RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
Marco Giusti per Dagospia
Che vediamo stasera? Mah… Finalmente su Disney+ avete “Avetrana”, la miniserie in quattro puntate diretta da Pippo Mezzapesa, ribattezzata “Qui non è Hollywood” per non offendere gli avetranesi, che stasera saranno tutti lì a guardare la tv. In chiaro in prima serata vedo parecchi film interessanti. A cominciare dallo stravisto ma sempre emozionante “Shutter Island”, megathriller psicologico di Martin Scorsese con Leonardo DiCaprio, Mark Ruffalo, Ben Kingsley, Emily Mortimer, Michelle Williams, Iris alle 21, 10. Fu un grande successo, incassò 293 milioni di dollari, che rilanciò la carriera di Scorsese e venne superato solo da “The Wolf of Wall Street”, sempre DiCaprio.
avetrana. qui non e' hollywood
Per fare capire che tipo di film volesse girare, Scorsese fece vedere alla sua troupe due film, “Le catene della colpa” di Jacques Tourneur e “La donna che visse due volte” di Alfred Hitchcock. Ma sono fonte di ispirazione anche i celebri film di zombi anni ’40 di Val Lewton. Se cercate qualcosa di meno dark ci sarebbe “Una festa esagerata”, una delle più riuscite commedie di Vincenzo Salemme, sceneggiata dal regista assieme a Enrico Vanzina con Vincenzo Salemme, Massimiliano Gallo, Tosca D'Aquino, Iaia Forte, Nando Paone, Cine 34 alle 21, 05.
Riprendendo un suo successo teatrale, Salemme si circonda di fedelissimi come una Tosca D’Aquino scintillante e giustamente sguaiata col tono della napoletana arricchita, “I peperoni non devono essere molli, ma duri e croccanti”, un Nando Paone arcigno e claudicante, e delle new entries di gran classe come una isterica Iaia Forte come vicina che non sopporta i rumori, e un Massimiliano Gallo nel ruolo di Lello, portiere in seconda, quindi “secondino”, che sogna il portierato grazie a un voto “uanime”, cioè unanime, di solida tradizione peppinesca. Tv2000 alle 20, 55 propone lo storico femminista “Suffragette” di Sarah Gavron con Carey Mulligan, Meryl Streep, Helena Bonham Carter, Ben Whishaw, Romola Garai, Canale 20 alle 21, 05 il thriller “The Town” diretto da Ben Affleck con Blake Lively, Ben Affleck, Jeremy Renner, Jon Hamm, Rebecca Hall, Chris Cooper, Slaine.
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Su Canale 27 alle 21, 10 l’action comedy “Tower Heist” di Brett Ratner con Ben Stiller, Eddie Murphy, Matthew Broderick, Casey Affleck, Téa Leoni, Michael Peña. Rai Movie alle 21, 10 propone il solido thriller di John Woo “Nome in codice Broken Arrow” con John Travolta e Christian Slater alle prese con una testata nucleare che non si trova più, Samantha Mathis, Delroy Lindo. La regia frenetica di John Woo faceva la differenza. Mi incuriosisce “A testa alta”, thriller diretto da Kevin Bra con Dwayne "The Rock" Johnson, Johnny Knoxville, Neal McDonough, Kristen Wilson, Ashley Scott, solo perché ho visto una bella puntata di “The Penguin” diretta proprio da questo Kevin Bray che mi è sembrata molto buona. Mediaset Italia 2 alle 21, 15 propone un classicone come il primo episodio di “Hunger Games” diretto da Gary Ross con Jennifer Lawrence, Josh Hutcherson, Liam Hemsworth, Elizabeth Banks, Woody Harrelson.
Non solo Jennifer Lawrence era molto più giovane, meno star e più fresca, ma anche il film, con la regia di Gary Ross era più politico e più interessante dei successivi. Rai 1 alle 21, 30 propone l’ottimo “Il diritto di contare” di Theodore Melfi con Taraji P. Henson, Octavia Spencer, Janelle Monáe, Kevin Costner, Kirsten Dunst. Sembra che quando la vera Katherine Globe Johnson abbia visto, a 98 anni, la sua storia sullo schermo, si sia chiesta che cosa avesse di così interessante la sua vita per farci addirittura un film. In realtà, quello che sostiene tutto il lungo racconto di questo solido, divertente, preciso “Il diritto di contare”, è proprio la storia di Katherine e delle sue amiche, Dorothy Vaughan e Mary Jackson, matematiche nere, interpretate da Tataji P. Henson, Octavia Spencer, Janelle Monae, che nei primi anni ’60 contribuirono, in pieno segregazionismo in Virginia, ai calcoli spaziali della Nato che mandarono il primo uomo americano, John Glenn, in orbita nello spazio e poi sulla luna.
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La novità è che non solo non si tratta di tre donne bianche, ma di tre donne afro-americane in un momento particolare della storia del paese, tanto che le scoperte scientifiche andranno di pari passo con la lotta per i propri diritti. Il film, che ha avuto tre nomination agli Oscar, miglior film, miglior sceneggiatura non originale e migliore attrice non protagonista, Octavia Spencer, è tutto costruito su questo preciso momento, cruciale per la storia del paese sotto tutti i punti di vista, ovviamente comprimendo i tempi per necessità di racconto.
Ma è interessante notare come abilmente Melfi giochi le sue carte nel racconto usando certi particolari, realmente accaduti, come il diritto a poter usare i bagni dei bianchi, legandoli alla corsa per spedire Glenn nello spazio. In questo modo, è vero, rileggiamo dal punto di vista delle tre ragazze, la storia dei pionieri dello spazio americani, ma, soprattutto, leggiamo le loro storie e le loro lotte. Dorothy vuole diventare supervisore delle matematiche e impara a usare i primi computer IBM. Mary vuole il posto di ingegnere alla NASA, ma non averlo perché i neri non possono iscriversi a Ingegneria in Virginia. E sarà la prima a poterlo fare. E Katherine, oltre alla sua storia personale con un ufficiale, Mahershalala Alì, vuole il suo posto nello staff di Al Harrison, Kevin Costner, gran capo del progetto spaziale.
Passiamo alla seconda serata con un tardo Terminatori, cioè il modesto “Terminator Destino oscuro” diretto da Tim Miller con Arnold Schwarzenegger, Linda Hamilton, Mackenzie Davis, Natalia Reyes, Gabriel Luna, Italia 1 alle 21, 55. Su Cine 34 alle 23 troviamo un altro film di Salemme, “Volesse il cielo” con Vincenzo Salemme, Tosca D'Aquino, Maurizio Casagrande, Biagio Izzo. Cielo alle 23, 20 propone un film erotico diretto nel 1975 da Jesus Franco “La felicità nel peccato”, che traduce “Les nuits brûlantes de Linda” con le sue muse Alice Arno, Lina Romay e il grande Paul Muller, porno d’autore con i fantasmi scopatori. La versione hard dura 81 minuti, quella soft 76… Rai4 alle 23, 35 propone un film che potrebbe dare una svolta alla vostra serata, “Cut! Zombi contro zombi” gradevole pasticcio di Michel Hazanavicius con Romain Duris, Bérénice Bejo, Grégory Gadebois, Matilda Anna Ingrid Lutz, dove gli zombi veri si magnano la troupe di un film di zombi, remake di un film giapponese di Shin’ichiro Ueda.
A Cannes, il titolo francese originale, “Z”, venne cambiato in “Coupez!” dopo le proteste di Zelensky affinché non sembrasse qualcosa di legato alla Z dei tank russi. Allora, in piena guerra, mi sembrò che aprire Cannes con un film di zombi non fosse proprio elegante. Magari, quello che accetti da un piccolo film giapponese stravagante, girato in 8 giorni con 25 mila dollari e un incasso di 25 milioni di dollari, lo accetti meno da un regista considerato da festival come Hazanavicius. La trovata dei due film è la stessa. L’apertura con un film nel film.
Trentadue minuti di girato con la camera a mano senza tagli (ma un taglio c’è), contro i trentasette del film giapponese, dove una scalcinata troupe di cinematografari che hanno idea di fare un film sugli zombi, capitanata da un regista presuntuoso, il Remi di Romain Duris, l’attrice Ava di Matilda Lutz, la truccatrice Nadia di Berenice Bejo, ecc., vengono assaliti da un gruppo di veri zombi. Proprio Gnam! Gnam! E vediamo i nostri protagonisti morire sotto i nostri occhi e risorgere come zombi. L’effetto è sorprendente, soprattutto se non lo sai. E non capisci cosa stai vedendo e dove il film ti voglia portare. Dopo il film nel film parte un flash-back che spiega un po’ la produzione del film. E cerchi di capire i personaggi. Ma l’effetto che conta è tutto nello scatenato inizio. Voglia di Aznavour. Vedo che in Francia è uscito il biopic sulla vita del cantante, “Monisuer Aznavour” diretto da Mehdi Idir e Grand Corps Malade e interpretato da Tahar Rahim. Stasera potete vedervi su Rai5 alle 0, 05 il documentario “Aznavour by Charles” di Marc Di Domenico.
Italia 1 alle 0, 30 propone uno dei migliori film di Guillermo Del Toro, “Pacific Rim”, fantascientifico fumettistico con Charlie Hunnam, Idris Elba, Rinko Kikuchi, Charlie Day, Ron Perlman, Max Martini. Troppo 3D, troppo luminoso e eccessivo per piacere al pubblico dotto dei critici, ma quanto era innovativo e quanto si apriva al pubblico asiatico… La notte si tinge di rosso e si apre al gore. Con “Scream 4” diretto da Wes Craven con David Arquette, Neve Campbell, Courteney Cox, Emma Roberts, Hayden Panettiere, Tv8 alle 0, 30. Quanto a gore e a sangue non manca neanche nel favoloso “Nynphomaniac” diretto da Lars von Trier con Charlotte Gainsbourg, Stellan Skarsgård, Stacy Martin, Shia LaBeouf, Jamie Bell.
Leggo 300 minutio di durata, quindi sono le due parti unite in un unico blocco. Vediamo cosa ne sc rissi quando vidi, assieme a Dago, parte I. Mea vulva! Mea maxima vulva! Preparatevi. Recuperate le letture del liceo, un po’ di Sade rivisto da Jesus Franco, un po’ di Edgar Allan Poe, anche “La caduta della casa degli Usher” in versione Roger Corman, “La bellissima Dorothea” di Peter Fleischmann con Anna Henkel, rivedetevi qualche vecchio porno anni ’70. Ma soprattutto risentitevi “Born To Be Wild” degli Steppenwolf, già colonna sonora di “Easy Rider” nel 1968, e il “Valzer n.2” di Dmitri Shostakovich, già usato dal defunto Stanley Kubrick per “Eyes Wide Shut”. E documentatevi sull’Orgelbüchlein di Bach, grandiosa opera non finita pensata nel 1717 come guida all’uso dei pedali nell’organo e progetto polifonico.
E chiudete gli occhi per due minuti, come ti obbliga, come fosse un film erotico di Joao Cesar Monteiro o la preparazione a un lungo viaggio nelle oscurità del corpo e della mente (“Riempi tutti i miei buchi…”), il grande inizio di questo meraviglioso “Nymphomaniac I”, di Lars Von Trier, primo assaggio dell’ultima parte della sua Trilogia della Depressione, iniziata con “Antichrist” e proseguita con il capolavoro “Melancholia”. Tutti interpretati da Charlotte Gainsbourg. Ovviamente. Film duri, sgradevoli, ossessivi, per inciso mai capiti da Paolo Mereghetti e dai nostri critici (certo…), che hanno costruito nel bene e nel male il mito di Lars Von Trier.
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Che si può permettere di costruire sull’idea della polifonia e su Bach una serie di scopate della sua protagonista, di chiedere a una star come Shia Le Beouf le dimensioni del suo pene per ottenere il ruolo nel film (lui gli ha mandato un video privato dove scopa con la fidanzata), di sostituire Nicole Kidman con Uma Thurman per una delle scene più importanti del film, di farci ridere dove dovremmo essere disturbati, di portarci verso una qualche umanità della sua protagonista e di negarla brutalmente sul più bello, di essere trasparente e impenetrabile al tempo stesso, distante e vicinissimo al suo oggetto di studio, ebreo e non ebreo come il suo protagonista Steligman, ebreo non circonciso, di spostarci continuamente il punto di vista del suo racconto.
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Chi guarda? Chi racconta davvero? Qual è la verità? Jo, Charlotte Gainsbourg, sanguinante a terra in un vicolo, viene soccorsa da il più anziano Steligman, Stellan Skarsgard, che la porta a casa e la cura, offrendole del tè e del dolce. In cambio lei gli racconta la sua lunga storia di ninfomane, da quando era piccolissima a oggi. Ma ogni capitolo della storia è come impostato da Steligman seguendo una sorta di percorso da metteur en scene. Così un capitolo delle sue avventure di ragazzina, interpretata dalla strepitosa Stacy Martin, è costruita sulla pesca con la mosca, la femminilità di mettere accanto a un cornetto una forchetta da dolci fa partire la storia d’amore con Jerome, cioè Shia Le Beouf, l’agonia del padre, Christian Slater, è introdotta dalle pagine del celebre “La caduta della Casa degli Usher” di Edgar Allan Poe, la presa di coscienza del suo non sentire nulla, della sua sordità rispetto al sesso, dei suo rapporti non conclusi, sull’altrettanto non compiuto “Orgelbüchlein” di Bach.
Lars Von Trier costruisce lui stesso delle trappole per i suoi attori e per i suoi spettatori che andranno rispettate per la costruzione del racconto e l’esplosione di sentimenti. L’oggetto del racconto è tutto e il contrario di tutto, il sesso, l’amore, la vita, la morte, la famiglia, i rapporti uomo-donna, la crisi della società occidentale, ma anche il puro divertimento del raccontare seguendo delle regole a sorpresa, come la pesca. Jo e Steligman non sono solo la narratrice e l’ascoltatore, sono anche i testimoni del viaggio che si sta mettendo in scena, i nostri occhi sul mondo.
Il fatto che la Jo che vediamo sullo schermo non sia, almeno nella prima parte del film, la Jo che racconta, ma questa incredibile ragazzina, Stacy Martin, del tutto inedita per lo schermo, più simile a una giovane Jane Birkin che a una giovane Charlotte Gainsbourg, e riesce a trasmetterci una grazia verginale facendo cose terribili, rende ancora di più distante da noi il racconto dai raccontatori. Posso ancora proporvi “The Hi-Lo Country” di Stephen Frears con Woody Harrelson, Billy Crudup, Patricia Arquette, Penelope Cruz, western moderno tratto da un romanzo del 1961 di Max Evans che voleva assolutamente dirigere Sam Peckinpah. Max Evans aveva scritto per il cinema il curioso “The Rounders", western comico con Glenn Ford e Henry Fonda.
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Alla fine comprò i diritti del libro Scorsese e lo fece dirigere al bravo Stephen Frears. Ma lo sceneggiatore è il Walon Green di “Il mucchio selvaggio” e è il film finale di Katy Jurado. E mi rendo tragicamente conto che non l’ho mai visto. Dove lo fanno? Su Iris alle 2, 35. Su Rete 4 alle 3 i fan di Lucio Fulci potranno vedere “Beatrice Cenci” con Lucio Fulci con Tomas Milian, Adrienne La Russa, Georges Wilson, Mavie, Antonio Casagrande. Assolutamente da non perdere. Iris alle 4, 30 propone la commedia “The Shape of Things” di Neil LaBute con Gretchen Mol, Paul Rudd, Rachel Weisz, Frederick Weller. Rai Movie alle 5 passa uno degli ultimi film di Billy Wilder, “Avanti!”, che in Italia diventò “Che cosa è successo tra mio padre e tua madre?” con Jack Lemmon, Juliet Mills, Clive Revill, Pippo Franco, Mario Adorf.
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Il ruolo di Carlucci, il direttore dell’albergo, era stato pensato e scritto da Billy Wilder per Marcello Mastroianni, che rifiutò. Ma che fai fare un ruolo così a Marcello? Allora provò Nino Manfredi e Romolo Valli, che non vennero presi perché parlavano un inglese troppo italiano per il pubblico americano. Alla fine prese il neo zelandese Clive Revill. Ma il film è pieno di italiani in piccoli ruoli, Pippo Franco, Gianfranco Barra, che fa davvero ridere, Guidarino Guidi, Giselda Castrini. Strepitosa, perché comica, la scena di nudo dei due protagonisti, Jack Lemmon e Juliet Mills, imbranatissimi. Billy Wilder aveva scritto che il padre di Lemmon non aveva una storia con la madre di Juliet Mills, ma con un cameriere dell’albergo. A Hollywood la cosa non venne gradita. La chiudo qui.
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