shinya tsukamoto

IL CINEMA DEI GIUSTI - "SE MUOIO, PUOI MANGIARMI!" ECCO. ALLA MOSTRA ARRIVANO I CANNIBALI. MANCAVANO SOLO LORO, DOPO ANDREOTTI, RONDI, LEOPARDI, VEGANI, CRITICI, ZANZARE E PREMI INUTILI A CHIUNQUE

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Marco Giusti per Dagospia

 

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Venezia 71. "Se muoio, puoi mangiarmi!" Ecco. Alla Mostra arrivano i cannibali. Mancavano solo loro, dopo Andreotti, Rondi, Leopardi, vegani, critici, zanzare e premi inutili a chiunque.

 

Quanto a splatterume, corpi a pezzi, sangue a go-go, carne affettata non scherza questo remake firmato da Shinya Tsukamoto, venerato regista di "Tetsuo", del celebre "Nobi - Fuochi nella pianura", il film cannibalico diretto nei primi anni '60 da Kon Ichikawa tratto dal romanzo omonino di Shoeei Ooka.

 

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Qualsiasi vecchio cinephile si ricorda bene l'effetto che faceva il vecchio "Fuochi nella pianura" col suo soldatino sperduto nella giungla filippina che scopre con orrore che i suoi commilitoni si nutrono di carne umana. E il tono esaltato del tutto. Tsukamoto, ovviamente, ci va ancora piu' pesante, destruttura la narrazione di Ichikawa, rifacendosi piu' al romanzo e all'effetto splatter che li' arrivava in un crescendo, e si scatena subito nell'orrore.

 

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Rinuncia al bianco e nero d'epoca, che pure aveva effetti fantastici, e riporta le pattuglie dei soldati giapponesi, cenciosi, affamati e semizombeschi in una giungla coloratissima di giorno e illuminata di notte dall'arrivo di smitragliate di ogni tipo.

 

Il soldato Tamura, interpretato dallo stesso Tsukamoto, che da civile fa lo scrittore, si ritrova sballottato da un campo all'altro finendo presto in giro senza una vera meta in mezzo a una giungla dove il pericolo arriva da ogni parte, ma soprattutto dalla fame e dalla follia dei suoi commilitoni in cerca di cibo.

 

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"Mangia e' carne di scimmia", gli dice un amico. Non e' carne di scimmia, lo sappiamo tutti. Non c'e' possibilita' di rimanere innocenti e di poter tornare a casa intatti senza il ricordo di questo orrore. Costruito perfettamente, senza cioe' sbandamenti di sceneggiatura e di regia, non e' solo un viaggio nell'orrore della Seconda Guerra Mondiale o un confronto diretto con un grande classico del cinema giapponese, e' anche il primo film di Tsukamoto meno marginale del solito pur mantenendo il suo stile e la grande sperimentazione visiva. Tra i migliori film del concorso non trovera' certo in questa giuria grandi sponde per poter puntare a qualche premio. Ne meriterebbe parecchi.

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