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DAGOREPORT – CHE FINE HA FATTO IL FANTOMATICO "PONTE" CHE MELONI SOGNAVA DI CREARE TRA USA E UE? PRI…
1. DAGOREPORT
Incredibile dictu, è scoppiata la Bisi-mania! Quello che ieri scatenava ondate di esecrazioni e imprecazioni (piduista, faccendiere, oscuro lobbysta, etc.), al mejo sprigionava colpi di Alzheimer (Bisignani chi?), oggi te lo ritrovi citato normalmente su tutti i giornali, "Fatto" e "Repubblica" compresi.
E l'"uomo di fiducia" della coppia Andreotti-Letta non si ferma: giovedì scorso era perfino ospite da Gigi Marzullo, tra il mistico e l'asceta: "Potrei morire felice anche domani"
Intanto inarrestabile prosegue il tour delle 100 mila copie: venerdì sera è volato da Nuzzi a Ponza d'Autore a dibattere fino a mezzanotte con il sindaco Vigorelli in prima fila sul suo libro-intervista; mercoledì' tocca a Catanzaro; ai primi di agosto l'appuntamento clou della Costa Smeralda con un dibattito sul potere con Paolo Madron che intervista Briatore e Bisignani e poi Capalbio dove Andrea Purgatori interrogherà la coppia con "L'uomo che sussurra ai potenti". A Chiarelettere si leccano il portafogli mentre il duo dell'estate andrà ad Asiago per rispondere alle domande di Claudio Sabelli Fioretti.
BISIGNAGNI DA MARZULLO "Sottovoce" 25 luglio 2013 Link http://www.rai.it/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-2366b652-cc79-4e43-9dd4-b1b249a9e7ef.html
2. BISIGNANI, L'UOMO CHE SUSSURRA IN PIAZZA
Denise Pardo per "l'Espresso"
Presentazione a Olbia, in piazza, primi di luglio. Il pubblico, tanto, pone le domande: «Dottor Bisignani: se Hillary Clinton si presentasse alle prossime elezioni americane secondo lei Israele e la comunità ebraica la appoggerebbero?». L'interpellato vissuto come politologo-sibilla cumana scoppia in una risata poco Cia-Pentagono-Mossad-P2,3,4, alcuni dei poteri che rappresenta, a torto o a ragione, nell'immaginario di chi ne ha sentito parlare: «Non ne ho la minima idea. Mi sono limitato a scrivere un libro. Non ho la palla di vetro».
"L'uomo che sussurra ai potenti", titolo del suo volume scippato con spirito assai sulfureo a "l'Espresso" che l'aveva inventato per una copertina dedicata a lui e a certi comitati d'affari («Impossibile trovarne uno migliore», ride con notevole godimento), in questa fase non sussurra più. E per la prima volta forse nella sua vita se ne sbatte dei potenti perché oggi il suo target è altrove. In un certo senso ben più alto, addirittura molto largo. à il pubblico dei lettori italiani, a decine di migliaia fino a oggi. Lui che ha sempre pensato in grande, anzi in grandissimo, nel bene e nel meno bene, chissà a quanto mira.
Per Luigi Bisignani il tempo dei sussurri non sarà finito per sempre, ma certo al momento è sospeso. Anche perché non sarebbe così semplice continuare a sussurrare imbottito com'è di microfoni. Non eccitanti cimici di servizi militari o deviati, ma noiosi microfoni senza brivido, quelli di talk show, radio, auditorium, festival di libri, palchi di paese dove arriva sommerso dagli inviti. Anche il sussurro è in tournée, alla fine. L'ombra e il suo uomo sono saliti alla ribalta, i suoi misteri sembrano svelati, qualcuno certo, non molti di sicuro.
Prima del libro, non c'era verso di convincerlo a partecipare a una cena con più di sei convitati. Ora parla come Johnny Depp davanti a centinaia di persone di tutto quello che è passato nella sua vita. E non si sottrae alle domande più scomode. Dai microfoni di Radio Carcere ha elargito consigli ai detenuti, anche al Cavaliere da anni sull'orlo di una suite dal sole a scacchi (a proposito della prossima sentenza della Cassazione, gli ha consigliato di avvalersi della prescrizione per prendere tempo) e ha esortato con molto vigore il Capo dello Stato a firmare l'amnistia promessa appena eletto.
Per raccontare lui e le sue gesta il talk show "Virus" di Nicola Porro lo ha trasformato in cartone animato: Bisignani nei panni di uno chef, di un cuoco che cucinava i potenti. Ma no! L'uomo che sussurra disegnato come Heidi? Come se Mata Hari fosse stata ritratta in bigodini. La metamorfosi della normalità , sia pur gestita come un delitto perfetto, distrugge la mitologia. Ma è anche vero che poi i salmi finiscono in gloria, in questo caso meglio se in classifica.
Bisignani è uomo di gran mondo e a suo modo di rara saggezza: «La riservatezza non è più di questa terra, Internet, twitter e ogni diavoleria tecnologica ha distrutto questo bene inestimabile. Lei capisce? Quando per mesi ho potuto seguire in diretta i Consigli dei ministri grazie a un telefonino accesso, il mistero è finito, il segreto espatriato, non resta che uscire dall'ombra del palcoscenico». Tanto vale.
Quel che conta è che il pubblico accorra. Prima tiratura, 35 mila copie. Bruciate in meno di tre giorni. Ora all'ottava edizione il libro intervista scritto con Paolo Madron ha superato le 80 mila, è sempre sul punto di esaurirsi e per Bisignani, la soddisfazione è doppia. C'è anche quella di essere stato stampato da Chiarelettere, casa editrice di Marco Travaglio e degli inchiestisti giudiziari che ne hanno sempre seguito e perseguito le tracce. Una scelta diabolica, anche una rivincita, forse una specie di beffa dopo il danno, il suo.
Per anni, Bisi per gli amici, Gigi o Gigino per quelli di più antica data, 60 anni, invariabilmente vestito in blu con camicia di un bianco da cherubino, ritenuto uno degli uomini più influenti d'Italia (il più influente, Cavaliere dixit), definizione più comune faccendiere, tangentista, piduista, chi più ne ha più ne metta - ma lui naturalmente preferisce presentarsi come «battitore libero senza padroni né padrini» o «stimolatore di intelligenze» - ha personificato il potere e le sue trame più oscure. à stato condannato per finanziamento illecito nell'inchiesta Enimont: «Ho sbagliato, ho pagato», dice; ha patteggiato per l'inchiesta sulla P4. Il suo nome è stato in cima a qualunque affaire o cricca della Repubblica.
Quando era tempo di grandi nomine si tirava in ballo il suo zampino. Nei racconti della vulgata, era sempre appena entrato o uscito, naturalmente solo all'ora delle streghe o solo all'alba, da Palazzo Chigi e dai vari palazzi del sistema, secondo alcuni dalle grandi logge del grande potere. Era l'uomo del mistero: Ior, Vaticano, elenchi massonici, forzieri leciti e casseforti occulte. Un personaggio da Dan Brown. Ora gira l'Italia per presentare un libro come un politico qualunque ma si può immaginare l'attrazione che emana.
Lo fermano negli aeroporti, per strada, lungo il corso di Orbetello, al porto di Cala Galera all'Argentario, al bar Vinicio di Ansedonia, dove ha casa, per chiedere l'autografo, la dedica, ma anche per infilargli in tasca o in mano bigliettini di raccomandazioni, suppliche, protezioni. La voce cortese com'era quella di Giulio Andreotti, il sommo padrino a cui nei modi assomiglia sempre di più, si diffonde dagli apparecchi radio, dove è ospite via via di "Un giorno da pecora", "28 minuti", "La zanzara".
Nelle poltrone dei programmi tv d'informazione siede con grande agio, affabile ed educato come non avesse né i segreti né gli scheletri che gli sono stati attribuiti, e comunque come se non riguardassero lui. Secondo alcuni, questo lo rende deliziosamente ancora più fascinoso. Da ombra a grillo parlante, la più prodigiosa piroetta mediatica mai vista prima.
Proprio lui che non aveva mai concesso un'intervista, proprio lui con una sola foto in circolazione, dell'epoca in cui impazzavano i Pooh. Ora si mette automaticamente in posa. Ora risponde a tutto.
«E adesso, signore e signori, arriva l'uomo che ci rivelerà il mistero kazako», è la presentazione di Nicola Porro. Si palesa lui e sillaba: «Un'incredibile pasticcio», tutti applaudono, che rivelazione! Sparge savoir faire istituzionale («Quando arriva Roberto Calderoli, i senatori, dopo il suo commento sul ministro Kyenge, dovrebbero alzarsi e andarsene»); consigli di gestione ministeriale («Angelino Alfano dovrebbe essere molto più presente al ministero dell'Interno»); strategie da unità di crisi («Berlusconi e Toni Blair dovrebbero spiegare al dittatore kazako che questa faccenda sarà dannosa solo per lui»); taglienti giudizi politici: «Matteo Renzi è solo un prodotto televisivo».
E il Cavaliere no?
Una meraviglia del creato, un portento dello yin e yang del potere. Che prevede e predice perfino e ci azzecca, probabilmente sa e fa filtrare: «Il Cavaliere rifonderà Forza Italia». Il Cavaliere rifonda. «I due partiti Pd e Pdl imploderanno». Ce la stanno mettendo tutta. «Alla presidenza di Finmeccanica andrà Gianni De Gennaro». Fatto.
«C'è stata una cena ad Arcore, Marina sarà l'erede perché Berlusconi non rinuncia al nome sul simbolo». Da verificare, ma ha un suo perché. Ovunque vada c'è una domanda che non manca mai: «Cos'è il potere, dottor Bisignani?» e lui dai, ogni volta, a fare lo gnorri, il modesto, il potente per caso: è troppo intelligente per dire che se lo è stato, lo è stato a sua insaputa.
Certo non a sua insaputa, in un grande palazzo con varie entrate e varie uscite (ah, la riservatezza!) ha aperto da poco la società Four, consulenze altamente tecniche per chi vuole contatti, aperture e assistenza in mezzo mondo, Sud America, Libia, Gran Bretagna, i mercati dell'Est: «Per tanti anni ho viaggiato in lungo e in largo per pubblicare le pagine gialle di decine di Paesi: ho conosciuto tutti quelli che valeva la pena conoscere». L'uscita dall'ombra, il successo del libro, il potere sbandierato anche in Papuasia fanno fioccare i clienti: visto che consiglia i grandi, hanno pensato molti imprenditori medi, potrebbe consigliare anche me. Se continua così una cattedra in Bocconi non gliela leva proprio nessuno.
Intanto il libro scala le classifiche. Per sei settimane è in prima posizione. Poi il testa a testa, non con uno qualunque ma con un super potente, con "Francesco" il libro del papa. «Non dimentichiamo, però, che il suo costa solo 3 euro e 50, quasi dieci meno del mio», sottolinea poco angelico lui che al Vaticano ha dedicato un capitolo e nelle presentazioni rivela menu papalini e una frequentazione non proprio spirituale con San Pietro e i suoi conti cifrati. Oltre che una vecchia conoscenza con il pontefice venuto dall'Argentina, terra dove ha vissuto per più di dieci anni, e con un bel po' di alti papaveri del governo vaticano.
Vicenza, Roma, Torino, Riva Ligure, Olbia, Capalbio, Ponza, Asiago, Catanzaro, Punta Ala, Verona, la Sicilia e via così ancora, Bisignani attraversa l'Italia in lungo e in largo. à l'estate del suo libro come la scorsa fu, con ben altri numeri certo, quella delle "Cinquanta sfumature". In fondo il legame c'è: pure "L'uomo che sussurra ai potenti" denuda, anche se solo in parte, alcuni lati del potere temporale e d'Oltretevere. In una delle presentazioni sempre assai gremite, si alza una suora. Gli domanda, timida, una spiegazione sull'esito del Conclave e sull'elezione inattesa di papa Francesco.
Cattolico e credente, Bisignani ormai trasformato anche in vaticanista nonché teologo, non batte ciglio e risponde: «Non c'è dubbio: è opera dello Spirito Santo. Io conosco...». Il silenzio che cala è spettrale. Il pubblico fissa con occhi sbarrati l'uomo che sussurra ai potenti. L'interrogativo che aleggia è: "Oddio, non sarà che ha conosciuto pure lo Spirito Santo?".
Attimi di silenzio e lui continua: «Conosco molti cardinali e so che non avrebbero mai votato uno come Bergoglio notoriamente contro i privilegi e con un unico cliente, il povero. Lo Spirito Santo ha detto ai grandi elettori: se non votate per lui la Chiesa finisce malissimo». Gli applausi arrivano scroscianti. E il dubbio che Bisignani abbia rapporti perfino con lo Spirito Santo non viene del tutto fugato.
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