DAGOREPORT - NON TUTTO IL TRUMP VIENE PER NUOCERE: L’APPROCCIO MUSCOLARE DEL TYCOON IN POLITICA…
Giuseppe Scaraffia per Io Donna
Quando l’aveva incontrata, il 7 ottobre 1925, al Théâtre des Champs-Elysées, Joséphine Baker era non era ancora, come diceva Colette, "la più bella pantera e la più affascinante delle donne", ma solo una ballerina che si faceva notare per il suo dinamismo tra le tante colleghe di colore della “Revue nègre”.
Georges Simenon al contrario era un poligrafo che si stava affermando nella Parigi notturna degli anni folli. Si firmava ancora Sim e frequentava artisti come Picasso e Vlaminck, viveur come André de Fouquières. Aveva 23 anni e scriveva ottanta pagine al giorno. Non si rileggeva mai, preferendo passare sempre a un nuovo soggetto.
Travolto dal fascino e dalla vitalità di quella ventenne che danzava nuda con un gonnellino di banane, aveva scritto un peana alle sue natiche: “E’ un sedere agognato da poter essere venerato L’hanno visto nudo… talmente teso, talmente staccato dal torso con un immenso gesto di sfida, da formare un essere a parte, che vive di vita propria, molto ma molto lontano dal viso della Baker su cui, comicamente, gli occhi si toccavano per lo stupore”.
Non c’erano dubbi” quella ballerina era “una sintesi di voluttà animale, giovane e vivace come il jazz, trepidante, ridente, brutale e candida, soprattutto gioiosa di una gioia infantile sana ed esuberante, non viziosa, ma forse avida. Perché il sedere della Baker turba i continenti? Perché gli uomini si commuovono in massa e perché anche la gelosia delle donne viene disarmata? Ma perché è un sedere che ride!”.
Presto le donne più emancipate si riconobbero in quella ragazza nera che entrava trionfalmente in scena sulle spalle di un nero gigantesco, interamente nuda tranne una piuma di fenicottero rosa tra le cosce. Non si sentiva volare una mosca mentre il portatore le faceva fare la ruota tenendola per la vita. Quando Joséphine toccava terra, la sala scoppiava in un boato.
La sua energia era incontenibile come la sua volontà di godersi i piaceri della vita. Quando, reduce dallo spettacolo, Joséphine arrivava al suo club, “Chez Joséphine Baker”, si scatenava in folli danze. Presto il locale era diventato uno dei posti prediletti dagli snob e dai conoscitori di jazz. La cucina era affidata a Freddie, una cuoca nera preparava i piatti preferiti della ballerina, tra cui gli spaghetti al peperoncino. Negli intervalli Joséphine allattava con il biberon la capretta Toutoute, membro di riguardo del suo zoo personale.
Non doveva essere stato difficile a un seduttore come Simenon conquistare Joséphine, che accumulava disinvoltamente schiere di amanti tra i due sessi. Le donne che l’avevano conosciuto non avevano dubbi: il fascino di Simenon era quasi palpabile. Insieme a lui si sentivano protette e i problemi sembravano svanire.
In una foto di quei giorni Georges Simenon in smoking, seduto vicino a una radiosa Joséphine Baker, aveva un’aria sorniona. I rispettivi accompagnatori sembravano non accorgersi di niente. L’accompagnatore della ballerina, il sedicente conte Pepito Abatino, uno gigolò siciliano, sorrideva felice del successo del club che aveva creato, senza stare a badare alla tumultuosa sessualità di Joséphine.
La bella, androgina Tigy Simenon, in tubino nero e capelli corti, fissava l’obiettivo con aria fatale, ma nascondeva un’insormontabile frigidità. Eppure molti anni dopo lo scrittore si lamentava ancora della malsana gelosia della moglie pittrice che l’aveva obbligato a nascondere la sua relazione con la Venere Nera. Georges non aveva dubbi sui ruoli dei coniugi nel matrimonio. “La donna deve essere solo un riflesso del marito e sacrificare la propria personalità alla sua”. Simenon era geloso di Tigy, ma non sopportava la sua gelosia.
Seduceva regolarmente le modelle della consorte, ma evitava con cura le relazioni. “Ci sono donne con cui non si può fare all’amore senza poi esserne inseguiti”. Ricorreva quindi a raffinati bordelli o alle avvenenti entraineuses del Café de la Paix. Aveva una strana idea della discrezione: una volta, avendo sorpreso la moglie di un amico ballare nuda in una casa d’appuntamenti, se la fece mandare in camera, per non “farle venire dei complessi”.
Il sesso per lui era come il tatto per un cieco: l’unica maniera di raggiungere un mondo che gli sfuggiva. “L’unica comunicazione possibile con le donne è quella sessuale”. Anche perché, si diceva, forse non c’era nulla da capire, forse le donne erano solo riflessi del desiderio maschile. “Provavo una vera e propria sofferenza all’idea di sapere che esistevano milioni di donne che non avrei conosciuto.”
L’unica eccezione alla regola di Simenon fu la lunga relazione con Joséphine Baker. “Ci innamorammo follemente, fu un vero colpo di fulmine”. Nella sua vita intima, Baker si comportava con la stessa libertà che la faceva ballare nuda. L’insaziabilità di Simenon dava la misura del vuoto affettivo. “Ho sempre vissuto l’amore solo come un incidente, una malattia, quasi una malattia vergognosa” aveva confidato a André Gide. Ma quella “bambina selvaggia ” aveva infranto la sua corazza interiore.
Presto i nottambuli si erano abituati allo strano quartetto – I Simenon, la Baker e Abatino – che ogni sera si ritrovava. Georges, che detestava il siciliano, tentava di camuffare la situazione dicendo di fare il segretario della star. In effetti il romanziere cercava di mettere ordine nella frenetica vita dell’ “Uccello delle isole”. Rispondeva alle lettere, rivedeva i conti e mandava alla madre dell’artista un assegno mensile. "... Sim è un giovane giornalista, molto gentile e adorabile. Per tutto quello che fa per me la gente pensa che sia il mio segretario...", commentava languidamente la seduttrice.
Progettava addirittura una rivista popolare, “Joséphine Baker’s Magazine”. L’impresa non lo spaventava, dopo avere scritto interamente con dodici pseudonimi diversi il patinato “Frou-frou”. Gli amici di Joséphine consideravano Georges “un monello” senza interesse che la distraeva dai magnati che la corteggiavano. Ma lei si comportava con la stessa libertà che la faceva ballare nuda o stravolgere la bella faccia simulando lo strabismo. Simenon non aveva mai incontrato una persona altrettanto libera e avida di vita.
Intanto, giorno dopo giorno, la Baker diventava sempre più celebre. I parrucchieri spingevano le clienti a “bakerfissarsi” i capelli con la brillantina come lei. Appena si era laccata d’oro le unghie, una sofisticata poetessa, Anna de Noailles, l’aveva battezzata “la pantera dagli artigli d’oro”. Tutte si abbronzavano a Deauville sperando di avvicinarsi alla sfumatura intensa delle sue carni sode. I sedili della sua auto, una lussuosa Delage, erano in pelle di serpente. Chiquita, il suo leopardo, aveva una serie di collari coordinati con gli abiti della padrona. I rotocalchi elencavano i nomi dei suoi animali: Ethel, lo scimpanzè, Albert il maiale, Kiki il rettile e via dicendo.
JOSEPHINE BAKER CON I BAMBINI ADOTTATI
Nel 1927, il loro amore era quasi completo, come il “Joséphine Baker’s Magazine”, che aveva già pronta la copertina per il primo numero, quando era svanito nel nulla. La fama di Simenon era cresciuta, ma con una velocità molto inferiore a quella della sua amante. Quando aveva deciso di scrivere le sue memorie, Joséphine non si era rivolta a Georges, ma a un altro. Invece insieme a lui aveva formulato il folle progetto di un finto rapimento. Per fortuna si erano fermati in tempo. “Che bella réclame! Joséphine ed io abbiamo rischiato di caderci… l’inevitabile pubblicità ci ha fatto paura. Un falso scandalo che diventava un vero scandalo!”.
Poco dopo Simenon decise di allontanarsi. L’amava ancora, ma non voleva essere un principe consorte. “Essere il marito o l’amante di una donna famosa e non essere nessuno non sarebbe la peggiore tortura per l’orgoglio di un uomo?” Riuscì a rompere solo con uno sforzo di volontà rifugiandosi con la paziente Tigy all’isola d’Aix, di fronte a La Rochelle, per cercare di dimenticarla. Agli intimi confidava: “Ero diventato l’amico di Joséphine Baker, che avrei sposato se non mi fossi rifiutato, sconosciuto com’ero, di diventare monsieur Baker”. Ma la rinuncia aveva proiettato la silhouette dell’amata nei nuovi romanzi dell’inconsolabile romanziere. Nel “Colpo di luna”, è facile riconoscerla nel ritratto di un’indigena nuda. “La ragazza aveva un seno abbondante e sodo. I fianchi, come quelli di un maschio adolescente, erano meno larghi del busto, ma il ventre aveva ancora la tipica rotondità dell’infanzia”.
Joséphine continuava la sua ascesa e, all’apice del successo, stava pensando di sposarsi con il sedicente conte Pepito Abatino di Calatafimi che continuava a sopportare stoicamente i suoi tradimenti. Ma quando l’aveva saputo Simenon le aveva scritto furibondo: “Il tuo Pepito è un impostore. E’ conte come io sono presidente degli Stati Uniti. Si chiama Giuseppe Abatino e lavorava come gigolo prima di metterti le mani su di te. E’ uno scroccone, un truffatore, un parassita. Non è mai stato capace di pagarsi una birra con il proprio denaro. Non ha mai lavorato. E’ piuttosto del genere che fa lavorare le donne, sai cosa voglio dire”. Intimidita, ma non domata la Baker si era sposata segretamente con il suo accompagnatore.
Si rincontrarono solo trentanni dopo a New York, “sempre innamoratissimi l’uno dell’altra”, sostiene Simenon. Lei si comportò come se il tempo non fosse passato. Sgranò gli occhi scuri e chiese: “Georges! Perchè mi hai abbandonato?”
JOSEPHINE BAKER CON IL GHEPARDO ADDOMESTICATO JOSEPHINE BAKER CON IL TUTU DI BANANE simenon e le donne JOSEPHINE BAKER CON IL TUTU DI BANANE CUSH JUMBO NEI PANNI DI JOSEPHINE BAKER SIMENONJOSEPHINE BAKER Josephine Baker JOSEPHINE BAKER A VENEZIA JOSEPHINE BAKER POSTER ANNI VENTI DEL CHARLESTON CON JOSEPHINE BAKER JOSEPHINE BAKER ZIEGFELD FOLLIES JOSEPHINE BAKER LA COMUNE PER BAMBINI JOSEPHINE BAKER LOCANDINA DI UNO SPETTACOLO JOSEPHINE BAKER CON LA DIVISA MILITARE FRANCESE
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