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1. COMIGNAGO, UN PAESE "CHIUSO PER NOZZE": BELEN E STEFANO SPOSI ALLE 18
Un grande tendone nel parco
per pronunciare il fatidico «sì», pesanti veli proteggono la privacy
Chiara Fabrizi per La Stampa
Le partecipazioni vergate a mano con cui Belen e Stefano hanno annunciato le loro nozze indicano le 18 come orario di inizio della cerimonia nell'abbazia di Santo Spirito, a Comignago. In realtà , i due sposi si diranno di sì non all'interno della chiesetta romanica incastonata nell'antico complesso monastico che oggi porta il nome di Villa Giannone, ma sotto una grande tensostruttura montata nel parco della dimora.
Il rito, accompagnato dalla voce calda della cantante americana Cheryl Porter sarà comunque blindatissimo: sono stati posti lungo tutto il perimetro della villa dei pesanti teli a tutela della privacy di sposi e invitati.
In campo, oltre agli uomini della security, ci saranno le forze dell'ordine, mandate in aiuto dalla Questura all'unico vigile di Comignago che dovrà far rispettare l'ordinanza di chiusura e di divieto di sosta della via che attraversa il paese e di quelle limitrofe, dalle 7 di oggi sino alle 2 di domani mattina.
Sarà una lunga giornata per i 1.200 abitanti del paese che si trova in provincia di Novara, a pochi chilometri dal Lago Maggiore: chi può si muoverà in bicicletta, qualcuno ha già disdetto appuntamenti e impegni; agli altri toccherà restare in casa o attendere, in strada, di veder sfilare i vip in arrivo.
2. BELEN, NOZZE DA REALITY PER LA PRINCIPESSA DEL NULLA
Massimiliano Panarari per "La Stampa"
Belen. Basta il nome, come succede a chi ha avuto la fortuna di strappare il biglietto di ingresso per l'empireo delle icone. In Argentina, Paese natale della ancora per poco signorina Rodriguez, il quesito sarebbe: chi è costei?
Ma in Italia pare non esistere nessuno che non la conosca e non sia in grado di mandarne a memoria gesta e apparizioni. Quali, però? Perché il mistero che circonda l'immagine pubblica della protagonista del «matrimonio dell'anno» concerne proprio la ragione di tanta inesorabile e capillare celebrità .
Anzi, meglio sarebbe dire «famosità »; e così facendo, si reperisce una chiave per cercare di capire l'aura di irresistibile notorietà di cui è circonfusa la non facilmente definibile (dal punto di vista professionale) ragazza venuta dall'altro capo del mondo.
Che può contare su una dilatazione permanente, e all'infinito, del quarto d'ora di fama che Andy Warhol considerava un diritto acquisito collettivo degli albori dell'età del narcisismo, tanto da tracimare ininterrottamente da siti, schermi televisivi e copertine di rotocalchi (le quali, grazie alla bacchetta magica delle sue fattezze, incrementano in automatico le vendite).
La repubblica pop italiana, priva di teste coronate, ha trovato un surrogato in questa Cenerentola virtuale nata a Buenos Aires, i cui preparativi di nozze catalizzano l'attenzione generale (e hanno fatto fuggire a gambe levate, per la guerra ad alta intensità mediatica che si è scatenata, il primo parroco che le doveva celebrare).
Maria Belen Rodriguez Cozzani di mestiere fa (in termini general-generici) la showgirl e, all'interno dello sfolgorante mondo dello show-business, fa di tutto un po', senza eccellere in niente - ma soprattutto rappresenta se stessa e si mette in scena, con esiti ineguagliabili.
Il fare parlare di sé (etimologia originaria del termine greco da cui viene «fama») e il possesso di una bellezza generosamente elargita da madre natura costituiscono, si sa, delle ferree leggi della società dello spettacolo, che in passato non disdegnavano tuttavia di accompagnarsi, il più delle volte sudando e faticando, a un lavoro di rafforzamento di un qualche specifico talento (come il sapere cantare, ballare, recitare).
Nell'epoca dei talent e della dittatura dell'estetica, invece, l'entertainment prende altre vie, e la mitologia pop ha le sue ragioni che la ragione, giustappunto, non comprende. La famosità nulla ha a che fare col merito, e moltissimo invece con il postmoderno spinto nel quale siamo immersi, dove la comunicazione è tutto e la caduta di gerarchie (e pudori) ci ha consegnati all'orizzontalità più assoluta e all'imperativo della visibilità . Dimensione nella quale la starlette sempre più star che ha trovato l'America in Italia prevale su chiunque e si rivela impareggiabile.
Indiscutibile icona dell'egemonia sottoculturale di Berlusconia (del cui star system è comprimaria e protagonista, da reginetta delle pagine di «Chi» a promessa sposa di un figlio e prodotto idealtipico della premiata ditta di Amici) la soubrette suprema sta dimostrando di saper sopravvivere alla grande all'uragano addensatosi sul Cavaliere e sul suo reame.
Capace di sostituire all'ontologia degli antichi e alla meritocrazia dei moderni - ricolma nella fattispecie di tatuaggi, epiche scenate con l'ex Fabrizio Corona (versione da Strapaese postmodernizzato del bello e maledetto, con aggiunta di passaggio in carcere, che tanto piace alle ragazze che vorrebbero sentirsi «bad girl» e un'esistenza «che sembra un reality».
Ragione per cui sappiamo tutto su come si abbiglia, quello che mangia, dove passa le vacanze e, in special modo, sui suoi amori e amorazzi. E nulla ci verrà risparmiato dello svolgimento, minuto per minuto del suo sposalizio, perché la teatralizzazione dell'amore, come ci ricorda il sociologo Michel Maffesoli, è connaturata all'età della Rete (dove il lettore del pettegolezzo patinato si fa spettatore globale e in presa diretta dei fatti, e fattacci, di vip e vippini).
Nuda vita che si offre, lautamente retribuita, allo sguardo degli altri e all'ideologia del gossipismo, che sublima e ci fa invidiare chi ce la fa. Soprattutto se vediamo che non è portatore carismatico di straordinarie capacità , inarrivabilmente diverso da noi. Come erano, invece, le prime icone universalmente conosciute per nome di battesimo nella storia della società dell'iperconsumo, le varie Cindy, Linda, Christie, Claudia, Naomi, dopo le quali le modelle cessarono di essere solo modelle per diventare, a tutti gli effetti, delle top model. Quella, però, era la New York degli anni Novanta, lontana anni luce, da Comignago, nell'Italietta transtelevisiva, dove sta per sposarsi una donna musilianamente senza (particolari) qualità . Basta la parola: Belen, ovvero dell'autosufficienza del nome.
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