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Fulvia Caprara per "La Stampa"
Fin dal lungo e complesso lavoro di sceneggiatura, Il Gattopardo cinematografico - che da oggi torna nelle sale, a 50 anni dalla prima uscita, nella versione restaurata da Titanus e Cineteca di Bologna, assieme a Martin Scorsese con il sostegno di Gucci, risentì della querelle politica che aveva accompagnato il libro di Giuseppe Tomasi di Lampedusa da cui era stato tratto.
Bisognava, secondo le indicazioni del Pci, che in un primo tempo lo aveva aspramente criticato, dare spazio al popolo, e al «dilagare del movimento contadino», cosa che, nelle prime stesure, non era avvenuta: del resto Visconti era ormai un compagno di strada, tutti sapevano che votava Pci, forse fu Antonello Trombadori a suggerire qualche adattamento che andasse nella direzione voluta.
Non a caso con ll Gattopardo restaurato arriva anche, in 70 sale, il documentario (I due Gattopardi) che raccoglie le scene girate e poi non inserite nel film per volere dello stesso Visconti, pochi mesi dopo la prima distribuzione: «Su quelle sequenze cadde il silenzio - raccontano Alberto Anile e Maria Gabriella Giannice, recenti autori di Operazione Gattopardo (Le Mani) e ora del filmato -. In una di queste Calogero Sedara chiedeva al principe Tancredi come intervenire sui contadini che si ribellavano. Lui gli rispondeva: "Avete un esercito, usatelo". In un'altra questi ultimi chiedevano conto della loro esclusione dal voto». Insomma, su quello che Anile e Giannice definiscono il «nostro Via col vento», il dibattito, mezzo secolo dopo, continua.
Intorno ai minuti tagliati e alla ragione della loro sparizione ha regnato finora il mistero: «Stilisticamente congrui e apprezzabili - osservano Anile e Giannice -, i tagli che Visconti decise di apportare spostano un poco più a destra la barra ideologica del film. Il regista tolse qualcosa che, oltre a non appartenere al romanzo, non apparteneva forse nemmeno a lui... I recensori di sinistra usciti perplessi dalla visione della versione integrale sarebbero stati ancora più delusi dell'edizione tagliata... ».
Per questo la curiosa uscita del Gattopardo in doppia versione, e «l'assordante silenzio che l'ha sempre accompagnata sembra un consapevole compromesso perché Visconti ottenesse i suoi scopi senza scontentare troppo il partito di riferimento... ». Le due versioni sembrano rispondere quindi all'esigenza di dare in pasto alla critica marxista e non la versione integrale uscita in sala a marzo, mentre la seconda veniva messa a punto da Visconti, in sordina, in vista del Festival di Cannes e dei posteri.
Per definire la querelle intorno al libro, la frase migliore è «contrordine compagni», una formula satirica per ironizzare sull'abitudine della vecchia sinistra a obbedire velocemente ai leader che indicavano la necessità di un cambiamento di direzione ideologica. La sorpresa è che l'ordine abbia riguardato, a suo tempo, uno dei titoli più importanti nella storia del cinema e della letteratura mondiali: «Sulle prime gli intellettuali di sinistra non lo apprezzarono e lo bollarono di anti-storicismo».
Per criticarlo scesero in campo in tanti, in testa il dirigente comunista Mario Alicata, «leader culturale del Pci», che «scelse di fare pollice verso» perché il testo conteneva l'«apologia di un mondo passato, raccontato e idealizzato da un aristocratico», provocando il «ridimensionamento di un mito rivoluzionario come quello del Risorgimento» ed esprimendo una forma di «pessimismo nei confronti di qualsiasi forma di progresso».
Alla crocifissione parteciparono in tanti, perfino Alberto Moravia che, come ricorda Eugenio Scalfari in La sera andavamo a via Veneto, «diffidava», forse perché «vedersi portar via il primato della narrativa da un romanzo storico, conteso per di più dalla tradizione e dall'avanguardia», era quanto di peggio potesse capitare.
Lo sdoganamento, raccontano Anile e Giannice - vincitori l'altra sera ad Agrigento, durante la 35a edizione dell'Efebo d'oro, del premio del Sindacato giornalisti cinematografici «Libro di cinema dell'anno» - arriva dalla Francia, dopo la schiacciante vittoria del premio Strega, con l'intervento di Louis Aragon su Les lettres françaises: «In pratica Aragon disse ai compagni italiani che il romanzo era una critica dal di dentro di una classe aristocratica perdente».
Il mutamento di direzione fu immediato e riguardò, in seguito, anche la realizzazione dell'opera cinematografica firmata dal «conte rosso» Luchino Visconti: «Il colpo di scena - si legge nel libro - fu che l'Unione Sovietica avrebbe pubblicato il romanzo, nonostante lo scarso gradimento dei compagni italiani.
Il Paese che aveva vietato Il dottor Zivago di Pasternak decideva di dare alle stampe quello di Lampedusa. Questa volta Mosca voleva dimostrare di essere aperta alla discussione. Il caso Zivago si era rivelato una pessima propaganda e adesso, dopo che Lampedusa aveva vinto lo Strega, i dirigenti culturali sovietici tutto volevano meno un altro Nobel alla letteratura dato a un autore censurato da Mosca e diffuso in tutto il mondo dall'eretico Feltrinelli».
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