DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
Estratto dell'articolo di Francesco Piccolo per “la Repubblica”
Torna Playboy. Questa è la notizia. Accompagnata da una foto di copertina che annuncia una coniglietta seduta su un razzo proiettato nel futuro. E questa forse è l’unica cosa che riguarda il futuro, o il presente — oltre al fatto che si possono vedere i contenuti esclusivi pagando un canone mensile; perché poi la coniglietta è una coniglietta di Playboy come siamo abituati a vederla. Quindi il futuro è il contesto e la forma digitale.
Ma la sostanza è quella di sempre, che vive da settant’anni, esclusi gli ultimi in cui era sparito. Ma fin dalla copertina del primo numero del 1953, con Marylin in abito nero e molto scollato, fonda un immaginario che accompagnerà generazioni, arrivando fino a sei milioni e mezzo di copie vendute nel periodo d’oro.
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I maschi sono ancora quelli che vogliono sfogliare pagine per guardare donne nude o seminude? Anche se evoluti, consenzienti e convinti della contemporaneità, partecipi e capaci di indignarsi, sono ancora e sempre quelli che guardano i culi e le tette? La risposta, a giudicare da questa rinascita, è irrimediabile: sì. In fin dei conti, sì. E le nuove regole, spesso, servono a occultare i desideri più elementari, anche deprecabili. Ma uno poi, perché dovrebbe avere desideri non deprecabili? Si può educare chiunque a essere un cittadino migliore, ma nella luce tenue della propria stanza, nessuno deve essere come vogliono gli altri. Anche questa si potrebbe mettere tra le grandi regole di una democrazia che funziona.
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Mio padre aveva la collezione di Playboy rilegata anno per anno, e messa in degli scatoloni in cantina.
Io mi ricordo lunghi pomeriggi in quella cantina a sfogliare quei numeri, a vedere le foto di attrici o cantanti famose che si spogliavano solo un po’; poi c’erano le conigliette del mese che si spogliavano invece completamente — eppure erano molto più eccitanti le persone conosciute; e proprio per questo: perché erano conosciute. Le avevi viste tante volte vestite, e stavolta le vedevi nude; questo era il passaggio decisivo, almeno per quanto mi riguardava.
In più, Playboy , anche nella versione italiana, aveva racconti di grandi scrittori, interviste lunghe e appassionanti, firme di giornalisti prestigiosi. Questa combinazione era stupefacente, potevi vedere Iva Zanicchi seminuda e subito dopo leggere un racconto di Moravia, e questo rendeva tutto più coscienzioso, autorizzabile. A quel punto anche Iva Zanicchi era qualcosa di più. E in fondo, era la prova tangibile che anche gli intellettuali erano animaleschi come tutti gli altri, cercavano solo di spiegare con molte frasi circostanziate perché tutto questo aveva un senso — anche se tutto questo un senso non si sa se ce l’aveva, e se ce l’aveva era quasi sicuramente un altro. Però quei racconti e quelle interviste erano davvero molto belli, e si combinavano con la bellezza dei corpi (chissà se una frase del genere si può dire ancora; ma per fortuna, se uno scrive, se ne fotte di quello che si può o non si può scrivere — altra contraddizione irrisolvibile).
Tanto che a un certo punto smettevo di nascondermi in cantina, ed esibivo la mia combinazione di desiderio e cultura. Mi dava un’aria evoluta leggere Playboy in pubblico — qualcosa di molto molto diverso da adesso.
francesco piccolo foto di bacco
Quindi, Playboy , il suo mito, l’epica di Hugh Hefner nella sua casa piena di conigliette, la piscina, e il mondo della rivista, è durato anni; ed è appassito in sintonia con il cambiamento del costume, delle regole, con la complessità del sesso nella vita sociale del tempo presente, e con l’avvento di internet che toglieva forza alla pubblicazione di nudi. E adesso tutto riparte proprio da lì. Avrà senso? Durerà? Significa qualcosa?
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Playboy sembra essere davvero in contraddizione con il mondo. Quel razzo chissà dove si dirige, se davvero nel futuro. Non sembrerebbe. Ma il nostro compito è quello di accoglierle le contraddizioni, capirle, e chiedersi cosa significano. Non condannarle prima ancora di comprenderle. Se torna Playboy , insomma, vuol dire che quel maschio in giro c’è ancora. È qui vicino. Molto vicino. Probabilmente, sono io.
pamela anderson in copertina su playboy nel 1999 kiki klout playboyhugh hefner playboyxmas vintage playboy 1970xmas vintage playboy 1972xmas vintage playboy 1diana gabrovska playboy (3)diana gabrovska playboy (3)playboy germany vagina cover
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