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È MORTO FRANCESCO ALBERONI
(ANSA) – Il sociologo, giornalista e scrittore, Francesco Alberoni, é morto all'età di 93 anni a Milano. Alberoni si è spento al Policlinico dove era ricoverato da alcuni giorni per una complicazione sopraggiunta durante una terapia alla quale era sottoposto per problemi renali. La data dei funerali di Alberoni non è stata ancora stabilita.
Alberoni, noto in tutto il mondo per i suoi studi sui movimenti collettivi e i processi amorosi, era nato a Piacenza il 31 dicembre del 1929. Docente di sociologia all'università di Milano dal 1964, si è occupato di comunicazioni di massa, di fenomeni migratorî, di partecipazione politica in Italia. Tra le sue opere più celebri, Movimento e istituzione; L'élite senza potere: ricerca sociologica sul divismo: L'Italia in trasformazione; ma anche Innamoramento e amore; L'erotismo; L'arte del comando; Sesso e amore; Leader e masse; Lezioni d'amore; L'arte di amare. Il grande amore erotico che dura.
Membro del consiglio di amministrazione e consigliere anziano facente veci di presidente della Rai nel 2005, Albertoni è stato anche editorialista del Corriere della Sera, che dal 1982 al 2011, ogni lunedì, ha ospitato in prima pagina una sua rubrica intitolata Pubblico e privato. Nel 2015 è stato pubblicato il volume antologico Il tradimento. Come l'America ha tradito l'Europa e altri saggi, mentre è del 2016 il saggio L'arte di avere coraggio. Alberoni è stato anche rettore dell'Università di Trento dal 1968 al 1970 e della Iulm dal 1997 al 2001.
BIOGRAFIA DI FRANCESCO ALBERONI
Da www.cinquantamila.it – la storia raccontata da Giorgio Dell’Arti
Francesco Alberoni, nato a Borgonovo (Piacenza) 31 dicembre 1929. Sociologo. «Va’ pensierino» (Roberto D’Agostino).
• Vita Tra i pochissimi capaci di costruire bestseller con saggi socio-filosofici. Sua teoria più nota quella che rende l’innamoramento simile allo stato rivoluzionario che prepara il cambiamento di una società: come per la società, che passata la fase rivoluzionaria si dota di istituzioni, allo stesso modo l’innamoramento si stabilizzerebbe poi nello stadio più alto dell’amore.
rosa giannetta alberoni e francesco
Fino al 2011 ha scritto ogni lunedì sul Corriere della Sera, poi sul Giornale. È stato presidente del Centro sperimentale di cinematografia e ha fondato la scuola di regia televisiva e per la fiction a Milano. È stato: rettore dell’Università di Trento (1968-1970); rettore dello Iulm di Milano (1997-2001); consigliere d’amministrazione della Rai (2003-2005, come membro più anziano svolse la funzione di presidente dopo le dimissioni di Lucia Annunziata); presidente del Centro sperimentale di cinematografia di Roma (2002-2012).
Messo sotto accusa di continuo per via di un pensiero che si vuole troppo facile ed esposto con una scrittura troppo chiara (da cui la battuta di D’Agostino riferita in testa), ha risposto: «Non mi consideri presuntuoso, ma anche di Cicerone dicevano così: scrive troppo chiaro. E Galileo? C’è gente che dice che il suo Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo è un libro banale perché può essere capito anche da un bambino delle elementari».
«A scuola ero un allievo modello, perfezionista. Non sopportavo invece la disciplina di tipo militare richiesta allora ai bambini dal regime fascista. In compenso ero un leader naturale, avevo sempre attorno a me una banda di ragazzini che trascinavo inventando giochi collettivi e avventure. Peccato che a casa mia non ci fossero libri. Li scoprirò più tardi, finita la guerra nel 1945, nella Biblioteca comunale dove passerò la maggior parte dei miei pomeriggi leggendo moltissimo di storia e di filosofia».
FRANCESCO ALBERONI E GIORGIA MELONI
• All’università avrebbe voluto iscriversi a Filosofia, fu costretto a rinunciare perché aveva fatto il liceo scientifico, così si iscrisse a Medicina a Pavia con l’idea di fare psichiatria «come Sigmund Freud o Karl Jaspers». Dopo la laurea, quando stava per partire per gli Usa, fu chiamato a lavorare con padre Agostino Gemelli, che guidava il più importante istituto di Psicologia italiano. Sull’esperienza all’Università di Trento.
«Il movimento studentesco, nel 1967, aveva compiuto un’occupazione durata sei mesi, e aveva costretto quasi tutti i docenti a dare le dimissioni. Io sono stato chiamato proprio per ricostruire l’università dalle macerie del processo rivoluzionario. Ero affascinato dal compito non perché mi lusingasse il ruolo di rettore, ma perché mi interessavano i movimenti. Li avevo studiati anche empiricamente (...)
Appena arrivato, avevo proposto al gruppo dirigente del movimento il mio progetto di organizzazione didattica dell’università. Bisognava studiare i classici della sociologia, su questo non ero disposto a cedere. Per coinvolgerli avevo introdotto la psicanalisi (...) Poi ho proposto agli studenti più anziani di collaborare con il docente per fare i seminari di sociologia (...)
A Trento ho avuto anche la conferma che c’è un’affinità profonda fra innamoramento e movimento. Nell’innamoramento due persone si piacciono prima di conoscersi, e tendono a mettere in comune le loro risorse e le loro esperienze. Avviene lo stesso nel movimento (...)
Marzo 1970. La mia avventura di Trento è finita. Ho deciso di dare le dimissioni da rettore. Fra poco nelle strade ci sarà la battaglia che vede schierati, da un lato, gli studenti e, dall’altro, le forze dell’ordine e la cittadinanza. L’ho evitata per quasi un anno e mezzo, ma ora sono subentrati due fattori nuovi che sfuggono al mio controllo: il primo è la partenza di tutta la leadership del movimento studentesco da Trento. Con la fine dell’anno scolastico se ne sono andati: c’è chi si è laureato, chi si è sposato, chi è andato a lavorare, chi a continuare l’attività politica altrove. Il secondo fattore: si sono raddoppiati gli iscritti. La nuova massa di matricole è totalmente diversa.
I ragazzi che hanno creato il movimento erano una élite. Studiavano e avevano scoperto per proprio conto le idee in cui credevano (...) Le nuove matricole sciamano per le vie di Trento (...) non studiano, non pensano. Hanno la testa piena di confuse idee marxiste-rivoluzionarie. Parlano di movimento, ma non sono un movimento (...) Sono un branco, un aggregato, senza leadership, senza progetto (...) Sanno solo ripetere formule, recitare slogan che hanno orecchiato, fare gesti che hanno visto fare da altri, o di cui hanno sentito parlare (...) I trentini non vedono l’ora che la polizia gli dia una solenne pestata (...) Ci si prepara allo scontro che arriverà inevitabilmente con reciproca soddisfazione (...) Prima che avvenga tutto questo, io mi sarò dimesso. Riunirò l’ultimo plenum dei professori e farò la mia relazione non in prosa, ma in versi, in strambotti. Che almeno il mio rettorato finisca in allegria, con risate» (da Le sorgenti dei sogni).
francesco alberoni - arturo artom - giulio giorello
• Aiutò Diego Della Valle a battezzare le sue scarpe Tod’s. Partecipò, in posizione di rilievo, al team Barilla che inventò la formula del Mulino Bianco. Nel 2013 ha pubblicato la biografia Pietro Barilla: tutto è fatto per il futuro andate avanti con coraggio (Rizzoli).
• Sposato con Rosa Alberoni.
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