DAGOREPORT - SUL PIÙ TURBOLENTO CAMBIO D'EPOCA CHE SI POSSA IMMAGINARE, NEL MOMENTO IN CUI CRISI…
Gloria Mattioni per “il Venerdì- la Repubblica”
Un mogul hollywoodiano umile quanto potente, interessato più ad ascoltare che ad affermare, capace persino di lasciarsi mandare a quel paese senza opporre resistenza? Non proprio una specie comune, vero? Ma a smentire ogni statistica, ecco a voi Brian Grazer: produttore di film come Splash, 8 Mile, A Beautiful Mind, Apollo 13, Il Codice Da Vinci o Cinderella Man, e di serie televisive come 24, che gli hanno fruttato 43 Oscar e 131 Emmy nomination.
Uno che preferisce chiedere con gentilezza piuttosto che imporre ordini. Uno che lascia sempre la scelta all’interlocutore: il suo stile di management è quantomeno «curioso». Ma non nel senso di strano o un po’ inquietante: per Grazer la curiosità è il tratto più positivo e caratterizzante della sua personalità. È l’arma segreta, spiega, che sta dietro a ogni suo successo: dal superare le difficoltà causategli dalla dislessia all’epoca della scuola fino a oggi.
È lo strumento che usa per illuminare punti di vista sconosciuti raccontando storie che facciano pensare, insinuino dubbi e facciano crollare pregiudizi. «La curiosità è la molla di tutto» dice Grazer, che per condividere quello che ha imparato praticandola ha appena pubblicato negli Stati Uniti il libro A Curious Mind (Simon & Schuster, pp. 300, $ 25.99).
Anche i suoi film sono spesso il risultato delle «conversazioni curiose» che Grazer ha avuto in quattro decadi con persone che non potrebbero essere più diverse.
Difficile immaginare ci sia un altro individuo sulla faccia della terra che possa vantare di avere avuto incontri ravvicinati con Barack Obama, Muhammad Alì, David Hockney, LeBron James, Jim Lovell (il comandante dell’Apollo 13), Kary Mullis (Nobel per la Chimica), le Pussy Riot, Condoleezza Rice, Jonas Salk (oceanografo/biologo, scopritore del vaccino antipolio e fondatore del Salk Institute), Johnny Spain (uno dei sei prigionieri che nel 1971 tentarono la fuga da San Quentin), Naomi Campbell, Gloria Allred (avvocato femminista/divorzista delle star), Ted Turner, Justin Timberlake, Michael Scheuer (agente della Cia ed ex comandante dell’unità che catturò Osama bin Laden),
Kate Moss, Jack Healey (ex direttore di Amnesty International), Eminem, Eldridge Cleaver (leader del Black Panther Party), William Colby (ex direttore della Cia). E l’elenco è appena cominciato. E sorprendente proprio perché mescola sacro e profano, colto e pop. Se questi incontri sono accaduti, è perché la mente di Brian Grazer marcia alimentata dal carburante della curiosità.
Per esempio: dopo aver visto Titanic, sente l’esigenza di fare domande a oceanografi e capitani di navi da crociera; dopo aver seguito il processo di O.J. Simpson in televisione, vuole studiare la mentalità degli avvocati difensori per capire come facciano a fare il loro lavoro; quando al suo primo figlio, Riley, a sette anni viene diagnosticata la sindrome di Asperger, non si limita a intervistare neurologi e psichiatri, ma incontra molte persone con «disabilità» mentali per capire la diversità del loro sguardo sul mondo (e da questa esperienza personale risulterà uno dei suoi film più intensi, A Beautiful Mind, che racconta la vita del matematico John Nash, vincitore di un premio Nobel e affetto da schizofrenia).
«La curiosità» racconta Grazer «non è solo impertinente, è rivoluzionaria. Perché può provocare grossi cambiamenti offrendo punti di vista diversi e allargare la conoscenza di un argomento. È democratica, perché chiunque può praticarla indipendentemente da età, livello d’istruzione, status sociale, religione o razza. Ed è sottovalutata rispetto ad altri concetti come creatività o innovazione, mentre può produrre gli stessi risultati. Nella mia vita è andata proprio così: la curiosità mi ha aiutato a vivere la vita che desideravo, e ha contato più dell’intelligenza, della perseveranza o anche dei contatti».
E racconta di come sia stata sua nonna a incoraggiare la sua attitudine, mentre la mamma si disperava di fronte alle sue misere pagelle e ingaggiava costosissimi tutori che gli dessero ripetizioni di lettura: «“Non lasciarti definire e inquadrare da un sistema che non è per te”» mi diceva la nonna, «“usa la tua curiosità per imparare a modo tuo”. Era l’unica adulta sempre contenta delle mie incessanti domande, anche quando non sapeva la risposta: il fatto che avessi il coraggio di chiedere, d’interrogarmi e interrogare, e l’umiltà d’ammettere di non sapere molte cose, per lei era magico e prezioso».
A tutt’oggi, Grazer usa la curiosità ogni giorno nella sua vita, nelle relazioni e nel lavoro: «Mi aiuta a vedere il mondo con gli occhi di altri, in modi che altrimenti non conoscerei. È rinfrescante. Ed è l’unica maniera per raccontare storie che lascino il segno». A volte, confessa, è anche pericolosa: proprio grazie alla sua insistente curiosità, si è ritrovato a essere denudato e perquisito negli uffici centrali della polizia di Los Angeles («dopo un’anno dalla mia iniziale richiesta, il leggendario capo della LAPD, Daryl Gates, mi aveva finalmente concesso un’ora del suo tempo: sfortuna volle che il nostro incontro accadesse il 30 aprile del 1992, giorno in cui scoppiarono le sommosse a South Central e Koreatown...»).
Un’altra volta Grazer è stato mandato via, perché «impreparato», da Isaac Asimov, anzi da sua moglie, dopo pochi minuti («aveva ragione, non avevo letto abbastanza i suoi libri e le mie domande erano troppo generiche per suscitare il suo interesse: ero così curioso d’incontrarlo che avevo considerato secondario essere curioso di ciò che già aveva scritto»).
Ha rischiato grosso con Fidel Castro all’Havana, snocciolandogli la lista dei film da lui prodotti e concludendola con «...e poi ho fatto un film, Closet Land, su come i regimi totalitari torturano i loro cittadini» («ma fortunatamente Fidel era distratto dalla mia acconciatura da porcospino e reagì chiedendomi come facevo a farmi stare i capelli in piedi sulla testa col gel»). E ha rischiato letteralmente il collo con Norman Mailer, sommo scrittore di boxe, chiedendogli come aveva fatto quel pugile a vincere: non aveva finito la domanda che si trovò bloccato dalle braccia di Mailer intorno alla testa in un potente headlock.
Il libro offre anche una serie di consigli a chi voglia seguire le sue orme. Perché, «curiosamente», molti degli incontri Grazer non li ha ottenuti grazie alla sua fama ma alla sua «arte» nel richiederli: «Con un pizzico di sfacciataggine ma anche molta umiltà, confidando in me stesso ma senza arroganza, esercitando la pazienza ma anche insistendo. E, soprattutto, non lasciandomi scoraggiare se ricevevo un “no” come prima risposta. A quel punto, m’ingegnavo per accendere almeno una scintilla della loro curiosità verso di me».
IL PRODUTTORE BRIAN GRAZER jpeg
E poi? «Poi si tratta d’imparare a fare le domande giuste. Più pratichi la curiosità e più riesci a ottenere delle risposte vere». Molto sta nell’approccio con segretari etc: «Buongiorno. Sono Brian Frazer. Lavoro per la Warner Bros. La mia richiesta non c’entra col mio lavoro e non sto cercandone un altro. Vorrei incontrare Mr o Mrs X per sapere di più di lui/lei a proposito di...». Nel 90 per cento dei casi ha funzionato.
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