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Michele Focarete per “Libero Quotidiano”
Dopo la grande gioia, la delusione, lo scoramento, la depressione. Essere diventata donna a tutti gli effetti, come ha sentenziato la legge, ha significato però essere discriminata. Così Riccardo, ora Michelle Delmiglio Rouge, 33 anni, di Roè Volciano, in provincia di Brescia, non trova lavoro. E pensare che di domande ne ha fatte tante e in tutti i campi. Ma quando si presenta ai colloqui la risposta è sempre la stessa: «Vedremo, la terremo informata». Oppure: «Ci faccia avere il suo curriculum».
«E pensare - dice Michelle allargando le braccia disarmata, - che ero convinta che il peggio fosse passato». Il peggio, come lo chiama lei, è stato il complicato percorso che le ha permesso di ottenere il cambio di identità sui documenti. E torna indietro nel tempo a quando il 29 dicembre 1985 è nata uomo a Brescia con il nome di Riccardo e a 13 anni ha scoperto di essere gay. A 15 era già il bersaglio dei coetanei che non le lesinavano insulti e cattiverie di ogni tipo.
Prima discriminata ed emarginata dal mondo della scuola, poi da quello del lavoro. «Ma che colpa ne avevo io - ricorda non nascondendo un certo dolore, - se mi sono sempre sentita una donna, fin da piccola. Così a 15 anni ho cominciato a prendere gli ormoni di nascosto». Fino a quando decise di fare outing, di uscire allo scoperto e raccontare la sua omosessualità in un tema scolastico.
«I professori - ricorda Michelle, - hanno subito avvertito i miei genitori ed è successo il finimondo. Ne è nato un vero e proprio scandalo. Dopo quel tema è cambiato tutto e alla fine dell' anno mi hanno bocciata, nonostante avessi sempre preso dei bei voti. E ho dovuto cambiare scuola, ma le prese in giro e le continue cattiverie dei compagni erano indescrivibili, intollerabili. Alla fine, ho lasciato perdere tutto».
michelle delmiglio rouge quando era ancora riccardo
A 18 anni il primo seno e ancora tante umiliazioni. Ma la famiglia le è sempre stata accanto, spesso accompagnandola a Milano, al Niguarda, perché doveva sottoporsi ad alcuni interventi chirurgici. «Fino alla sentenza storica del 30 dicembre 2017 - ricorda Michelle con un pizzico di orgoglio, - quando i tre giudici del tribunale di Brescia mi hanno riconosciuto l' identità di donna. Successivamente ho cambiato il nome attraverso la prefettura: ho aggiunto il nome e il cognome di mia madre, un modo per ringraziarla per tutto quello che aveva fatto per me».
I giorni nostri però non sono di fatto migliori, anche se Michelle non mostra ombre di rassegnazione. Così appena può cerca un impiego, chiama gli amici per avere qualche raccomandazione. Ma niente. Il suo ultimo lavoro, di poche ore e a chiamata, è stato quello da barista a Brescia. «Spendevo più in benzina per arrivare al lavoro, che quello che riuscivo a guadagnare, mance comprese». Ma non si era tirata indietro neppure quando aveva indossato i panni di lavapiatti o di operatrice call center. Tutto finito in fretta.
Michelle a tal proposito ha una sua teoria: è convinta che in questa brutta storia, ci sia lo zampino dei media. «Credo fermamente - spiega cercando di convincerci, - che l' esposizione mediatica mi abbia penalizzata. Essere andata in diverse trasmissioni importanti televisive non mi ha giovato. Anzi. Continuano a vedermi con occhi sbagliati, con pregiudizi e a giudicarmi per quella che non sono. E questo mi fa tanto male. In Tv e sui giornali ci sono andata per raccontare la mia storia da primo transessuale italiano che ha ottenuto i documenti da donna, senza operazione. Ma anche per denunciare le ingiustizie con cui troppo spesso devo fare i conti».
Michelle, nonostante le tante porte che le si chiuso in faccia, non si arrende e dice di essere una donna con molta voglia di fare «ma che purtroppo vengo giudicata per altri motivi, di certo non inerenti alla professionalità. A volte ho sbagliato mostrandomi anche in foto con abiti succinti. Era un modo sciocco di attirare l' attenzione su di me. Cercavo una sorta di aiuto di supporto, per non sentirmi mai sola e isolata dal mondo».
Ha avuto sfortuna anche con il reddito di cittadinanza. Ha inoltrato la richiesta ad aprile ma, per un errore delle poste, la domanda è stata presa in considerazione solo in questi giorni.
«Guardi - dice Michelle incrociando le dita, - se dovessi percepire il reddito di cittadinanza, ho già detto all' assessore che vado a lavorare gratis per il comune».
Poi, con un largo sorriso, le piace immaginare di avere in mano una bacchetta magica. «Vorrei che fosse tutto meno complicato e gradirei affrontare la vita come una donna qualsiasi di 33 anni». E aggiunge: «Magari userei la bacchetta per partecipare al programma di Federica Panicucci. Hai visto mai che da cosa nasce cosa».
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