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Sara Faillaci per "F"
Sono una donna fortunata, lo scriva. Da certe esperienze si esce trasformati: so che non sarò più quella di prima, ma so anche che sono diventata una persona migliore».
Elena Santarelli è da poco tornata a lavorare, in tv, su Rai1, nel programma del pomeriggio Italia Sì, condotto da Marco Liorni. È una delle “sagge”, ovvero aiuta a raccontare e commenta storie di italiani in difficoltà o che hanno esperienze da condividere. Un ruolo impensabile fino a poco tempo fa per una come lei, che nell’immaginario collettivo era la showgirl dal fisico statuario e sexy, bella come una Barbie e per giunta moglie di un calciatore (Bernardo Corradi).
Oggi Elena è un’altra donna: sempre bellissima, ma lo sguardo è consapevole e maturo e con chi ha di fronte è capace di instaurare una profonda empatia. È successo che lo scorso novembre la conduttrice ha saputo che suo figlio Giacomo, 9 anni, ha una malattia importante, di quelle che hanno un nome che fa paura, anzi terrorizza,ciascuno di noi; figurarsi se a esserne colpito è un bambino, un figlio.
Pochi giorni dopo averlo scoperto, Elena ha deciso di condividere il suo dramma con il mondo intero: ha scritto un lungo post su Instagram in cui raccontava «il pugno nello stomaco» che aveva ricevuto, «un pugno così forte che ti toglie il respiro e ti gela il corpo all’istante». Bastava scorrere a ritroso le immagini sul suo profilo per vedere i fotogrammi di una vita invidiabile: il marito altrettanto bello e famoso, i figli Giacomo e Greta ritratti al mare, in montagna; momenti di felicità che si sono susseguiti ininterrotti per anni.
La verità è che basta un minuto, una telefonata, per cambiare tutto: il tuo mondo, la tua prospettiva, quello che sei. E nessuno di noi sa che reazione avrebbe. Elena oggi lo sa, perché l’ha vissuto: non si è abbattuta, ha reagito. Non solo. Con suo figlio in terapia si è spesa da subito per aiutare la onlus Heal (che finanzia la ricerca per la neuroncologia pediatrica, progettoheal.com), utilizzando la sua popolarità per raccogliere fondi. Oggi, dopo quasi un anno da quel giorno, ha deciso che era arrivato il momento di tornare al lavoro. E l’ha fatto, con il sorriso sulle labbra.
Che effetto le ha fatto riprendere?
«Sono contenta: fa sempre piacere tornare a fare quello che ami. E poi mio marito mi ha detto: “Te lo meriti perché io lavorando mi sono distratto molto più di te, vedrai che ti farà bene”. Ci sono momenti in cui la famiglia ha la priorità e infatti l’anno scorso non ho voluto prendere impegni. In generale, però, penso sia giusto che una donna lavori: sempre meglio nella vita poter contare su risorse proprie».
Nessun dubbio sull’accettare?
«Ci ho pensato bene perché mio figlio sta ancora facendo terapie. Ma l’impegno era solo il sabato pomeriggio, quando mio marito può stare con i bambini. Quando lui è tornato a lavorare, nessuno gli ha detto niente, mentre quando c’è stato un mio passaggio in una trasmissione, peraltro registrata un mese prima di sapere che mio figlio era malato, sono stata linciata viva. Purtroppo uomo e donna sono ancora trattati in modo diverso: il padre può tornare al lavoro, la mamma no».
Lei ci è tornata dopo un anno. Suo figlio sta meglio?
«La nostra battaglia non è ancora finita ma noi siamo molto fortunati: ci siamo accorti che Giacomo non stava bene prima che succedesse il patatrac. E poi lui è un bambino forte, fa una vita normale, corre, gioca. La parola “tumore” fa paura ma in questi mesi ho scoperto che esistono malattie peggiori, anche per i bambini. Certo, dipende dal tumore che hai e dalla reazione alle cure: noi facciamo parte della percentuale che ha buone speranze di guarire. Detto questo, il mio lavoro è particolare: non posso andare in tv con gli occhi pieni di lacrime. Dovevo essere pronta e oggi lo sono, mi sento serena».
Dice di essere fortunata, eppure molte al suo posto si sarebbero chieste: perché proprio a me?
«Io invece guardo le altre madri in ospedale con me. Non solo quelle che hanno figli più gravi del mio, ma anche quelle che non abitavano a Roma e per trasferirsi vicino all’ospedale dove fanno le terapie hanno lasciato tutto: famiglie, altri figli neonati, lavoro, casa, affetti. Donne che vanno a dormire la sera nelle case-famiglia e non possono staccare un secondo dai brutti pensieri, e magari hanno anche la preoccupazione di come arrivare a fine mese. Quelle sono vere eroine. Io, in confronto a loro, ho tutto: la mia città, aiuti in casa, amiche che vengono in ospedale a prendere il caffè, l’affetto dei miei fan, mezzi. Quindi sì, sono una donna molto fortunata».
Mai nessun momento di rabbia?
«Non sono arrabbiata, anzi sono contenta di aver vissuto questo passaggio. Molti hanno conosciuto un lato di me che non era visibile con i miei lavori precedenti, mi hanno visto più umana (si commuove, ndr). Non ho mai dato la colpa a nessuno di quello che è successo, anche perché i bambini più reattivi alle cure sono quelli con i genitori che non accusano nessuno. I medici ti dicono che devi tornare subito alla normalità. Giacomo fa la sua vita, non si sente malato. Sa che deve fare terapie e controlli ma sa anche che prima o poi finirà».
Sapeva di avere questa forza dentro?
«Sapevo di essere forte e pratica nel risolvere le cose; non sono una abituata
a lamentarsi. A che cosa serve? Solo a sentirsi dire frasi del tipo: “Vedrai, passerà”. Lo so anche io che passerà. Allora meglio armarsi di un sorriso e andare avanti, senza dare a nessuno i dettagli di quello che provo o che ci dicono i medici. Perché nessuno può capirti davvero, né un’amica, né tua madre o tua sorella. E lamentandoti angosci solo la persona che ti sta davanti. Quindi ho scelto di tenere ogni cosa per me o condividerle solo con mio marito. Con le altre madri dell’ospedale, invece, ci capiamo con gli sguardi».
Sono diverse le reazioni di madri e padri di fronte alla malattia di un figlio?
«I padri reagiscono più lentamente, ingranano piano piano, le mamme sono più corazzate. C’è quella che, dopo aver scoperto che il figlio ha un problema, è stata mollata; quella separata con il marito che preferisce andare a pranzo con gli amici invece di accompagnare il bambino a fare la chemio. Con le dovute eccezioni, la verità è che le donne per la loro straordinaria forza si sobbarcano sulle spalle il peso maggiore».
Nella sua coppia invece come è andata?
«Andavamo già bene e la nostra complicità è continuata. Lui mi fa tantissimi complimenti, mi dice sempre “se non ci fossi tu”. Siamo molto simili, tendiamo tutti e due a lasciare gli altri fuori. Questi sono percorsi lunghi: sai che anche se oggi un esame va bene domani potrai averne uno negativo; bisogna aspettare la fine, ma intanto ogni giorno aggiungiamo piccoli passi verso quel traguardo».
Avete cambiato stile di vita?
«Prima uscivamo di più con Giacomo, ora un po’ meno. E non perché lui non possa farlo ma perché ci sentiamo gli occhi addosso e li sente anche lui. Andiamo solo nei posti dove ci conoscono e dove nostro figlio possa stare, senza che gli chiedano perché porta il cappellino, e magari si senta libero di toglierselo, se vuole. Infatti è capitato qualche episodio spiacevole. Ho sentito dire: “C’è la Santarelli con il figlio con il tumore”. Queste persone non pensano che anche Giacomo potrebbe sentire questa frase? Non che non lo sappia, di avere il tumore, ma un po’ di tatto».
Qualcuno invece la ferma per parlarle?
«La gente in generale è affettuosa. Una volta sola al supermercato una signora ha detto a Giacomo: “Dai piccolino, ce la farai”. Mio figlio mi ha guardato e poi ha chiesto: “Mamma, perché mi ha detto ce la farai?”. Io allora ho dato un consiglio alla signora: “Meglio evitare frasi del genere a un bambino, perché per lui non esiste proprio il tema ce la farò o no, sa che ce la farà e basta”».
In casi come questi, si è pentita di averne parlato pubblicamente?
«No, anzi quello è il mio unico orgoglio: essermi spesa in prima persona per la causa. Ci sono genitori che fanno le fondazioni dopo la morte di un figlio, io ho trovato la forza di parlarne mentre ancora combatto la mia battaglia. E questo ha permesso di raccogliere risorse incredibili per la ricerca».
Però ha annunciato che non posterà più foto dei suoi figli.
«Una riflessione che non avrei mai fatto senza la malattia di Giacomo. Ho sempre postato le foto dei miei bambini, mi faceva piacere. Oggi ho deciso che non lo farò più perché desidero che mio figlio, anche quando sarà guarito, sia libero di uscire senza essere indicato come il figlio della Santarelli. Tra un anno sarà diverso e nessuno lo riconoscerà più».
Lei ha anche un’altra figlia, Greta. Ha mai temuto di trascurarla?
«All’inizio, quando ho dovuto passare 40 giorni consecutivi a Trento per la terapia di Giacomo e Greta è rimasta con i miei genitori. Per una come me, che non ha fatto nemmeno il viaggio di nozze pur di non mollare i figli, è stato un trauma. Speravo che lei, così piccola, non se ne sarebbe accorta, invece quando sono tornata era arrabbiatissima. Ma Greta è una bambina solare e molto vivace – a differenza di suo fratello che è più timido – e ci ha aiutato a restare ottimisti».
Le è capitato di stringere nuove amicizie con le mamme dell’ospedale?
«Io e mio marito siamo persone semplici e al Bambino Gesù abbiamo conosciuto tanti genitori come noi, da tutta Italia. Solo all’inizio mi è capitata una cosa buffa. Una mattina in cui ero andata all’accettazione dell’ospedale alle 7 per prendere il numerino tra le prime, una mamma mi fa: “Ma sei la Santarelli? Così presto? Io credevo che le chemio te le facessero a casa”. Ma me l’ha detto con tenerezza. Nella testa di molti il personaggio pubblico ha chissà quali privilegi. Invece in ospedale io sono solo mamma Elena».
Giacomo come ha preso il ritorno in tv?
«Era contentissimo. Quando mi vede sullo schermo o sul cartellone dell’acqua Rocchetta dice orgoglioso: “Quella è la mia mamma”. Ristrutturata, certo, perché se mi vede a casa... sono una come tante».
ATTACCHI VERGOGNOSI DEL WEB CONTRO LA SANTARELLI: "SEI UNA VACCA. NON STAI CON TUO FIGLIO"
Anna Rossi per il Giornale
Elena Santarelli non si è mai tirata indietro nell'affrontare i problemi e soprattutto nel parlare del tumore cerebrale che ha colpito il figlio Giacomo.
Elena non tratta il piccolo grande guerriero come un bimbo malato, ma lo tratta semplicemente come Jack. Lei, Giacomo e il marito Bernardo Corradi stanno combattendo questa battaglia tutti insieme e insieme ne usciranno vincitori.
In questi mesi, Elena Santarelli ha più volte parlato con i suoi fan della malattia del figlio per dare forza a quanti si trovano nella sua stessa condizione. E se da una parte il suo gesto è stato apprezzato, dall'altra c'è anche chi l'ha criticata molto duramente. Anche qualche giorno fa è arrivato un durissimo attacco, attacco al quale ha voluto rispondere per le rime.
"Elena è una mamma menefreghista, al posto di andare nelle trasmissioni, stesse vicino a suo figlio. Sa solo giustificarsi dicendo 'io sono vicina a mio figlio, sono sempre con lui ecc...'. Ma dove?!? Al posto suo non mi staccherei un secondo da mio figlio. Una vera madre ci sta 24 ore su 24. Non se ne va a fare le vacca in tv. Si dovrebbe solo vergognare", scrive un utente su Instagram.
Ma Elena Santarelli non ci sta. Prende il commento, lo pubblica e risponde a tono. "Per questa persona sono una cattiva madre e anche una vacca... sono in carne? Non capisco".
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