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VIDEO - IL TRAILER DI "HOUSE OF CARDS"
Giulia D'Agnolo Vallan per Dagospia
âBinge' e' il termine inglese che si usa per descrivere un consumo eccessivo e molto concentrato nel tempo, in genere di alcol o di cibo. Dai primi, scarsi, dati d'ascolo, molti americani, lo scorso week end, sono stati risucchiati in un binge da piccolo schermo -che pero' non aveva niente a che fare con il Superbowl dei Ravens e 49ers. E, strettamente parlando, non era nemmeno "alla" televisione.
â'House of Cards'', l'ambiziosa, attesississima, serie prodotta da David Fincher (regista di "Seven", "Social Network") per il sito internet Netflix e' apparsa in rete venerdi' sera. Ma non, come succede per qualsiasi serial tv (o del web), secondo una scansione di puntate distribuite per esempio settimanalmente: l'intera prima stagione (13 "capitoli" di circa un'ora ciascuno) di questa densa, raffinata, soap washingtoniana -che triangola personaggi shakespeariani, la turgidita' lurida di un Dallas e l'ossessione procerdurale di CSPAN- e' stata resa disponibile in streaming tutta d'un colpo ai 27 milioni di abbonati a Netflix (7.99 dollari al mese, ma il primo te lo regalano).
A loro/noi la scelta di come consumarla - e di come gestire gli inevitabili âout of sync' con gli amici che sono qualche episodio piu' avanti o piu' indietro di te -di decidere se questa scommessa di Netflix nel territorio della TV di qualita' alla HBO, va ingerita come un litro di Coca-cola ghiacciata in un secchiello di plastica al multiplex o a sorsi lenti, come un wiskey d'annata.
Avendo divorato 13 episodi in poco piu' di 48 ore (cosa successa in passato solo con il trudiciddssimo, politicamente incorretto, â'24'', e con repliche di â'Sopranos''), la mia esperienza e' stata inequivocabilmente quella cheap. Un âbinge', in cui i 15 secondi che, sullo schermo computer, separano un capitolo e l'altro ti sembrano interminabili e la cena puo' sempre aspettare fino a dopo il capitolo seguente...
Domenica sera, la produttrice di â'Girls'', Jenni Conner, vittima di un âbinge' anche lei, lamentava via Twitter di non sapere come comunicare "con chi non era ancora arrivato almeno a meta' di â'House of Cards". La critica tv del "New York Times", Alessandra Stanley, sostiene invece che â'House of Cards'' per essere apprezzata merita di essere sorseggiata lentamente, con gusto.
In realta' entrambe le esperienze sono plausibili. Con un budget valutato intorno ai 100 milioni di dollari per 26 puntate (la lavorazione delle seconda stagione parte in primavera), Kevin Spacey nel ruolo di protagonista, e un regista di serie A come produttore esecutivo, l'ambizione del progetto e' molto alta, quello di un fenomeno mediatico/cuturale. L'idea che i siti internet possano, un giorno, sostituire interamente i canali TV.
Steven Soderbergh (che nel 2003, aveva realizzato anche lui una serie sulla politica washingtnoniana, interessante e poco vista, â'K Street'') l'ha definita "una della cose piu' belle apparse recentemente su uno schermo". In effetti, i primi due episodi, diretti da Fincher (e sontuosamente fotografati da Eigl Bryld), hanno la stessa texture sensuale e misteriosa dei suoi film. Nonostante gli altri registi -James Foley, Joel Schumacher, Carl Franklin e Charles McDougall- facciano un lavoro piu' convenzionale del suo, nell'insieme, â'House of Cards e' un esperienza di qualita' (cinematografica), un film da 13 ore.
Ma quella qualita' non basterebbe senza l'amo costituito dal soggetto delle serie, e cioe' Washington, e la macchina della politica americana, un luogo dell'immaginario (e di fascinazione) che alla TV (ma anche al cinema, basta pensare a â'Lincoln'') sta velocemente rimpiazzando classici luoghi della fiction seriale -stazioni di polizia, ospedali, tribunali, la cucina di famiglia....
Adattata da una popolare serie della BBC ambientata nel parlamento inglese anni '90, â'House of Cards'' e' il microcosmo di Washington raccontato attraverso lo sguardo, e le manovre mefistofeliche, di Francis Underwood (Spacey), un deputato democratico del South Carolina che spesso (come Riccardo III, ruolo che Spacey ha interpretato recentememte a teatro) spiega le sue macchinazioni rivolgendosi direttamente al pubblico.
Bella e senza scrupoli come lui, sua moglie Claire (Robin Wright) e' una Lady Macbeth nascosta dietro alla facciata presentabile e politicamente corretta di un'organizzazione proambiente. Zoe Barnes (Kate Mara) e' la classica giovane giornalista disposta a tutto, che abbandona la redazione di un importante quotidiano per arruolarsi in un blog politico d'assalto. Ambizione sfrenata e spietatezza totale accomunano questi tre personaggi e molti di coloro che li circondano.
La Washington di â'House of Cards'' e' un nido di vipere senza possibilita' di leader idealisti (come quello che abitava la Casa bianca di â'The West Wing'') o di redenzione (nemmeno in virtu' di ideale piu' alti, come in â'Lincoln'' di Spielberg).
Quando, nella prima puntata, Underwood non riesce a diventare segretario di stato, mette in atto un meccanismo di vendetta che non esclude la distruzione di carriere, di vite e persino un cadavere. E il cinismo che infesta tutta la serie, dai corridoi della politica ai rapporti intimi, non stupisce: alla sceneggiatura e' infatti il drammaturgo Beau Willimon, che aveva scritto la piece da cui e' stato tratto il cupissimo film di George Clooney (ambientato durante una campagna per le primarie democratiche) â'Le idi di marzo''.
Piu' Underwood è cattivo e piu' lo vuoi guardare. Politica, amoralità , vizio e sesso - ingredienti molto tradizionali, da soap classica, per una visione del futuro (âbinge' o non). Questo il segreto di â'House of Cards''.
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