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Matteo Collura per "il Messaggero"
Fëdor Dostoevskij, lo scrittore che sempre abbiamo creduto sia riuscito a dare voce all' inesprimibile e all' inconscio; il romanziere che nelle sue opere avrebbe osato scandagli psicologici da vertigine, altro non era che un manipolatore di storie tenute in piedi non dal genio dell' artista, ma da un abile uso del sensazionale e della sorpresa a ogni costo. Questo il giudizio dello scrittore suo connazionale Vladimir Nabokov, autore del celebre (o malfamato, dipende da chi lo ha letto e in che epoca) romanzo Lolita.
La stroncatura di opere come Delitto e castigo e I fratelli Karamazov è contenuta nel volume, appena pubblicato da Adelphi, in cui sono raccolte le lezioni di letteratura russa che Nabokov tenne negli Stati Uniti tra gli anni Quaranta e Cinquanta.
ANTIPATIA «Ho una gran voglia di ridimensionare Dostoevskij»: parlando ai suoi studenti, Nabokov non nascondeva l' antipatia per l' autore de I demoni; un' antipatia che forse fu pregiudizio. Spiegava il professor Nabokov che la sua posizione su Dostoevskij era «singolare e difficile», perché nei suoi corsi egli si accostava alla letteratura dall' unico punto di vista che lo interessava, «quello dell' arte duratura e del genio individuale». E perciò, secondo la sua opinione «Dostoevskij non è un grande scrittore, è uno scrittore piuttosto mediocre, con lampi di humour eccellente ma, ahimè, inframezzato da desolate distese di banalità letterarie».
Intere generazioni hanno creduto che nei libri di Dostoevskij la ricerca dell' esistenza di Dio e della sua manifestazione nel mistero della vita abbia raggiunto esiti insuperabili, così come il trionfo del male come demoniaca scelta degli uomini. Niente di tutto questo. Per Nabokov, il tema del trascendente, del male e del bene nel cuore umano (quello che nei Fratelli Karamazov è un campo di battaglia in cui lottano Dio e il Diavolo) è frutto di un «cristianesimo nevrotico» che in Dostoevskji si radicò nel corso della sua drammatica esistenza.
Durissimo il giudizio su quello che è ritenuto il capolavoro di Dostoevskij, I fratelli Karamazov: soltanto un romanzo poliziesco. Abile quanto si vuole, ma alla fine un raccontone che induce a chiedersi «tumultuosamente chi-è-il-colpevole». Nessun accenno, nella lezione dedicata ai Fratelli Karamazov, alla spaventosa leggenda del Grande Inquisitore, in cui Cristo, tornato sulla terra, si vede nuovamente condannato a morte per eresia, colpa gravissima per l' autore in un mondo che si organizza, si dà regole, mentre sistematicamente elimina tutti coloro che ne mettono in discussione la legittimità.
A proposito del tema religioso che permea il romanzo, come quasi sempre in Dostoevskij, Nabokov annota, per esempio, che «tutta la prolissa e zoppicante storia del monaco Zosima avrebbe potuto essere cancellata senza arrecare danno; anzi, la sua cancellazione avrebbe dato al libro maggiore unità e una costruzione più bilanciata».
I TRUCCHI Dostoevskij per Nabokov fu più drammaturgo che romanziere.
Infatti: «Ciò che i suoi romanzi rappresentano è una successione di episodi, dialoghi, scene in cui i personaggi vengono riuniti assieme con tutti i trucchi del teatro, ad esempio l' ospite inatteso, il sollievo comico, ecc.» Dostoevskij è scrittore che punta più al sentimentale che al sensibile, afferma categorico Nabokov. E in questo l' autore di Lolita si produce in un virtuosismo critico senz' altro ammirevole: «Bisogna distinguere fra sentimentale e sensibile.
Un sentimentalista può diventare un perfetto bruto nel tempo libero. Una persona sensibile non è mai crudele. Il sentimentale Rousseau, che poteva versare lacrime su un' idea progressista, distribuiva i numerosi figli naturali nei vari ospizi e ricoveri di mendacità, infischiandosene poi per sempre. Una zitella sentimentale può vezzeggiare il suo pappagallo e avvelenare la nipote Stalin amava i bambini, Lenin singhiozzava all' opera, specialmente con La traviata.
Un intero secolo di autori ha tessuto le lodi della vita semplice dei poveri. Ricordate che quando parliamo di sentimentalisti tra loro Richardson, Rousseau, Dostoevskij intendiamo l' esagerazione non artistica delle emozioni più familiari, allo scopo di provocare automaticamente nel lettore una scontata compassione».
IL PARAGONE Saper scrivere un romanzo per Nabokov non significa essere un grande scrittore. E la trama non è tutto. Essa può essere sviluppata con abilità, con brillanti stratagemmi volti a prolungare la suspense, ma non raggiungere le vette di un Tolstoj, che Nabokov considera «il più grande scrittore russo di narrativa in prosa» (straordinaria la lezione su La morte di Ivan Il' i). In conclusione, Dostoevskij per Nabokov è, nella sostanza, «uno scrittore di gialli, un tessitore di trame intricate, che riesce a trattenere l' attenzione del lettore, costruendo i suoi climax e mantenendo la suspense con consumata maestria».
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