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CSABA, LA REGINA DELLA CASA- DALLA CUCINA ITALIANA DI CLASSE FINO AL RICEVIMENTO: CSABA DALLA ZORZA INSEGNA A CONQUISTARE GLI OSPITI (IN TV E IN LIBRERIA) - “GLI UOMINI SARANNO SEMPRE RISTORATORI MIGLIORI, ALLE DONNE LO SCETTRO DELLA CUCINA DI CASA...”

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Gemma Gaetani per “Libero Quotidiano”

 

CSABA DALLA ZORZACSABA DALLA ZORZA

Food writer e il volto tv tra i più classy in ambito gastronomica, di Csaba Dalla Zorza è appena uscito il nuovo libro, Good Food. Cibo vero, cucinato in modo semplice e sano (Guido Tommasi Editore).
 

Trecento pagine con imperdibili ricette (come i tagliolini rigorosamente fatti in casa con pesto di avocado), ma si tratta di un manuale esistenzial-culinario di peso solo fisico: tutto, all'interno, rimarca l' elegante leggerezza che Csaba cerca e rappresenta in cucina, con un approccio al cibo inteso come rituale del volersi bene. L' abbiamo intervistata.

Sei una delle poche personalità della cucina contemporanea molto attenta alla qualità del cibo eppure immune dall' ossessione per il chilometro zero. Come mai?
«Non mi piace mangiare (o cucinare) seguendo le mode e trovo che il chilometro zero sia in effetti una moda. Ho sempre prediletto la cucina stagionale, anche quando non se ne parlava poi tanto, perché i prodotti di ogni stagione stanno per loro natura bene insieme in un piatto o nel menù.

 

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Mangiare a "chilometro zero" non è sempre fattibile né più sano. Né per il consumatore né per il produttore. Sarebbe troppo limitante.
 

Si deve invece cercare di non andare troppo lontano, certo, evitando i cibi importati (spesso conservati) a meno che non sia proprio necessario. Far crescere una banana a Milano è difficile… Ma importare banane dal mercato equosolidale non lo trovo errato. Più che la moda del chilometro zero amo i prodotti delle nostre terre italiane. Ma le arance della Sicilia e i limoni della Costiera amalfitana, a Milano, non toglietemele mai!».

Nei tuoi libri e programmi tv hai sempre ribadito l' importanza della mise en place e dell' accoglienza degli ospiti. Possiamo affermare che una perfetta padrona della propria cucina è anche una perfetta padrona di casa?
«No, purtroppo, ma non è un male. Ci sono ottime cuoche che poi sono disinteressate al ricevere, e superbe padrone di casa che non sanno cuocere un uovo. Ciascuna è da apprezzare per ciò che ama fare, con il cuore. Io cerco di insegnare alle donne come trovare il piacere nell' uno e nell' altro: cucinare per ricevere, ricevere per dimostrare amore.

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Una bella tavola, anche molto semplice, ma apparecchiata con stile, è un piacere per gli occhi che aiuta la convivialità e farà passar sopra ad una cottura dell' arrosto magari non perfettamente riuscita... Ricevere non fa rima con perfezione, per me, ma sicuramente è un esercizio di stile verso la creazione del buono e del bello».

Sei una sostenitrice dell' uso del burro e dell' olio di oliva. Cosa pensi dei nuovi burri come quello di cocco? O dei nuovi oli, come quello di canapa, molto in uso nella cucina vegana? Mode passeggere o apripista di un' epoca che affosserà i nostri grassi classici?
«I grassi sono fondamentali per la salute del nostro corpo. Senza grassi, la pelle si spegne, le cellule non funzionano bene, il cervello non è più in grado di esercitare le sue funzioni.
 

Bisogna scegliere bene i grassi, sia vegetali che animali, guardando alla loro qualità. Il burro prodotto da latte sano, che arriva da mucche al pascolo, è un grasso fondamentale per la mia cucina. Non solo per i dolci! Basta fare un' omelette per capirlo: ama il burro, non l' olio. L' olio d' oliva, specialmente l' extravergine mediterraneo, è un toccasana per la nostra salute e una delizia a crudo in moltissimi piatti.
 

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Tra gli altri grassi vegetali, meno conosciuti, si deve imparare a scegliere. Oggi chi è vegano di solito ha una buona conoscenza di ciò che mangia. Io ho usato con piacere l' olio di cocco e quello di canapa. Ma non parlatemi di margarina e olio di palma, due falsi miti la cui immagine è stata costruita, a mio avviso, in modo poco corretto nei confronti del consumatore».

Vi siete diplomate nella stessa scuola di cucina francese e avete in comune una divulgazione dell' arte della cucina che oltrepassa tegami e fornelli: ti senti un po' la nostra Julia Child?
«Non oso pensare di avere un quarto della sua lungimiranza. È stata una donna straordinaria. Abbiamo frequentato la stessa aula a molti anni di distanza, ma la sua presenza è sempre là, tra quei fornelli. Io in realtà mi sento vicina a lei per la passione straordinaria che il cibo francese ha saputo passarci, elaborata poi da ciascuna in modo differente».

Esiste un predominio maschile nel mondo della cucina o è stata raggiunta una parità?
«La parità non c' è e non credo ci sarà a breve. Gli uomini saranno sempre ristoratori migliori, perché è un lavoro a mio avviso più maschile. Non me ne vogliano le donne, non riesco a essere femminista. La penso come Nigella Lawson, a noi è dato lo scettro della cucina di casa, come moderne dee del focolare. Ma ci sono ottime chef donna, e le ammiro».

Le differenze tra un uomo e una donna in cucina?
«A casa, un uomo cucina per piacere, una donna spesso cucina per necessità. Io vorrei che tutte le donne cucinassero per piacere. E per la soddisfazione che se ne può derivare. Gli uomini lo hanno capito e si divertono, spesso, più di noi… Ma sta a noi trovare il piacere, e possiamo farlo ogni giorno».

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