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Valerio Cappelli per il Corriere della Sera
EMMA DANTE CAVALLERIA RUSTICANA
Chi l' avrebbe detto, ritrovare Emma Dante tra Alfio e Turiddu. Con tutta la buona volontà, Cavalleria Rusticana con i suoi carretti e le sue coppole è quanto di meno possa ricondurre a quella drammaturgia dei corpi della palermitana Emma Dante. Sono due idee di Sicilia lontane fra loro.
«In effetti quando me l' hanno proposta mi dono detta: Oddio Cavalleria Rusticana!». E il 9 aprile, al Comunale di Bologna con la direzione di Michele Mariotti, firma la regia del capolavoro di Mascagni, in (inconsueta) accoppiata con La voix humaine di Poulenc, su libretto di Cocteau, protagonista Anna Caterina Antonacci.
Due lavori sull' abbandono e la solitudine delle donne. «Con una differenza. Santuzza non fa altro che raccontare a tutti il suo disonore; in La voix humaine è la solitudine di una donna borghese nell' intimità della sua stanza». In Cocteau pensi subito alla donna al telefono: «Ecco, non mi sono fermata a questo, lei è come internata, ha provato a suicidarsi ed è in un incubo dove vede il suo doppio, l' amante del suo uomo, vede che ballano il tango insieme, vede le infermiere. È una coabitazione dei fantasmi della donna, un' opera psicologica che mi ha aperto un sacco di finestre».
Su Mascagni invece, per Emma Dante il problema è drammaturgico: «E' il libretto, è quello che si dicono i personaggi, i loro moventi. È difficile uscire da quel mondo quando dicono: o che bel mestiere fare il carrettiere. Una Sicilia che non esiste più. Ma la musica ti dà una libertà totale. Ho cercato di non cadere nell' oleografia.
Per me è un' opera soprattutto giocosa». Si può scherzare in una Sicilia di sangue e di coltello? «Il mio spettacolo è scuro, com' è scuro il mio mondo. Ma ci sono momenti di festa, penso ai ventagli colorati che tirano fuori dal nero di lutto, perché sotto Pasqua lì ci si veste così. Poi prima del morso all' orecchio, nel famoso brindisi, c' è un momento di danza che somiglia alla taverna di Bastia della Carmen, una caduta collettiva finale, come se il vino portasse allo svenimento». Una specie di Baccanale? «Sì, la gioia prima della tragedia».
La scena è rappresentata da tre carri uniti che formano ora l' altare della chiesa, ora il balcone dove si affacciano Lola e Mamma Lucia. La processione, per una siciliana, è una pagina importante del proprio romanzo di formazione. «Ma fare una processione a teatro è complicato. C' è un' asta con una piccola croce, come si vedono in tanti paesini: asta e croce sono legate da fasci bianchi che, tesi, come raggi della luce divina. Ho pensato alla presenza della famiglia sacra, che non incontra mai il popolo della piazza: Cristo nero, la Madonna, le pie donne, il centurione con la frusta.
Dopo Bologna, Emma Dante con la lirica si ferma «per due o tre anni, non voglio diventare una mestierante». Stanca dell' ambiente tradizionalista?
«C' è un po' anche questo, però sono stata contenta, i miei spettacoli avevano un senso, almeno per me». Al Festival di Spoleto porta La scortecata , una favola di Basile a cui si ispirò Matteo Garrone nel Il racconto dei racconti . Nel buio, due vecchie sorelle seducono il re. La fata fa tornare giovane una delle due. L' altra, ingelosita, finirà scorticata. Le sorelle in scena sono due uomini: quella che muore è Carmine Maringola, che di Emma Dante è il marito.
MICHELE MARIOTTIEMMA DANTE emma dante
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