
DAGOREPORT - IL GIORNO DEL GIUDIZIO SI AVVICINA, CAMPO DI BATTAGLIA: L’ASSEMBLEA DI MEDIOBANCA DEL…
DAGOREPORT - IL GIORNO DEL GIUDIZIO SI AVVICINA, CAMPO DI BATTAGLIA: L’ASSEMBLEA DI MEDIOBANCA DEL 16 GIUGNO. IN CASO DI VITTORIA DELL'INFERNALE CALTAGIRONE, SI SPALANCHEREBBERO LE PORTE DI TRE DELLE PRINCIPALI ISTITUZIONI FINANZIARIE ITALIANE (GENERALI, MEDIOBANCA E MPS) AL GOVERNO MELONI: UN FATTO POLITICO EPOCALE – SUDORI FREDDI A MILANO CHE SI CHIEDE ATTONITA: COME PUÒ VENIRE IN MENTE A CALTARICCONE DI SCALARE IL GRUPPO EDITORIALE ‘’CLASS’’ PERCHÉ A LUI CONTRARIO (DETIENE IL SECONDO QUOTIDIANO ECONOMICO, “MILANO FINANZA”)? UN’ATTITUDINE AUTORITARIA CHE DEL RESTO FA MAGNIFICAMENTE SCOPA CON IL “QUI COMANDO IO!” DEL GOVERNO MELONI – SUDORI FREDDISSIMI ANCHE A ROMA: SI ACCAVALLANO LE VOCI SUGLI EREDI DEL VECCHIO, GRANDE PARTNER CON LA HOLDING DELFIN DELLE SCALATE CALTAGIRONESCHE, CHE SPINGONO IL LORO CEO FRANCESCO MILLERI A SGANCIARSI DAL BOSS ROMANO DEL CALCESTRUZZO. CHE UNA PARTE DELLA TURBOLENTA FAMIGLIA NON SOPPORTI MILLERI, È UN FATTO. CHE CI RIESCA, È UN’ALTRA STORIA - LA DECISIONE DELLA DELFIN (HA IL 20% DI AZIONI MEDIOBANCA) È INFATTI DIRIMENTE: IN CASO DI FALLIMENTO IL 16 GIUGNO, SAREBBE LA CULATA DEFINITIVA NON SOLO ALL’OTTUAGENARIO “PADRONE DI ROMA” MA ANCHE UN SONORO "VAFFA" AI SOGNI DI MELONI E FAZZOLARI DI ESPUGNARE IL POTERE IN MANO AI “BANCHIERI DEL PD”…
DAGOREPORT
Il Giorno del Giudizio si avvicina, campo di battaglia è l’assemblea di Mediobanca del prossimo 16 giugno che dovrà votare il piano del Ceo di Piazzetta Cuccia, Alberto Nagel, di disfarsi del 13% di azioni Generali Assicurazioni ottenendo in cambio Banca Generali dal Leone di Trieste.
Un voto a favore di Nagel vanificherebbe il piano di conquista del “Forziere d’Italia” delle assicurazioni dell’imprenditore-editore romano Francesco Gaetano Caltagirone, con l’impero Delfin della famiglia Del Vecchio al guinzaglio, ben accompagnato dalla “convergenza di interessi” con i Fratelli d’Italia della premier Meloni.
FRANCESCO GAETANO CALTAGIRONE - FRANCESCO MILLERI
In caso di vittoria, ai ‘’barbari” si spalancherebbero le porte del controllo di tre delle principali istituzioni finanziarie italiane (Generali, Mediobanca e Mps), cui occorre aggiungere la posizione filo-meloniana espressa ultimamente in un’intervista a “La Stampa” da Carlo Messina, Ceo di Intesa SanPaolo, prima banca italiana.
A quel punto, dopo un secolo di orgogliosa autonomia milanese (dal rigetto del parvenu Silvio Berlusconi all’emarginazione di Leonardo Del Vecchio fino al recente argine alle smanie sulla sanità degli Angelucci), la ''capitale degli affari',' che ebbe come epicentro il ‘’salotto dei poteri forti’’, governato dal venerabile Cuccia dall’alto di Mediobanca,
crollerebbe nelle mani del partito della Fiamma che avrebbe a disposizione un potere economico mai visto dalla “romanella” politica.
Quanto sopra non appartiene al gossip malevolo: l’ha espresso ben virgolettato il deputato alla fiamma, Marco Osnato, presidente della commissione finanze, pappagallo di Fazzolari, sulle colonne del “Foglio”: “'Basta con i banchieri del Pd. Unicredit e Mediobanca non hanno fatto l'interesse nazionale. il governo deve intervenire”.
Il tenero Osnato mette nel mirino anche Unicredit, seconda banca italiana, perché i tre partiti di governo non viaggiano sullo stesso binario bancario.
Lanciando un’Ops su Banco Bpm, il celebrato Ceo Andrea Orcel ha infatti commesso un errore politico, dimenticando che, se Mps è entrato nell’orbita Fratelli d’Italia, l’istituto lombardo guidato da Giuseppe Castagna è storicamente e territorialmente nella sfera di influenza della Lega.
giovanbattista fazzolari giorgia meloni - foto lapresse
Per salvare la “loro” Bpm dalle unghie di Unicredit, è decollato il violentissimo golden power, su carta intestata Presidenza del Consiglio, del ministro leghista dell’Economia Giancarlo Giorgetti: davanti all’opposizione di Tajani (Forza Italia è eterodiretta dalla Famiglia Berlusconi, grande azionista di Banca Mediolanum) e alle trattative in corso di Fratelli d’Italia con i legali di Orcel per ammorbidire i termini del golden power, al bocconiano di Cazzago è partito l’embolo, arrivando a minacciare le dimissioni dal dicastero.
Ecco spiegato, in poche parole, perché ‘sto pippone su ciò che succederà giovedì all’assemblea di Mediobanca a Milano potrebbe trasformarsi, con la vittoria di Calta-Governo-Mps, in un fatto epocale non solo economico ma soprattutto politico.
luigi lovaglio giancarlo giorgetti andrea orcel
In queste ore ne è ben consapevole la Milano dei danè che si chiede scandalizzata: come può venire in mente all’ex palazzinaro romano, ora imprenditore ed editore, di scalare il gruppo editoriale "Class" di Paolo Panerai perché a lui contrario (detiene il secondo quotidiano economico italiano, “Milano Finanza”)?
E’ l’ennesima manifestazione di quello che i “poteri forti” del Nord imputano al “barbaro” Caltariccone: si siede solo a capotavola e si comporta da padrone delle ferriere. Al diavolo il dialogo, la trattativa e l’eventuale compromesso. Un’attitudine autoritaria che del resto fa magnificamente scopa con il “Qui comando io!” del Governo Meloni.
Terrorizzati per l’arrivo degli “usurpatori romani”, sotto il Duomo si accavallano le voci che scommettono sugli umori negativi che stanno serpeggiando all’interno della folta famiglia degli eredi Del Vecchio, proprietari della holding lussemburghese Delfin, grande partner nelle scalate di Caltagirone, che spingono il loro Ceo Francesco Milleri ad avere una posizione autonoma dal boss romano del calcestruzzo: gli chiedono di togliersi il guinzaglio dal collo, lasciando al suo destino le ambizioni caltagironesche su partite che può perdere.
GLI INTRECCI TRA DELFIN E CALTAGIRONE
Milleri è un manager che deve pensare solo a fare gli interessi (leggi dividendi) degli otto eredi Del Vecchio, che dopo ben tre anni dalla scomparsa del patriarca di Agordo ancora stanno ancora litigando sul testamento.
Una situazione tesa ed ambigua: è molto difficile dire come andrà la riunione nei prossimi giorni che riunirà, intorno a un tavolo, i bellicosi eredi Del Vecchio per decidere se continuare a supportare Calta oppure astenersi dal voto.
Che una parte della famiglia non sopporti Milleri, è un fatto. Il loro pensiero si può sintetizzare così: si occupi di governare l’impero Luxottica lasciato da babbo Leonardo e lasci perdere di giocare a Monopoli con la Delfin: non siamo i lacchè di Caltagirone.
E poi: vale la pena farsi tanti nemici tra i grandi fondi, ben presenti nell’azionariato di EssilorLuxottica, che detestano il Decreto Capitali sfornato da duplex Calta-Fazzolari?
Che la turbolenta famiglia Del Vecchio riesca a fermare il suo manager, però, è un’altra storia. Negli ultimi giorni, un disperato Caltagirone ha tempestato di chiamate Milleri.
La decisione della Delfin (ha il 20% di azioni Mediobanca) è dirimente al punto che Calta, davanti ai tentennamenti di Milleri, ha cercato di far rinviare sine die l’assemblea di Mediobanca del 16 giugno: sa che in caso di fallimento, sarebbe la culata definitiva non solo all’ottuagenario “padrone di Roma” ma anche alle ambizioni di Meloni e Fazzolari di espugnare il potere finanziario del Nord, in mano ai “banchieri del Pd”.
giovambattista fazzolari - francesco gaetano caltagirone
Però, che Milleri molli il Paperone romano, è tutto da vedere: il primo a non crederci si chiama Andrea Nagel, che in queste ore se la sta giocando tutta, chiamando uno ad uno gli azionisti di Mediobanca per ottenere il loro voto.
La partita è apertissima, incerta e all’ultimo sangue: l’esito lo sapremo solo sopravvivendo fino al 16 giugno…
BANCA GENERALI CAUTA SULL'OPS DI NAGEL "ASPETTIAMO L'OFFERTA"
Articolo di Giuliano Balestreri per “La Stampa” - Estratti
In Piazzetta Cuccia è iniziato il conto alla rovescia. Lunedì 16 giugno si riunisce l'assemblea di Mediobanca chiamata ad approvare l'offerta pubblica d'acquisto su Banca Generali: un'assise dell'esito più incerto che mai.
Da una parte ci sono i vertici della banca d'affari milanese, guidata da Alberto Nagel, che puntano sul sostegno del mercato - forti anche dei pareri positivi dei principali proxy advisor, da Glass Lewis e Iss.
Dall'altra i grandi azionisti del gruppo: da Caltagirone, appena salito al 10% del capitale fino alla Delfin, la finanziaria degli eredi Del Vecchio che ha in pancia il 19,8% del capitale. Delfin potrebbe astenersi, ma in assemblea conterebbe come un voto contrario: la proposta per passare ha bisogno del voto favorevole della metà più delle azioni presenti.
FRANCESCO GAETANO CALTAGIRONE PHILIPPE DONNET
[...] Intanto gli schieramenti in campo hanno iniziato a fare i conti in vista dell'assemblea.
Con una partecipazione attesa dell'80% circa, Nagel parte con il sostegno del 25% circa del capitale in mano al mercato, il 10,5% del patto di consultazione e il 2% di Unipol. Con Caltagirone potrebbero schierarsi - anche astenendosi - le casse di previdenza con il 5% circa del capitale e i Benetton con il 2,2 per cento.
Oltre agli indecisi, su cui sale il pressing dei procacciatori di deleghe, l'ago della bilancia potrebbe essere Unicredit. L'ad Andrea Orcel tiene coperte le sue carte, ma sul mercato sono in tanti a sostenere che direttamente o indirettamente abbia costruito una piccola posizione anche in Piazzetta Cuccia.
Intanto, in un'intervista a Milano Finanza, il vice premier Antonio Tajani è tornato a parlare del Golden power: «Ho dei dubbi sull'esistenza dei rischi per la sicurezza nazionale», ha detto riguardo l'intervento del governo sulla fusione Unicredit-Banco Bpm, e ha precisato che «Forza Italia ha manifestato sin da subito delle riserve sulla base giuridica del provvedimento».
Giuseppe Castagna - PRIMA DELLA SCALA 2024
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