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VADE RETRO, MUCCINO - IL REGISTA REPLICA AGLI INSULTI SOCIAL: "È ANCORA UN DIRITTO DIRE COSA SI PENSA DI PASOLINI REGISTA?"- DACIA MARAINI: "PPP HA APERTO LA STRADA AI DILETTANTI NEL CINEMA? ANCHE LA LETTURATURA INQUINATA DA REGISTI CHE SCRIVONO LIBRI"

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2. MUCCINO CRITICA I FILM DI PASOLINI PIOGGIA DI INSULTI IN RETE

Fulvia Caprara per “la Stampa”

MUCCINO FBMUCCINO FB

 

Si chiama «public shaming», è una trappola dei nostri tempi, in cui di solito ci si infila da soli, proprio come capita agli animali inseguiti dai cacciatori. La gabbia si chiude in un attimo. Basta un tweet, un post su Facebook, una momentanea sovraesposizione mediatica o un semplice giudizio, come è accaduto l' altra notte a Gabriele Muccino.

 

MUCCINO PASOLINI POSTMUCCINO PASOLINI POST

Al culmine dell' enfasi per le celebrazioni legate al quarantennale della scomparsa di Pier Paolo Pasolini, il regista dell'«Ultimo bacio» spezza il coro delle lodi postume dicendo la sua sul cinema dell' autore di «Uccellacci e uccellini»: «Non basta essere scrittori per trasformarsi in registi. Così come vale il contrario. Il cinema pasoliniano aprì le porte a quello che era di fatto l' anti-cinema, in senso estetico e di racconto».
 

Secondo Muccino il degrado della cinematografia italiana sarebbe iniziato proprio lì, nelle sequenze di film idolatrati dalla critica di tutto il mondo, analizzati da fiumi di recensioni, attaccati semmai, solo e unicamente, da detrattori che ce l' avevano con Pasolini per motivi politici. Il parere apparso su Facebook ha scatenato un uragano di polemiche, accuse, insulti, a cui Muccino ha risposto per le rime, prima di chiudere il suo profilo social:

MUCCINO PASOLINI 9MUCCINO PASOLINI 9

 

«Ma per favore - invoca l' autore nella notte -, popolo di Facebook che insulta prima ancora di leggere e cercare di comprendere quello che ho veramente scritto, è ancora un nostro diritto dire cosa pensiamo? A quanto pare no, meglio dare del mediocre, dell' arrogante, della nullità, insulti a destra e a manca, una sassaiola da vandalismo intellettuale contro colui che ha osato dire che forse la Terra non era al centro dell' Universo.

 

Non mi scalfisce ciò che leggo, ma il giudizio che esce fuori con tanta rabbia, e che, inconsapevolmente, date di voi stessi e della violenza che esternate, e che non era affatto presente in quanto da me scritto».
 

Ormai, però, il dato è tratto, e la valutazione mucciniana, per quanto spiegata con ragioni da uomo di cinema, non serve a placare gli animi: «Tutti in fila...uno due, uno due... - ironizza l' autore - chi non la pensa come voi, olio di ricino». Viene da pensare che se Pasolini fosse ancora vivo, darebbe ragione a Muccino, non per i contenuti della critica, ma per il tono delle reazioni suscitate. I tribunali del popolo, anche se on-line, fanno sempre una certa impressione.

gabriele muccino angelica russogabriele muccino angelica russo

 

E dire che Muccino ne conosce bene i pericoli, talmente bene da far immaginare, che anche stavolta, alla base, ci sia una foga autolesionista. La stessa che, qualche anno fa, lo aveva spinto a pubblicare su Facebook la sua valutazione su Carla Vangelista, divenuta ispiratrice delle pellicole del fratello Silvio. Anche allora l' eccesso di chiarezza aveva fatto passare dalla parte della ragione sia Vangelista che Muccino jr e, per la definizione di «scrittrice senza talento», l' interessata aveva sporto querela.
 

Ma Muccino non impara, e si espone di nuovo, come ha fatto anche agli ultimi David di Donatello, serata clou per il cinema made in Italy, dove, dopo aver ricevuto un premio, si è sfogato con una mitragliata di tweet: «Sembrava che volassero più coltelli che in una macelleria». E anche: «Premiano i più simpatici (a loro), i più sconosciuti, o i migliori?». Dubbi personali che, una volta online, aprono immediati processi sommari.
 

gabriele muccino silvio gabriele muccino silvio

La rete è anche questo. Su Paolo Sorrentino, soprattutto dopo l' Oscar, si sono scatenati commenti al veleno, riguardanti tutto, dal «thank you» del regista napoletano, beffardamente tradotto in «denghiù», causa accento partenopeo, al «Generatore automatico di scene per il prossimo film di Sorrentino» istituito sul blog «Libernazione» durante l' ultimo festival di Cannes, all' indomani della presentazione di «Youth». Un perfido sfottò per mettere all' indice la tendenza aulica dei dialoghi sorrentiniani e ironizzare sul talento dell' autore premio Oscar.
 

Più si è in vista, più si ha successo all' estero (questo vale soprattutto per il mondo del cinema) e più cresce l' accanimento. Vite terremotate per un pugno di clic in più. Tra le altre cose, Muccino ha scritto che «dalla metà degli Anni 70 il cinema italiano è morto a causa di improvvisati registi che non sapevano come comunicare con il pubblico». Pasolini non c' entra nulla, ma sul tema, oltre il web, si potrebbe discutere. Prima di scandalizzarsi.

muccino brothers muccino brothers

 

2. MARAINI: "MA PIER PAOLO SI SAREBBE PREOCCUPATO DELLA MITIZZAZIONE DI OGGI"

Mario Baudino per “la Stampa”

 

Dacia Maraini è da oggi in libreria con un romanzo, La bambina e il sognatore , che potrebbe anche far pensare a Pasolini. Lei negli Anni 70 era molto giovane, ma lo conosceva bene. Fitte frequentazioni, viaggi, vacanze insieme con Moravia, Siciliano, Garboli, il gruppo degli amici fedeli. E sognatore lo era senz' altro, ci dice, anche se la coincidenza col titolo del nuovo libro è puramente casuale.

 

Un sognatore lucidissimo, circondato da un odio implacabile.

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«Ma lo sa che una volta, a teatro, durante l' intervallo andammo al buffet e intorno si fece il vuoto? Se ne andarono tutti, come fosse un appestato. E questo colpiva profondamente. Oggi non si può immaginare quanto fosse inviso a quella che chiamava la borghesia o la piccola borghesia».

Oggi infatti è diventato un mito, che va bene a tutti, e su cui come dimostra il caso di Muccino sembra non si possano più fare distinzioni. Riesce a immaginare come avrebbe reagito lui davanti a una situazione simile?
«Se ne sarebbe molto stupito. Ma soprattutto se ne sarebbe davvero preoccupato. Sapeva che la sua opera, le sue prese di posizioni, erano urticanti. Non dimentichiamo che era oggetto di continui attacchi, un po' da tutte le parti».

Ne soffriva?
«Lo addoloravano soprattutto quelle provenienti dal suo stesso campo politico culturale, sto pensando a Alberto Asor Rosa, il caso più noto».
 

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Che in Scrittori e popolo lo stroncò ferocemente, dandogli del romanziere fallito e del piccolo borghese piagnucoloso.
«E lo ferì profondamente. Poi c' erano le denunce di gruppi cattolici, che accompagnavano puntualmente l' uscita dei suoi libri o film. Nella maggioranza dei casi finiva tutto bene, ma si dovevano sostenere processi, subire sequestri, reagire, combattere. Non si può negare che ne sentisse il peso».

La situazione si è completamente rovesciata. Un effetto paradossale della civiltà di massa?
«Non mi meraviglio. Può accadere. Quando un personaggio pubblico, scatena una tale reazione, questa carica di odio a distanza di tempo - e man mano che si avverano le sue profezie - può benissimo capovolgersi, trasformarsi in amore.

 

E aggiungerei che forse l' infatuazione è eccessiva, o quantomeno acritica, proprio come lo era l' odio d' allora. Pasolini aveva un grande carisma, cui non si sfuggiva quand' era vivo, né si sfugge ora che non c' è più. Grande carisma significa grandi reazioni».
 

moravia maraini callas pasolini africa moravia maraini callas pasolini africa

Spesso immotivate.

«Sono d' accordo. Però vorrei anche rispondere a Muccino. Tutte le critiche sono lecite, quando siano appunto critiche, anche se non penso affatto che il Pasolini regista abbia aperto la strada ai dilettanti, e rovinato il cinema italiano. Ma oggi i cineasti si comportano esattamente come lui.

 

Registi, attori, personaggi tv non fanno altro che scrivere romanzi appena raggiunto un po' di notorietà. Se vale il suo ragionamento, si potrebbe affermare che anche la letteratura è stata inquinata da questa tendenza a uscire dal proprio campo specifico. Perché il lettore ingenuo, alla fine, fa una gran confusione».

Medice cura te ipsum. Offelee, fa el tò mestee, come si dice più modestamente a Milano?
«Sia chiaro, non invoco nessun tipo di censura. Faccio solo notare una tendenza ormai evidente. Dopodiché va bene così, ognuno ha diritto di scrivere».

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