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FEDELE NEI SECOLI AL "BISCIONE" - CONFALONIERI NON È PIÙ DIPENDENTE DI MEDIASET MA RESTERÀ PRESIDENTE DEL GRUPPO ALTRI 3 ANNI, FINO ALL'APPROVAZIONE DEL BILANCIO AL 31 DICEMBRE 2020 - LA BUONUSCITA PREVISTA PER LA RISOLUZIONE DEL CONTRATTO DA DIPENDENTE È DI 6,5 MILIONI DI EURO  

Cinzia Meoni per “il Giornale”

 

CONFALONIERI

Fedele Confalonieri non è più dipendente di Mediaset ma resterà presidente del gruppo altri 3 anni, fino all' approvazione del bilancio al 31 dicembre 2020. Un ruolo di vertice che occupa fin dalla costituzione della società e recentemente rinnovato. L' intesa con Confalonieri è stata annunciata ieri sera dal Biscione. La buonuscita prevista per la risoluzione del contratto da dipendente è di 6,5 milioni e, «nel momento in cui dovesse cessare o non essere rinnovato nel suo attuale incarico (alla presidenza)» è poi previsto un ulteriore riconoscimento di 8,5 milioni anche in relazione al «contributo straordinario fornito dal presidente fin dalla fondazione del gruppo».

 

FEDELE CONFALONIERI E MARIA DE FILIPPI

Il cda, precisa la nota, «ha accolto favorevolmente l'indicazione» dello stesso Confalonieri e, su proposta dell' ad e vice presidente Pier Silvio Berlusconi, «ha approvato unanimemente l' accordo che prevede la risoluzione al 31 luglio 2018 del rapporto di lavoro dipendente dirigenziale» con il presidente. La risoluzione «consensuale» permetterà «di contenere i costi a carico della società ad esso connessi».

 

CONFALONIERI CERASA TWEET

Milanese classe 1937, nato il 6 agosto, sotto il segno del Leone, Confalonieri è tra i primi storici consiglieri di Silvio Berlusconi, con cui ha condiviso i banchi di scuola, i palcoscenici delle navi da crociera dove il duo si esibiva e il lavoro nella galassia Fininvest-Mediaset fin dai suoi albori. Amante della musica (si è diplomato in Conservatorio a 70 anni, nel 2007), della cultura a 360° gradi e della «sua» Milano, Confalonieri ha sempre affiancato il Cavaliere in tutte le sue battaglie finanziarie alla conquista dell' arena televisiva italiana e straniera.

 

Dall' epico scontro con il gruppo di De Benedetti (Confalonieri è stato anche consigliere di Mondadori), fino alla recente battaglia contro la Vivendi di Vincent Bollorè che, dopo aver firmato un contratto vincolante per acquisire la pay tv Premium nell' estate 2016 ha innescato la retromarcia, tentando poi la scalata ostile alla stessa Mediaset. Nell' occasione Confalonieri e Pier Silvio Berlusconi hanno dettato, chiara, la direzione tutt' oggi percorsa dal gruppo: «Nessuna trattativa».

CONFALONIERI BERLUSCONI

 

La battaglia infatti si è da allora spostata nelle aule giudiziarie, dove Vivendi è chiamata a rispondere per oltre 3 miliardi di euro. Confalonieri siede anche nel cda de Il Giornale.

L' annuncio è stato preceduto dalla pubblicazione dei dati semestrali di Mediaset, comunicati sempre a mercato chiuso. In Piazza Affari, il titolo ieri ha comunque guadagnato il 3,2% a 2,89 euro. Più nel dettaglio, tra gennaio e luglio la raccolta pubblicitaria del Biscione, grazie anche ai diritti di trasmissione dei Mondiali di Calcio di Russia, ha registrato un rialzo del 4% rispetto all' analogo periodo del 2017.

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Guardando alla restante parte dell' esercizio, Mediaset si attende ora «un risultato operativo e un risultato netto consolidato positivo», che peraltro potrebbe beneficiare anche degli effetti dell' Opa su Ei Towers annunciata pochi giorni fa insieme al fondo F2i. Certo, la «visibilità generale resta ancora molto bassa».

 

Ciononostante Mediaset ribadisce di attendersi benefici derivanti «dai primi effetti positivi della digital transformation dell' offerta pay avviata nel corso nel primo semestre del 2018». Più in dettaglio il Biscione ha chiuso il primo semestre con un utile netto a 42,8 milioni (da 74,5 milioni), un utile operativo di 173 milioni (da 212 milioni) e un fatturato di 1,84 miliardi, stabile rispetto a un anno fa. Il debito netto infine si è attestato a 1,41 miliardi (da 1,39 miliardi di un anno fa). Mediaset rimane inoltre leader sul target commerciale (15-64 anni) in Italia (con il 34,7% di share) e in Spagna (al 31,2% di share).

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