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Paolo Di Paolo per “la Repubblica”
L'unico rischio è che la nostalgia, da privata, si faccia pubblica; che diventi, cioè, apologia del tempo che fu. Ma se si aggira il confronto con l'oggi, se nelle immagini scelte dal regista Mario Canale nel suo Era Roma - film documentario prodotto da Archivio Orme, Surf Film e Luce Cinecittà e di prossima presentazione a Venezia alle Giornate degli autori - ci si immerge come in un presente, "quel" presente, allora è possibile leggere, senza idealizzarla, la vitalità di un'epoca di fermento.
Un miracolo culturale, come viene definito nel film; una cabala fortunata che porta, nella capitale elettrizzata dall'energia del Boom e dall'aura della Dolce vita, artisti, intellettuali, attrici e attori come nella Parigi degli anni Venti.
Fellini e Pasolini. Sophia Loren che scende dal tram in Piazza del Popolo. L'eterno Cardarelli col suo pastrano nella proverbiale via Veneto. Gli azzardi delle neoavanguardie. La libreria Feltrinelli di via del Babuino, covo del Gruppo 63, in cui la vecchia guardia si fa provocare dai giovanissimi "teppisti" e rivoluzionari della parola come Nanni Balestrini.
Le gallerie d'arte - su tutte, quella di Plinio De Martiis, o la Gnam guidata da Palma Bucarelli - traboccano di occasioni di scoperta, di novità.
Roma «città germinale » in cui, da una invisibile porta girevole, entrano creativi di ogni fatta. Canale alterna testimonianze di protagonisti e di altrettanto interessanti comprimari (c'è perfino un inatteso Giulio Andreotti!), tenute insieme da un collante emotivo fatto di materiali di repertorio scelti con cura in archivi filmici come quelli della Surf, del Centro Sperimentale, e naturalmente del Luce. Alcuni segmenti sono davvero emozionanti: un Goffredo Parise che manda baci a Giosetta Fioroni, lampi dal set di Accattone , o da quello di un giovane Bernardo Bertolucci con gli occhiali a goccia.
donato sannini roberto benigni carlo monni
Alberto Moravia che entra urlando nello studio di Schifano e racconta la sua passione per la pittura, che gli pare preferibile alla scrittura («Stare su una poltrona a scrivere è una cosa tremenda; un pittore può stare nel suo studio dieci ore, io quando sto al tavolino per tre ore è finita »).
Era Roma restituisce visivamente l'effetto di un lievito intellettuale diventato, alla distanza, esotico: un "collettivismo" tutto fuorché programmatico. Istintivo, naturale, mosso da un certo elettrico entusiasmo, da una curiosità che portava differenti mondi artistici a contaminarsi. E soprattutto a sperimentare: nel corso della lunga stagione (1963-1979) ricostruita da Canale - redattore del Male , regista e autore che negli anni ha prodotto centinaia di backstage di film italiani e stranieri conservati in un fondo dell'Archivio Luce - il tratto dominante sembra una febbrile ansia di novità, di rottura di schemi tradizionali, di slanci rinnovatori.
Al cinema come a teatro: nelle sale off la cui vitalità è leggendaria, nelle cantine della drammaturgia politica, sui palchi da cui si affacciano i giovani Benigni e Verdone, negli interminabili happening, nelle provocazioni da cui passano anche le linfe del '68. Carmelo Bene e Giancarlo Nanni, Simone Carella e Rossella Or: è la maestosa "estate romana" evocata in un suo bellissimo film da Matteo Garrone (appare anche lui nel documentario); quella che Renato Nicolini fa diventare prospettiva di politica culturale nelle giunte Argan e Petroselli. Un sogno di condivisione molto concreto, con dentro un lampo di vitalissima follia: come sottolinea nella sua testimonianza Carlo Verdone.
Ricordando l'ultimo capitolo di un'epoca che il delitto Moro incupisce e chiude: il festival poetico di Castel Porziano, con quel pubblico «de pazzi», dice Verdone, «di eroinomani, intellettuali, aristocratici, mendicanti» che teneva insieme situazionismo e spirito hippy, sfrenamento corporeo e azzardo letterario. Il fuoco d'artificio di una Roma fantasiosa e disobbediente, a cui fa le pulci (o il controcanto ironico) la voce di Ennio Flaiano. Capace come nessuno - ha scritto una volta un testimone speciale come lo scrittore Antonio Debenedetti - di immortalare una società «che si mette in posa senza sapere perché», edonistica e insieme malinconica, presa da una «piccola e timorata baldoria»: «C'era spazio per il superfluo. E così gli intellettuali sentivano il diritto di considerarsi protagonisti». Pittori, scrittori, cineasti celebravano sera dopo sera «i fasti di un piccolo mito mondano». Finito, come mostra il film-documentario di Canale, insieme agli anni Settanta. Con un filo di rimpianto. Anzi, con qualche lacrima nascosta.
Renato Nicolini con Achille Bonito Olivarenato nicolini 8l'estate romana di renato nicolini festival internazionale poeti castelporziano 7l'estate romana di renato nicolini 12l'estate romana di renato nicolini 5l'estate romana di renato nicolini 6l'estate romana di renato nicolini 2renato nicolini festival internazionale poeti castelporziano 4l'estate romana di renato nicolini 3festival internazionale poeti castelporziano 1l'estate romana di renato nicolini 1l'estate romana di renato nicolini 0renato nicolini 1cavallo castelporzianol'estate romana di renato nicolini 4
CARLO VERDONE NON STOP festival poeti castelporziano 2manuela kustermann
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