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Margherita Reguitti e Lillo Montalto Monella per www.ilpiccolo.gelocal.it
Una chiamata dai responsabili della comunicazione di Facebook in Italia, nella mattina del 31 marzo, ha chiuso il caso della "censura" alla grafica giapponese in mostra a Gorizia con le scuse da parte dell'azienda di Menlo Park e il ripristino della foto.
L'opera d'arte che ha per soggetto un nudo femminile raffinato ed elegante, esposta alla Biblioteca statale isontina nella mostra "Segni e cromie: incontri. Esperienze grafiche contemporanee in Giappone e in Italia ", allestita in collaborazione con l'Associazione nazionale incisori contemporanei, ha infatti trovato di nuovo posto nell' album Facebook da cui era stata rimossa qualche giorno prima.
"La foto era stata rimossa per errore, ma ora è stata ripristinata. Il nostro team esamina milioni di segnalazioni ogni settimana, e a volte commettiamo degli sbagli, come in questo caso. Ci siamo scusati per l’inconveniente causato", ha scritto al Piccolo un portavoce di Facebook.
La censura era scattata per «la visualizzazione di immagini di nudo a tutela della comunità globale particolarmente sensibile a questo tipo di contenuti per via della loro cultura o età» (così si legge al link "standard comunità") su una grafica eseguita con tecnica alla maniera nera di cm 36x20.
Il soggetto è biblico, sintetizzato nel titolo "Judith", scelto dall'artista giapponese Takeshi Katori. Un tema, quello di Giuditta che uccide il nemico generale assiro Oloferne, interpretato nei secoli da maestri assoluti quali Caravaggio o Artemisia Gentileschi, tanto per fare un paio di nomi. L’immagine della grafica, assieme ad altre, era stata postata sulla pagina Fb dell’Associazione incisori a illustrare la mostra. Sorpresa aveva destato il fatto che il colosso creato da Mark Zuckerberg ritenesse offensivo della sensibilità dei suoi “amici” le immagini di «seni femminili dove è visibile il capezzolo», ma consentisse la pubblicazione «di foto di donne che allattano o mostrano il seno con cicatrici causate da una mastectomia», come è esplicitato nelle regole della piattaforma social. (…)
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