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Gianni Mura per "la Repubblica"
Italia in finale, domenica a Kiev con la Spagna, e col morale a mille. Il 2-1 alla Germania non solo allunga la storia. Ma getta anche una luce molto forte sulla partita che vale il titolo.
Se la Spagna è quella andata ai rigori col Portogallo, questa Italia può cavarsi altre soddisfazioni. Una vittoria netta, perfino più facile del previsto, non solo perché l'Italia ha giocato la miglior partita del torneo e la Germania la peggiore, ma perché finalmente Prandelli (con tutti noi) ha potuto ammirare una squadra quasi perfetta, completa. Mancava solo un dettaglio: l'attacco, in particolare Balotelli. S'è desto e ha lasciato la firma nell'occasione più importante: un gol di testa, servizio di Cassano, uno di destro, potente, da k.o, servizio di Montolivo.
Qui s'è intuito che la Germania avrebbe perso anche stavolta, perché un gol così, su lancio dalla nostra metà campo, bisogna essere proprio polli per incassarlo. E abili a costruirlo: il capolavoro di Prandelli non sta tanto nella risposta di Balotelli, che ha dato un senso al tanto gioco, ma nell'avere schierato una squadra che ha vinto grazie al palleggio, alla tecnica, come piace a lui.
I tedeschi avevano due giorni di riposo in più, ma dai riflessi sembrava ne avessero due in meno. E viceversa. Credo che il peso della tradizione negativa (che continua da 42 anni) abbia tolto serenità e sicurezza ai nostri avversari. Hanno iniziato baldanzosamente, sfiorando il gol su due incertezze di Buffon (poi grandissimo), hanno subìto l'uno-due di Balotelli, hanno provato a reagire ma pochissimo hanno raccolto. Anzi, hanno seriamente rischiato di beccare il terzo gol (due volte Marchisio, una Di Natale).
Il rigore (fin troppo generoso) di Ozil serve solo a rendere meno amara la pillola e più sofferti gli ultimi minuti. Formazione sbagliata in avvio: nulli Kroos e Podolski, Schweinsteiger tra gli azzurri migliori, clamorosamente temuto in campo fino al termine. Brava l'Italia a spingere i tedeschi sulle linee laterali, dove non avevano sbocchi, e assai meno bravi i tedeschi a non capirci molto, a non trovare contromisure.
I meriti di chi vince sono comunque superiori ai demeriti di chi perde. Bene la difesa, con i centrali padroni dei palloni alti e Balzaretti non smarrito sulla destra, dove non giocava da parecchio tempo e dove lo ha portato il mancato recupero di Abate. Bravissimo un centrocampo al tempo stesso di costruzione, rottura e disimpegno. De Rossi una belva, Pirlo un pezzo di ghiaccio, Montolivo ancora all'altezza, Marchisio maratoneta e scatenato a destra, si trattasse di raddoppiare in difesa come di partire in contropiede.
Bravo anche Cassano, che al suo ritmo ha fatto passaggi da degustazione, come Marsala stravecchio. In questo concerto, Balotelli ha fatto gli acuti, ha affondato la Germania e ha dimostrato di che pasta è fatto quando pensa solo a giocare e non a litigare col mondo, come da tempo gli chiedevamo in tanti.
Dicono che l'appetito venga mangiando: l'Italia si è concessa un'ottima cena a Varsavia e ha ancora appetito. Bello è stato il non cullarsi sul risultato favorevole, ma attaccare ancora, sull'1-0, sul 2-0. Questa è una prova di maturità superata in blocco. Non è un caso che a Kiev si ritrovi la Spagna, la squadra con cui era cominciata l'avventura e che, per un tempo, era stata messa in soggezione.
Allora l'Italia non aveva 90', adesso sì. Allora l'Italia non era una squadra completa, adesso sì. à per questo che la Spagna, campione d'Europa e del mondo, farà bene a non sottovalutare la sfida con un'Italia che ha cancellato esitazioni e paure.
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