DAGOREPORT - 'STO DOCUMENTO, LO VOI O NON LO VOI? GROSSA INCAZZATURA A PALAZZO CHIGI VERSO IL…
Giovanna Grassi per il "Corriere della Sera"
Un avvocato che non si separa mai dal suo cellulare, una coppia in crisi che usa Internet per riempire i vuoti e le disillusioni di un legame consumato, una giornalista ambiziosa che specula sulla vita di un ragazzino che si esibisce su siti per soli adulti. Un mondo di persone sole: vicini di casa, colleghi, amici, casuali conoscenti cercano tutti un contatto umano usando i social network, telefonini, tablets, iPad. Storie incrociate che tessono la trama di Disconnect, duro atto d'accusa contro il web e la tecnologia. Un film costruito come un thriller.
«Scollegatevi e tornate a vivere» è l'invito-provocazione del regista americano Henry-Alex Rubin, 37 anni, già candidato agli Oscar per il documentario Murderball . Si scaglia contro «le fratture che il web ha creato in una dimenticata interazione tra le persone». E spiega: «Io, cresciuto con la tecnologia, ho voluto parlare di generazioni diverse. Quelle che con fatica hanno cercato di capire e usare gli strumenti moderni e quelle che le hanno fatte proprie sin da piccoli».
Rubin dice di aver portato sullo schermo la verità di gente comune. «Per questo ho intervistato centinaia di persone analizzando, per arricchire gli spunti della sceneggiatura, il loro modo di connettersi e utilizzare computer e altro. E' innegabile: viviamo ormai in una dimensione comune di schizofrenia, tutti incerti tra il mondo digitale e quello reale. Soltanto tra molti anni sarà davvero possibile analizzare le conseguenze di tutti i cambiamenti delle nostre esistenze».
Il piacere, l'utilità e i pericoli del web servono a tutti i personaggi per spiegare come la verità dei contatti umani più profondi o superficiali sia stata ormai modificata e contaminata dal digitale. La smania di essere perennemente in contatto appare come una sorta di cancro quotidiano.
Il protagonista Jason Bateman interpreta un avvocato, schiavo del lavoro (e del telefonino) che trascura moglie e figli. Sarà travolto da una tragedia familiare legata al web. «Ci sono elementi molto seri nelle storie che si intrecciano - spiega l'attore - A esempio, nel film ho un figlio adolescente vittima del bullismo in rete. Questo mette in crisi la famiglia. La tecnologia ha conseguenze impreviste anche nei rapporti tra genitori e figli».
Nel film ben accolto dalla critica Usa (in Italia dal 9 gennaio nelle sale) sono rappresentate diverse classi sociali. Alcune riprese sono state girate nelle scuole frequentate dai giovani interpreti e la lunga esperienza da documentarista del regista si evidenzia anche nei dialoghi spontanei. «Perché - spiega Rubin - ogni attore ha portato nell'intreccio le sue esperienze e il suo modo di connettere la vita vera con quella generata dai contatti digitali».
Sembrano ormai profetiche le parole di Tom Hanks che alla presentazione di C'è posta per te, disse: «Sempre più il mondo e le relazioni muteranno a causa delle comunicazioni via computer e dei nuovi marchingegni della tecnologia moderna. Prevedo, e non so quanto sia una cosa positiva, che vivremo sempre più attaccati a un telefonino e una scatola nera che ha trasformato il mondo». Era il 1998.
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