DAGOREPORT - LA MAGGIORANZA VIAGGIA COSÌ “COMPATTA” (MELONI DIXIT) CHE È FINITA SU UN BINARIO…
1. MENTANA PRESENTA IL SUO GIORNALE E DÀ DEL “COGLIONE” AL CRONISTA
Nico Perrone, direttore di www.dire.it
Sono accorsi in tanti e in molti stanno spedendo i loro nomi. Una folla di giovani tutta orecchie, corsa ieri al Campus Party di Milano ad ascoltare Enrico Mentana. Tutti pronti a fare i giornalisti nel nuovo quotidiano annunciato dal direttore de La7 che ha già cominciato le selezioni. Devono essere giovani under 33, e se ci sarà qualcuno che sfora, questo dovrà essere un genio, un ‘Ronaldo’ del nuovo mondo dell’informazione. Così ha detto il direttore in un monologo dinanzi a una platea che non si perdeva una parola, adorante. Per un attimo, questa l’impressione, il giornalista aveva assunto le sembianze di un guru che istruiva i discepoli su come dovrà cambiare l’informazione, il mestiere del cronista.
Che si sia trattato di una sorta di trance collettiva, che non si poteva interrompere, lo si è capito quando il semplice (e giovane) cronista dell’agenzia Dire ha riportato tutti alla banalità del quotidiano chiedendo: il giornale lo finanzierà il suo editore Urbano Cairo? Apriti cielo. Una domanda terra terra che ha fatto uscire dai gangheri il mega-super-direttore inventore della nuova frontiera della comunicazione.
Alla fine Mentana, infastidito, ha dato del coglione al cronista della Dire. Per una risata dei suoi adepti ha messo alla berlina un cronista colpevole di fare il suo mestiere. Un lavoro, che se ben fatto, alla fine punta solo a scoprire la verità. E la verità fa sempre male a qualcuno. In questo caso a Mentana, che non vuol dire chi pagherà la sua nuova impresa. Perché se i suoi giovani giornalisti avranno, come ha detto, tutti un contratto, serviranno milioni di euro.
Alla fine, come capita sempre con i potenti di turno, Mentana ha preso a male parole il (vero) giovane cronista solo per non rispondere a una domanda scomoda ma lecita. Una parolaccia per lui, una medaglia per l’agenzia Dire, dove lavorano 62 giovani giornalisti, età media 34 anni, contrattualizzati. Ragazzi e ragazze con un anno in più di quelli che vuole Mentana. Fuori target per lui, forse. Ma che non hanno dimenticato che il vero giornalista fa domande e non si inchina.
QUI IL RESOCONTO DELLA PRESENTAZIONE DI IERI SERA:
Nicola Mente per www.dire.it
“Cairo non sarà il mio editore, potrebbe darmi una mano con la pubblicità. Mi piacerebbe che questo progetto spingesse verso nuove nuove assunzioni di giovani. Se ci fosse una seria detassazione per tutti i settori d’impresa non ci sarebbero più alibi”. Questo il succo ‘politico’ del discorso di Enrico Mentana durante la presentazione del nuovo progetto, quel giornale under 33 che ancora non ha una data e un nome ma che tanto fa sperare i giornalisti in erba, un progetto che necessariamente, come accenna l’ex direttore del Tg5, “avrà dei garanti”.
Un Mentana lievemente diverso rispetto a quello a cui siamo abituati, che in un discorso non certo breve (un’ora e mezza abbondante) preferisce viaggiare sui discorsi assoluti (“alzate la voce, fatevi sentire“, ripete spesso come consiglio) rispetto a toccare con nomi e cognomi l’attualità politica, con un pensiero ai tanti giornalisti in Italia “che non scendono dalla torre d’avorio” e ai giornali che preferiscono come tutte le aziende “tamponare e salvare l’esistente” invece di investire, rischiare, osare, “non accodarsi” e di conseguenza valorizzare le nuove generazioni.
Accenni al mondo social, ai suoi limiti, alla sua propensione alla disinformazione e al continuo scontro con chi secondo Mentana “va affrontato”, e se necessario “cacciato dal profilo con conseguente bonifica del pozzo”, perché “se mi dici di non essere d’accordo io con te discuto ma se mi dici ‘taci sei pagato dal Pd’ sono costretto a trattarti per quello che sei”.
Un Mentana che inquadra il fallimento della Buona Scuola come causa della caduta di Renzi (“voleva accontentare tutti e alla fine non ha accontentato nessuno”, dice) e che non valuta “di destra o di sinistra” la solidarietà ai migranti, perché “si tratta soltanto di umanità”. Insomma, un (lunghissimo) discorso motivazionale, più che una vera e propria presentazione tecnico-organizzativa del progetto, un incontro che ha voluto promuovere in primo luogo l’innovazione dell’approccio del giovane al mondo del giornalismo e del lavoro in generale, con parziale focus sul futuro (incerto) della stampa cartacea e della stampa tutta, costretta ad interrogarsi e a cambiare. Un futuro atteso e ipotizzato “secondo alcuni nel 2046”, come dice Mentana a margine ai cronisti.
“Gran parte dei giornali internazionali già sono su altri supporti che non sono la carta stretta- aggiunge- infatti il problema di fondo sarà capire come sarà l’evoluzione e in effetti nessuno lo sa capire, ma soprattutto nessuno sa capire come remunerare il lavoro giornalistico”.
2. QUALCHE DOMANDA SUL PROGETTO EDITORIALE DI ENRICO MENTANA
Estratto dall'articolo di Gaia Berruto per www.wired.it
È un bel segnale e si intravede anche un’evoluzione interessante del pensiero di Mentana, che già dieci anni fa, facendo una lezione a un master di giornalismo, davanti ai trenta aspiranti colleghi fece un’analisi ancora più grigia del settore per poi concludere amaramente: “ragazzi, qua state perdendo tempo, non troverete mai lavoro”. Ora, se non altro, concluderebbe dicendo: “però alcuni di voi li assumo io, dai“.
C’è qualcosa che manca, però, nel discorso di Enrico Mentana. Proviamo ad analizzare il progetto secondo la regola delle 5 Wche i vecchi baroni del giornalismo continuano a insegnare nelle scuole:
Who? Chi?
Questo in parte è chiaro: i protagonisti sono Enrico Mentana e giornalisti under 33 (più o meno) che verranno assunti con contratto giornalistico. Certo, l’annuncio per la selezione, pur contenendo quasi tutti gli elementi che qualunque giornalista web deve avere, è un po’ fumoso e non aiuterà Mentana quando si troverà a dover aprire la casella di posta (“avere adeguato background” non è come dire “aver lavorato o collaborato per una testate web per X anni”) e dimostrano una non totale padronanza della materia (“conoscere l’impaginazione tecnica, la grafica del web” significa saper usare WordPress, Photoshop e conoscere l’html? O ci sono altre esigenze?, “trasmettere in diretta” significa che basta saper usare uno smartphone in orizzontale o è richiesta la conoscenza di software di streaming?). Non si parla mai di conoscenza di strategie social, ma immaginiamo che Mentana le dia per scontate.
Un giornale però non è composto solo dai giornalisti. Anzi, c’è un aspetto tecnico che non si può sottovalutare. E poi c’è chi lavora alla raccolta pubblicitaria, chi deve occuparsi del marketing, della strategia social, della grafica: sulle assunzioni di queste figure o sull’impianto che Mentana vorrà dare al progetto non si sa ancora nulla. In un post su Facebook, Mentana ha aperto in modo sibillino a eventuali finanziatori: “Se per motivi loro ci saranno aziende o mecenati in grado di aiutare senza nulla pretendere saranno benvenuti. Per la raccolta pubblicitaria sarà scelto chi farà l’offerta migliore”.
What? Che cosa?
Questo è il punto, incredibilmente, meno chiaro. Una cosa è certa: sarà un giornale online. Durante il suo intervento pubblico, Mentana ha parlato di un giornale pensato per lo smartphone, che però nel 2018 è un po’ lapalissiano (ormai il traffico è perlopiù mobile per tutti i siti e quindi la leggibilità da telefonino è data per scontata, se vuoi avere lettori). Non si sa il nome, non si sa l’obiettivo del progetto editoriale. Ci si immagina si occuperà di tutto, come un quotidiano, ma non sappiamo se avrà un taglio particolare, a parte conoscere il target: i giovani. Ma a cosa ambisce esattamente? A essere un concorrente più piccolo del Corriere, una specie di Vice o un nuovo Post? Cosa avrà di diverso da altri siti online già esistenti in Italia e pensati per quel target?
When? Quando?
A settembre si dovrebbe sapere tutto.
enrico mentana con silvio berlusconi al-tg-la7
Where? Dove?
Non si sa. In un mondo globalizzato, non dovrebbe essere un problema avere redattori sparsi per il globo, ma è anche vero che per funzionare al meglio è utile avere almeno un nucleo di persone nella stessa stanza. Per ora non si sa se ci sarà questa stanza e in quale città.
Why? Perché?
Questo è il punto più chiaro di tutto il discorso di Mentana e non serve rispiegarlo.
Si potrebbe aggiungere anche il Come, su cui anche Mentana si sta interrogando pubblicamente. In un post ha chiesto ai suoi follower: “Secondo voi sarebbe giusto un abbonamento del costo di 10 euro l’anno per il nuovo quotidiano online di cui stiamo parlando? E sareste disposti a pagarlo?“. In un altro ha scritto: “La vera forte alternativa sarebbe il crowdfunding“.
Quello che è chiaro è che Mentana ha nutrito le aspettative di centinaia di giovani giornalisti senza avere ancora il quadro certo di quello che vuole creare. E di come vuole crearlo: con quali risorse, quali strumenti. Forse anche nella speranza di ricevere aiuti nella costruzione del progetto. Speriamo che l’estate porti consiglio e soprattutto che Mentana abbia la capacità di trovare collaboratori che abbiamo una buona conoscenza del digitale. Purtroppo oggigiorno non basta essere star di Facebook e ottimi giornalisti della tv per creare un sito che stia in piedi.
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