DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Marco Giusti per Dagospia
UNA NOTTE A NEW YORK - DAKOTA JOHNSON SEAN PENN
Preparatevi perché “Una notte a New York”, opera prima, scritta e diretta da Christy Hall, che l’aveva pensata come commedia a due voci e qui diventato film a due voci, vi piacerà. E probabilmente vi piacerà molto. Non solo perché la sceneggiatura è ben costruita, un viaggio nella notte in taxi per New York, ma pieno di macchinette narrative funzionanti che spostano l’attenzione ora su un personaggio ora sull’altro. Inserendo complicazioni psicologiche e pochi elementi esterni (i messaggi dell’amante misterioso di lei al cellulare).
Non solo perché Sean Penn, l’esperto tassinaro filosofo che sa tutto degli abitanti della città, dei loro pregi e dei loro vizi, e Dakota Johnson, la passeggera che dall’aeroporto JFK di New York deve arrivare a Manhattan, sono due interpreti favolosi e affascinanti al di là delle cose che raccontano. E non vedevo Dakota Johnson così brava dai tempi di “A Bigger Splash”, il suo film migliore, diretto da Luca Guadagnino (che leggo è stato rimontato a 254 minuti! E spero che lo stesso si faccia con “Suspiria”).
UNA NOTTE A NEW YORK - DAKOTA JOHNSON
O perché ha una grande fotografia notturna di Phedon Papamichael, che ci riporta a un altro film a due voci su un taxi in giro per la notte, il più drammatico e thriller “Collateral” di Michael Mann, dove il tassinaro era Jamie Foxx e il passeggero killer Tom Cruise. Ma perché, finalmente, in mezzo a tanti film riempiti di troppi elementi, rispetto ai seriali infiniti e ripetitivi, abbiamo tempo per capire bene le cose, i personaggi, le situazioni, i sentimenti, per distenderci rispetto alle narrazioni troppo complesse.
Sean Penn è un tassinaro che conosce la gente, tratta con la gente da anni tutto il giorno. Sa tutto di una persona anche dopo pochi minuti da come si muove, guarda il finestrino, parla al telefono. E noi lo seguiamo alla ricerca della storia che ha da raccontare la sua passeggera. Perché siamo spettatori, come lui, di una commedia che ancora non conosciamo, ma cerchiamo di decifrare.
UNA NOTTE A NEW YORK SEAN PENN
Dakota Johnson non è un killer pericoloso come Tom Cruise in “Collateral”, lo capiamo subito. Ha problemi di sentimenti, di cuore, di amanti traditori. Ma lei preferisce parlare col tassista. Meglio di uno psicanalista. Meglio di un logorante rapporto al telefono con uno che le chiede di fotografarsela, di fargliela vedere, di farlo venire. Ma a Sean Penn e a noi interessa solo sapere cosa nasconde dietro quel velo di tristezza la ragazza. Abbiamo tutto il tempo per scoprirlo. Lo ripeto. Vi piacerà. In sala.
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