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Marco Giusti per Dagospia
Un castello in Italia di Valeria Bruni Tedeschi
"I ricchi sono tutti pazzi e tirchi". Almeno Valeria Bruni Tedeschi quando parla di ricchi dal doppio nome, della loro pazzia, della loro malattia e quando parla degli attori, delle loro nevrosi e, soprattutto, degli attori figli di registi, sa perfettamente di cosa si parla.
Può non piacerci completamente, irritarci, stupirci per certe ingenuità , ma Un castello in Italia (Un Chateau en Italie) terzo film diretto da Valeria Bruni Tedeschi, che è stato a lungo applaudito lo scorso maggio a Cannes da un pubblico commosso e ammirato sulle note di "Viva la pappa col pomodoro" e segnalato perfino da Paolo Mereghetti con tre palle (contro le due e mezze a La grande bellezza!) non è mai fuori luogo, né presuntuoso né vuole essere qualcosa che non è.
Magari in questo ritratto, più o meno reale, della famiglia Bruni Tedeschi, che qui si chiama Rossi Levi, composto da Luisa, la stessa regista, nei panni di una ex-attrice ("ho preferito la vita"), Ludovic, Filippo Timi che filippotimeggia molto, un fratello malato terminale con annessa fidanzata, Celine Salette, una madre buffa e svampita, Marisa Borini, vera madre dell'attrice e regista, anche se non c'è nessuna sorella o sorellastra, avremmo preferito più compostezza, più rigore.
Ma quello che viene fuori è un ritratto talmente candido sul mondo dei ricchi italiani decaduti e su quello nevrotico del cinema, francese e non, visto che il fidanzato di Luisa, Nathan, è proprio interpretato da Louis Garrel, imbruttito, sembra Roberto Cotroneo senza barba, con annesso padre regista, interpretato da André Wilms, che fa pure il piacione con la donna del figlio, sua ex fiamma, che alla fine perdoniamo cose che sulla carta ci sarebbero sembrate imperdonabili.
Come questa svagatezza da fine razza così esibita, con tanto di viaggio a Londra per vendere un Bruegel da 2 milioni di sterline, o il viaggio comico a Napoli di lei per sedersi una sedia miracolosa che dovrebbe aiutarne la fecondità , con tanto di suore napoletane inferocite.
Alla fine perdoniamo anche tanta esibizione continua di nevrosi, quasi per fare di se stessa un Nanni Moretti, perché sentiamo una vera libertà di raccontarsi senza veli. Ovviamente, anche se il film è girato in Italia e parlato quasi sempre in italiano, non esiste nessuna nostra coproduzione. In sala dal 31 ottobre.
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