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Giancarlo Loquenzi per “la Stampa”
A fine settembre vedrà la luce «Verità», il nuovo quotidiano diretto da Maurizio Belpietro: 3 milioni di euro per partire, 24 pagine, sede milanese con affaccio sul centro destra post berlusconiano.
Un' area politico-editoriale in gran fermento se si considera anche il passaggio di mano de il «Tempo» da Domenico Bonifaci alla famiglia Angelucci che già possiede «Libero».
Ma la notizia, più che far parte delle novità editoriali dell' anno, trova piuttosto risalto nel contesto quasi antropologico dell' eterna rivalità tra Belpietro e Vittorio Feltri, che nel frattempo è tornato alla direzione di «Libero», da lui fondato e diretto nel 2000 e da cui lo stesso Belpietro è stato cacciato a maggio. Il garbuglio è già evidente e a voler ricostruire gli intrecci, i passaggi, gli scambi e gli scontri tra i due ci vorrebbe un inserto speciale.
Anche perché la guerra continua: «Libero» e «Verità» già si atteggiano a fortilizi contrapposti con passaggi di campo annunciati, tradimenti e defezioni.
Hanno già passato il Rubicone verso la nuova sponda Giampaolo Pansa, Giacomo Amadori, Massimo De Manzoni; ha detto ciao con un tweet anche Mario Giordano e già si parla di possibili fughe per Giancarlo Perna e Filippo Facci. Ma anche questo non basta a raccontare il sottofondo vero di una vicenda umana e professionale cominciata molti anni fa.
Una rivalità che nel giornalismo potrebbe trovare una sua rima con l' epopea sportiva di Bartali e Coppi. Con il giovane gregario che diventa il più temuto rivale, e con quel dualismo che si faceva leggere anche come una metafora politica dei tempi. Le differenze poi sono infinite ma se nello scontro lungo le strade del Giro si intravedeva anche lo spirito del tempo: la frattura tra laici e cattolici, la rivalità tra comunisti e democristiani, anche il continuo surplace di Feltri e Belpietro potrebbe riraccontare le tensioni interne al centro destra, fino agli odierni scismi sull' asse del renzismo.
Anche Belpietro era un gregario all' inizio. Feltri lo racconta così quando la prima volta lo incontrò nel 1982 a «Bergamo Oggi» di cui era direttore: «Era tutto precisino, indossava i pulloverini con i colorini, quasi sempre grigio orfanotrofio. Ma era intelligente. E un po' sospettoso. Pensai: "Sto qua mi sarà pure un po' antipatico, però ci sa fare" e gli delegai la guida del giornale in mia assenza. Aveva 25 anni, un ragazzino».
All' inizio il loro rapporto fu proprio questo: Feltri che delegava la guida del giornale a Belpietro, Feltri che inventava, spiazzava, volteggiava, annusava l' aria e anche si godeva la vita, Belpietro al chiodo, stacanovista, concentrato sui menabò.
Andò così all'«Indipendente» nel '92 e poi al «Giornale» nel '94: la cura Feltri-Belpietro, funziona, ha l' effetto di un ricostituente su testate spossate e anemiche, e diventa un marchio di fabbrica.
Poi le cose cambiano, Belpietro si affranca, prova il gusto della direzione al «Tempo» di Roma e arriverà a sfilare dalle mani di Feltri, prima il «Giornale» nel 2001, poi «Libero» nel 2009 e spesso fa meglio del maestro.
I due non sono mai arrivati allo scontro e all' insulto, la loro rivalità è sempre stata fatta di allusioni, covata guardandosi da lontano con reciproca sprezzatura. Le cose cambiano con l' avvento dell' era renziana. Quando l' editore di «Libero» e parlamentare di Forza Italia, Antonio Angelucci, decise di allontanare Belpietro, si disse che era una manovra ispirata da Verdini per svelenire almeno un po' l' anti-renzismo del quotidiano. Belpietro aveva più volte detto di voler votare no al referendum costituzionale, così ecco arrivare alla direzione Feltri che invece si era convinto per il sì e aveva cercato di convincere anche Berlusconi.
Ma Feltri a fare il renziano di complemento non ci sta e ribalta l' accusa niente meno che su Belpietro con una lettera a Marco Travaglio condita di qualche malevola indiscrezione: «Quando si dice che Belpietro è stato cacciato perché antirenziano e io ripreso a "Libero" perché renziano, si prende un granchio.
Perché Renzi non l' ho mai visto se non in tv. Mentre so con assoluta certezza che Belpietro si è scomodato ben due volte, per andare a Palazzo Chigi dove ha incontrato il presidente del Consiglio in carica, con cui, in entrambe le circostanze, ha fatto colazione». Per la «Verità» si aspetta fine settembre.
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