprattutto, i rapporti fra Tim e il padre, che rendano così chiaro il senso filosofico e umano del film. Meno commedia e meno fantascientifico insomma. Non sempre, insomma, il film funziona e il meccanismo del viaggio nel tempo si rivela spesso un'arma a doppio taglio, al punto che un critico cattivo ha scritto che se avesse potuto tornare indietro nel tempo si sarebbe fatto dare indietro il biglietto, ma la grazia degli attori e la grande parte di commedia che c'è, funzionano benissimo. E il film ha tutte le caratteristiche per piacere molto anche al nostro pubblico. In sala dal 7 novembre.
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