COME MAI ALLA DUCETTA È PARTITO L’EMBOLO CONTRO PRODI? PERCHÉ IL PROF HA MESSO IL DITONE NELLA…
Lettera al “Fatto quotidiano”
Ho letto che Bruce Springsteen ha partecipato a un concerto di beneficenza, e successivo a quello di Lady Gaga. E pure in Italia si sono mossi. Anche io suono, per carità niente di così importante, ma comunque ho un piccolo gruppo con il quale ci ingaggiano per serate, tipo battesimi, matrimoni e via così.
Ecco, penso a chi vive di questo lavoro (io per fortuna ne ho un altro principale, quindi mi salvo) e che non si chiama né Bruce Springsteen né Lady Gaga: come farà a sopravvivere? E poi, queste vetrine, funzionano ancora come negli anni Ottanta, ai tempi di Live Aid?
Hanno un senso?
Giulio Federici
Risposta di Stefano Mannucci
All' appello, ormai, non manca quasi nessuno. L' altra notte Springsteen e la moglie Patti Scialfa hanno contribuito con due brani in veste acustico-casalinga (l' inno di speranza "Land of hope and dreams" e la cover di Tom Waits "Jersey Girl") all' evento per la New Jersey Pandemic Relief Fund: in campo anche altri artisti di zona come Bon Jovi e Halsey. Il benefit segue a ruota la maratona streaming "One world together at home" con le star di tre generazioni mobilitate da Lady Gaga: tra i vecchiacci, la figura migliore l' hanno fatta gli inossidabili Rolling Stones, mentre inquieta il declino senile di Paul McCartney e non conforta il crepuscolo di Elton John.
L' iniziativa ha fruttato 130 milioni di dollari da destinare all' Oms, mentre in Italia la Protezione civile beneficerà degli 8 milioni di euro raccolti da "Musica che unisce", con i big nazionali a far canzoni dalle loro tane via Raiuno. Zucchero, poi, si è speso anche per l' Earth Day con la versione tricolore di "Canta la vita", scritta insieme a Bono.
La vetrina funziona? Sì, se pensiamo ai tesoretti da devolvere in beneficenza. Ma sono gocce nel mare di un crac mondiale. La sensazione è che stavolta l' industria della musica canti "generosamente" per se stessa: nel lockdown globale l' unica è mostrarsi vivi e attivi, facendo capolino dalle mura domestiche, imbastendo performance a costo zero, con il virus e l' ambiente che innescano alibi per spot promozionali. Nella certezza che nulla sarà come prima: per i concerti ci sarà da aspettare a lungo.
Le stelle potranno campare di rendita, ma sarà arduo ripartire con gli addetti ai lavori (decine di migliaia solo nel nostro Paese) ridotti alla fame. I grandi impresari nazionali chiedono aiuti e certezze allo Stato: non sarebbe male, nel frattempo, se loro stessi devolvessero agli operatori della filiera almeno gli interessi bancari dei biglietti già venduti per show rimandati a chissà quando. E come.
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